[L’intervista esclusiva] L’ex ministro Lunardi: “Il contratto d’oro ai Benetton? L’ha concesso il governo D’Alema. Autostrade ha incassato tanto e risparmiato troppo. Il ponte Morandi è crollato per trascuratezza”
“Castellucci? Nessuno gli ha tirato la giacca al momento giusto. Troppa paura di chiudere il ponte, ma tutti sapevano che era un cadavere. Il progetto di Renzo Piano? Lugubre. Toninelli? Si impegna ma deve farsi aiutare”. Dialogo a tutto campo con Pietro Lunardi, ex ministro alle Infrastrutture del secondo governo Berlusconi, noto ingegnere. Nessuno imbarazzo per le tante consulenze ottenute da “Autostrade per l’Italia” anzi: “mi hanno sempre pagato poco”. Il precedente dimenticato del ponte autostradale abbattuto per pericolo crollo

Per mettere ordine al ginepraio di responsabilità, atti e procedure che ruotano attorno alla tragedia del ponte Morandi e al contratto d’oro di concessione ottenuto quasi 17 anni fa da “Autostrade per l’Italia”, Pietro Lunardi è la persona giusta.
Non solo perché è stato per cinque anni ministro alle Infrastrutture nel secondo governo Berlusconi (2001-2006), o perché la convezione tra Anas e il gruppo Benetton fu firmata pochi mesi prima delle nuove elezioni che portarono gli uomini del Cavaliere per la seconda volta a palazzo Chigi. Ma anche perché Lunardi è da sempre un ingegnere molto noto e apprezzato e che con la sua società lavora in tutto il mondo. E molti incarichi importanti li ha presi proprio da “Autostrade per l’Italia”. Ma questo non lo imbarazza affatto, anzi lo rivendica lanciando anche qualche stoccata: “le posso dire che loro gli ingegneri li pagano anche poco”.
Lunardi, lei che idea si è fatto riguardo al crollo del ponte Morandi?
“Si tratta di un’opera sicuramente nato male in fase di progettazione. Riccardo Morandi nell’ideazione si è permesso di prevedere degli stralli in cemento armato precompresso e di farli lavorare a trazione. Era ovvio a tutti, a mio avviso, che quei stralli potessero solo avere una vita assai breve. Era un evidente azzardo.
E poi?
“E poi tutto sapevano bene che era un viadotto costantemente soggetto alla salsedine in quanto vicino al mare, gravato da carichi che sono aumentati di quattro o cinque volte rispetto al progetto predisposto al momento della costruzione. E’ stato troppo sollecitato e messo sotto sforzo, e le tensioni a cui è stato sottoposto hanno dato luogo al problema che poi si è drammaticamente verificato. L’altra cosa incredibile è che 26 anni prima erano state messe delle protesi solo a quattro stralli. Mentre su gli altri otto mai un intervento... Mi pare davvero assurdo”.
E come se lo spiega?
“E’ evidente che c’è stata una trascuratezza. Impossibile che gli altri stralli non fossero sotto sforzo o altrettanto problematici”.
Alcuni ex dirigenti di Autostrade per l’Italia sostengono che nel 1992 sostituirono solo i tiranti che avevano un difetto di costruzione. A loro avviso gli altri funzionavano bene.
“Eppure se guarda gli stralli della attuale campata rimasta in piedi noterà nella parte alta che sono tutti ingialliti. Vuol dire che il ferro si è arrugginito, che la salsedine ha aggredito tutto e che ci sono stati problemi enormi. Queste sono le cause che hanno determinato il crollo del ponte”.
Possibile ci sia stata una così grave trascuratezza?
“Guardi, si sono tutti fidati che il ponte fosse firmato da Morandi. Nessuno ha avuto il coraggio e la determinazione per chiuderlo e rifarne un altro. Così si sono rimpallati le responsabilità l’uno con l’altro. Non ha funzionato il binomio concessionario e concedente: Autostrade per l’Italia e ministero delle Infrastrutture”.
E lei da ministro in effetti un viadotto autostradale a rischio lo fece chiudere e ricostruire da zero.
“Sì si trattava del viadotto di Roccaprebalsa, lungo l’autostrada della Cisa del gruppo Gavio. Anche quel un viadotto era piuttosto azzardato e sempre costruito con cemento precompresso. Beh, da ministro delle Infrastrutture l’ho fatto abbattere e ho preteso che ne venisse costruito uno nuovo in acciaio. Ci vuole sempre coraggio e determinazione, non si posso scaricare sulle spalle degli altri le responsabilità. Queste scelte le devono prendere i vertici, non si può lasciare la decisione di chiudere un ponte al responsabile del tronco autostradale...”.
Molti danno la responsabilità di questo contratto d’oro tra “Autostrade per l’Italia” e Anas al secondo governo D’Alema che sottoscrisse questa concessione.
“Se esistono inesattezze e favoritismi su quel contratto lo appurerà la magistratura. Quello che ha fatto D’Alema, quello che ha fatto Prodi, quello che hanno fatto tutti... O almeno tutti quelli che si sono interessati della concessione. Di certo il governo in carica che firmò la concessione poco prima delle nuove elezioni fu il governo D’Alema”.
