[La polemica] Il Paese di Salvini che dà la caccia ai migranti, colpevoli di tutti i mali
Sta montando un clima di intolleranza diffusa nel Paese. Come se i migranti fossero colpevoli di tutti i mali che affliggono la società. Anche l’ossessiva campagna del ministro dell’Interno contro gli sbarchi nei porti di migranti, oggi che gli sbarchi sono crollati dell’80% rispetto all’anno scorso, favorisce questo clima di intolleranza e di violenza.
“Questo è il Paese di Salvini”, gridano i due farabutti con precedenti per rissa, dopo aver assestato una testata, un calcio in pancia e un pugno sulle costole del “negro”, un giovane ghanese che stava portando le valigie di due turiste in stazione. E dopo aver strattonato e aggredito a pugni una delle due donne, i due portabagagli “regolari”, conosciuti dalle forze di polizia per la loro propensione alle risse, e anche perché tossicodipendenti, si sono allontanati nella indifferenza generale (unica nota stonata, un avvocato di Verona colpito e indignato per l’aggressione). L’episodio di intolleranza razziale è accaduto a Venezia, ed è stato raccontato ieri sul sito web del Corriere della Sera.
Tutti contro i "neri"
Che significa che l’Italia sta diventando il “Paese di Salvini”? Un fatto indiscutibile è che in queste ultime settimane, in coincidenza con il nuovo governo Salvini-Di Maio, si sono ripetute scene di aggressioni contro immigrati. Sta montando un clima di intolleranza diffusa nel Paese. Come se i migranti fossero colpevoli di tutti i mali che affliggono la società. Anche l’ossessiva campagna del ministro dell’Interno contro gli sbarchi nei porti di migranti, oggi che gli sbarchi sono crollati dell’80% rispetto all’anno scorso, favorisce questo clima di intolleranza e di violenza. “Salvini, Salvini”. Anche a Caserta, a metà giugno, gli aggressori gridavano “Salvini, Salvini”, quando da un macchina in corsa con pistola ad aria compressa hanno sparato piombini contro due “neri”. Anche a Corso Umberto, vicino piazza della stazione, a Napoli, scandivano “Salvini, Salvini”. E a pagarne le spese (ferite all’addome) è stato uno chef del Mali, che ieri ha annunciato che ad agosto lascerà l’Italia.
La responsabilità di un ministro
Quel “Salvini, Salvini” è come se fosse diventato un tarlo, una brutta colonna sonora che accompagna lo scandire del nuovo tempo italiano. Non che il ministro dell’Interno possa essere accusato di essere il mandante di questi episodi che, probabilmente, sono organizzati da frange di organizzazioni dell’estrema destra. Ma il fatto che Salvini non c’entri direttamente con questi episodi, non significa che sia innocente, che non ne sia responsabile morale perché il suo silenzio non solo è imbarazzante ma è anche intollerabile. Da ministro dell’Interno, dopo le aggressioni di “nativi” o “migranti” dovrebbe convocare una conferenza stampa e dire in sostanza: «Lo Stato non tollererà più episodi di violenza, che in questo caso è di sapore razzista. Lavoreremo per assicurare al più presto alla giustizia i colpevoli di questi episodi di violenza».
Parole come proiettili
Nell’ottobre scorso, e questo anche per ricordare che ovviamente aggressioni e violenze contro migranti non sono solo una emergenza di oggi, dopo un’aggressione avvenuta a Roma, la Caritas condannò quei politici che con le loro affermazioni alimentavano il clima intollerante: «Le parole incitano all’odio e scatenano la violenza». Ed è ancora più grave che un ministro dell’Interno che dovrebbe fare del silenzio la sua regola, entra a gambe tese nelle polemiche politiche sulla immigrazione, aprendo conflitti politici con Paesi alleati, come la Francia, ma anche con il partner di governo, i Cinque Stelle, sui porti chiusi non solo alle navi delle Ong ma anche a quelle militari o mercantili che hanno migranti da sbarcare.