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Che cosa si nasconde dietro le polemiche e la guerra sul fascismo al salone del libro di Torino

Nella monotonia della campagna elettorale, la polemica al Salone del Libro sul fascismo e su Salvini è capitata quasi a proposito

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
Salone del libro a Torino
Il Salone del libro a Torino

Nella monotonia barocca e un po’ insipida della campagna elettorale, la tonitruante polemica al Salone del Libro sul fascismo e su Salvini è capitata quasi a proposito come un paradigma sullo stato delle cose. All’improvviso abbiamo scoperto che il ministro dell’interno cerca voti e amicizie nelle file dell’estrema destra e che il pd è ormai quel partito geneticamente liberal da storcere il naso persino davanti alle parole d’ordine del political correct, quando queste sono di netta chiusura. Per assurdo, quello spazio vacante nella landa abbandonata della sinistra lo sta occupando un partito di governo, che è schierato, invece, mica solo per contratto, con Salvini e i suoi amici di Forza Nuova.

Il libro di Salvini

Il Salone del Libro che sta per aprire, adesso è tutto questo, e anche un mucchio d’altro, perchè non è sempre vero che nulla è quel che appare. La storia è semplicissima. Il ministro dell’Interno e Capitano della Lega pubblica un libro intervista, Io sono Matteo Salvini, con una casa editrice, Altaforte, notoriamente vicina a CasaPound. Come capita in questi casi, ci si stupisce. Ma l’editore di Altaforte, Francesco Polacchi, giovane imprenditore orgogliosamente fascista, non ha mai nascosto la sua vicinanza con il Capo del Viminale: "E’ uno che parla chiaro e mantiene le cose". E Salvini si era già fatto fotografare una volta allo stadio con i giubbini Pivert, marchio di moda degli estremisti di destra, prodotti proprio dallo stesso Polacchi. Niente di nuovo sotto al sole, sono cose che si sapevano già. Invece no.

Altaforte sbarca al Salone

E quando Altaforte, sull’onda della pubblicità gentilmente concessa dal ministro dell’Interno, sbarca per la prima volta al Salone del Libro con un suo padiglione, lo stupore diventa scandalo e si scatena il fuoco di sbarramento. Il Comitato di Indirizzo della manifestazione - di cui fanno parte la Regione Piemonte, il Comune di Torino, le case editrici e il Ministero dei Beni culturali - emette un comunicato per chiarire subito che non ci sarà nessun passo indietro: "Il Salone è un luogo istituzionalmente aperto al dibattito e al confronto. Ed è indiscutibile il diritto per chiunque non sia stato condannato per avere propagandato idee fondate sulla superiorità e sull’odio razziale ed etnico, di acquistare uno spazio al Salone e di propagandare i propri libri".

Dimissioni e defezioni

A stretto giro di posta arrivano: le dimissioni di Christian Raimo, consulente del direttore Nicola Lagioia; la rinuncia per protesta di venire a Torino del collettivo di scrittori Wu Ming, di Carlo Ginzburg, del presidente dell’Anpi Carla Nespolo, e del fumettista romano Zerocalcare, cioé di uno che avrebbe richiamato un mucchio di giovani, e che quindi può pesare abbastanza sui conti del Salone. E alla fine l’aut aut del direttore del Museo statale di Auschwitz Birkenau, Piotr Cywinski: O noi o loro, perché "non si può chiedere ai sopravvissuti di condividere lo spazio con chi mette in discusssione i fatti storici che hanno portato all’Olocausto e ripropone una idea fascista della società". Il silenzio che ne è seguito, dopo la notte di riunione dei vertici, barricati al Circolo dei Lettori, è una risposta chiarissima: faremo a meno di Auschwitz, pazienza.

La linea del Comitato

Ma dentro a tutto questo cosa succede, in realtà, visto che siamo pur sempre in campagna elettorale? Sergio Chiamparino, presidente della Regione, sposa la linea del Comitato, e forse non potrebbe fare altrimenti: "La scelta del Comitato è l’unica che si possa fare, fermo restando che non mi è gradita la partecipazione al Salone di questa casa editrice". Anche Chiara Appendino, sindaco 5 Stelle di Torino, non potrebbe fare altrimenti, ma in termini già più battaglieri: "Torino è antifascista, su questo non si discute". E 3 consiglieri del Movimento - Damiano Carretto, Maura Poli e Daniela Albano - hanno notificato su un post il loro pensiero: "Fuori il fascismo dal Salone del libro". Mentre la capogruppo dei 5 Stelle in consiglio comunale, Valentina Sganga, è stata ancora più chiara: "Va revocato lo spazio ad Altaforte ed escluso Polacchi".

L'esposto in procura

Alla fine dopo le interviste rilasciate a destra e manca da Polacchi ("Sono fascista", "un po’ di dittatura non fa male", "l’antifascismo è la rovina di questo paese"), Appendino e Chiamparino si sono messi d’accordo e hanno presentato un esposto alla Procura affinché i magistrati valutino se nelle sue dichiarazioni sussistano i presupposti di apologia del fascismo, "un reato che lo rende estraneo allo spirito del Salone del libro". Ovviamente l’esposto è solo un pro forma. Difficile che la magistratura possa prendere qualsiasi decisione in tempo utile.

L'hasthag IovadoaTorino

Tutto resta come prima, con Polacchi che continua a parlare e la platea che lo aspetta divisa: chi canterà Bella Ciao, chi protesterà, e chi lancia un hasthag IovadoaTorino, cercando di fernare le diserzioni. Ma siamo in campagna elettorale e tutto è permesso, anche l’esecrazione di coloro che se non proprio avevano incensato Salvini fino a ieri, di certo avevano votato con lui le misure condivise da questo governo.  Forse potrebbero stupirsi ancora di più, sapendo che nelle liste delle comunali di Arzignano, in provincia di Vicenza, e Druento, in provincia di Cuneo, sono presenti un portavoce di Forza Nuova e una loro attivista, "invitata a partecipare dai fondatori del raggruppamento dove ci sono sia Fratelli d’Italia che la Lega", come spiega Luigi Cortese, coordinatore di FN per il Piemonte.

Due piccole notazioni

Ci sarebbero da fare due piccole notazioni per concludere. La prima è che, come annota lo storico del cinema Andra Minuz, nei libri pubblicati da Altaforte "faticate a trovare la differenza con qualsiasi pagina degli Einaudi o Bompiani di Diego Fusaro". E la seconda è che il libro di Matteo Salvini, prima di tutte queste polemiche, galleggiava molto in basso, dietro addirittura a 40mila volumi nelle ordinazioni su Amazon. Cioé, un flop gigantesco. Ma da quando è scoppiato questo cancan, Io sono Matteo Salvini è entrato nella top ten nella categoria dei politici, superando anche Il libro nero della Lega di Stefano Vergine, e al ventottesimo posto in quella delle biografie. Come a dire: parlate anche male di me, purché se ne parli. Nella magnificente banalità della campagna elettorale, è così difficile saper stare controvento. E’ questo lo stato delle cose.

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
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