E chi se ne interessò effettivamente?
“Prima di me il ministro ai Trasporti era Pierluigi Bersani, ma ebbe un ruolo importante soprattutto il ministero dei lavori pubblici (da cui dipende Anas, ndr). Guarda caso, questo contratto con Autostrade è stato poi ritoccato da un altro governo di centrosinistra, dal secondo governo Prodi. Nel mezzo tra il 2001 e il 2006 ci fu il mio dicastero alle Infrastrutture. Mai mi sono occupato di quel contratto. Mai”.
Fu giusto, a suo avviso, privatizzare un monopolio naturale come le autostrade?
“Penso di sì, ma è evidente che sono mancati i controlli e che il concessionario ha fatto ciò che ha voluto. Il privato ha incassato tanti soldi senza prendere decisioni. E poi in generale ha fatto una manutenzione ridotta rispetto a quanto si sarebbe dovuto a mio avviso fare”.
Eppure lei come professionista lavora spesso per “Autostrade per l’Italia” e non solo per loro.
“Io ho sempre lavorato con Autostrade spa. Ho fatto per loro tanti progetti, ma non di viadotti, solo di gallerie”.
E come giudica il gruppo?
“Come in tutte le organizzazioni complesse ci sono quelli bravi e quelli meno. Nell’insieme il gruppo viene giudicato in base ai risultati”.
Il ponte crollato non è un gran risultato.
“Sono d’accordo con lei, è purtroppo un pessimo e drammatico risultato. Ma il crollo è anche il risultato dei mancati controlli del ministero. Del resto sa cosa fanno le società autostradali oggi con i progettisti? Cercano di pagarli il meno possibile, giocano al ribasso. Pagano pochissimo. La tendenza è: risparmiare e risparmiare. Incassare e risparmiare”.
Quindi il tema dell’eccesso di risparmio sulle manutenzione esiste. La malattia dell’utile ad ogni costo dunque esiste.
“E’ ovvio. Se uno pensa all’utile e non pensa alla sicurezza... Certo, dopo quello che è successo cambierà tutto. Adesso però abbiamo come Paese una sfida davanti per i prossimi 20 anni”.
Quale?
“Sostituire tutti i ponti realizzati con cemento precompresso e realizzarli in acciaio. Questo il ministro Luigi Di Maio deve tenerlo presente quando ragiona sul futuro dell’Ilva: perché abbiamo un grande lavoro da assegnare alle nostre acciaierie”.
Che opinione ha dell’amministratore delegato di “Autostrade per l’Italia” Giovanni Castellucci?
“E’ un bravo manager, ha sempre fatto gli interessi del suo gruppo. Forse però non ha avuto al suo fianco collaboratori attenti a ciò che stava davvero succedendo e che potessero tirarlo per la giacca al momento giusto”.
Si riferisce al Ponte Morandi?
“Certo. Quando una società ha la responsabilità una struttura importante come quella va sempre tenuta sotto osservazione. I vertici andavano avvertiti dei problemi e dei rischi. Mentre è sciocco pensare che potesse bastare il monitoraggio come ad esempio ha sostenuto di recente l’ex capo della protezione civile Guido Bertolaso. In casi come il ponte Morandi non c’è monitoraggio che tenga: tutto crolla in pochi secondi. Serviva solo coraggio”.
Coraggio di chiudere il ponte?
“Sì, andava fatto prima, ben sapendo che il viadotto era diventato un cadavere”.
Come finirà la vicenda del contratto secondo lei? Ci sarà la revoca della concessione da parte del governo Conte?
Mah, non sono d’accordo. Mandandoli via adesso gli facciamo solo un grande regalo.
Proprio ieri abbiamo pubblicato su TiscaliNews una clausola del contratto che prevede anche in caso di colpa accertata che la società incassi tutti gli utili netti previsti fino alla fine della concessione.
“Appunto, cacciarli fuori mi pare inutile e troppo dispendioso. Significherebbe farli ulteriormente ricchi con gli indennizzi e togliere loro la responsabilità concreta che invece devono avere per quanto attiene alla ricostruzione del ponte. Devono rimanere lì e bisogna farli lavorare. Il resto si vedrà in seguito, al termine delle indagini della magistratura. In questi anni Autostrade ha incassato 43 miliardi in dieci e devono pagare. Mentre la ricostruzione deve essere immediata. Senza dar retta al lugubre progetto di Renzo Piano”.
Non le piace l’idea dell’architetto Piano?
“No, si trasforma un ponte vitale per la città e per il Paese in una sorta di triste memoriale”.
Adesso su quella che fu la sua poltrona di ministro delle Infrastrutture siede Danilo Toninelli? Che opinione ha di lui?
“Mi pare che lui ce la stia mettendo tutta. Il ministro dei Cinque Stelle fa quello che può ma è chiaro che esiste un tema di competenze. Chi arriva dal Movimento non ha background. Ma sono comunque ammirevoli perché si danno da fare. Anche se a volte rilasciano dichiarazioni azzardate. Improvvisano troppo. Vanno aiutati a fare meglio”.
Lei però riconosce che sono comunque intellettualmente onesti
“Sì, ma sono impreparati. Devono farsi affiancare da persone competenti”.