Ogni anno in Italia muoiono 400 persone di influenza normale ma ci sono differenze col coronavirus: ecco perché
Secondo i dati ufficiali inoltre almeno 5mila persone muoiono nel nostro Paese per le cause indirette dei virus influenzali. L'esperto: “Non bisogna aver paura ma il Covid 19 si trasmette molto velocemente. State in casa”. La virologa Capua: “Non credo che gli altri Paesi stiano facendo un lavoro a tappeto come da noi”
Il coronavirus non va certo ignorato per le sue potenziali conseguenze di tipo sanitario, ma anche economico e sociale. Una seria analisi basata sui dati ufficiali è comunque necessaria, ad avviso di molti esperti, per evitare di cadere nella psicosi collettiva. Non per nulla una virologa di chiara fama come Ilaria Capua parla di simil influenza, proprio per stemperare le paure senza abbassare tuttavia le difese. E Maria Rita Gismondo, direttrice responsabile di Macrobiologia Clinica, Virologia e Diagnostica Bioemergenze del laboratorio dell’Ospedale Sacco di Milano, ha scritto su FB: "A me sembra una follia. Si è scambiata un’infezione appena più seria di un'influenza per una pandemia letale. Non è così". La scienziata ha quindi sottolineato che "durante la scorsa settimana la mortalità per influenza è stata di 217 decessi al giorno! Per Coronavirus 1 (ad oggi 12, ndr)".
I numeri
Stando ai numeri forniti dal Ministero della Salute e dall’ISS (Istituto Superiore di Sanità) del resto ogni anno l’influenza normale causerebbe effettivamente in Italia tra le 300 e le 400 morti dirette, e tra le 5mila e le 8mila morti indirette (per complicanze gravi a causa del virus).
E’ vero che il coronavirus sembra avere un tasso di mortalità molto superiore, ma bisogna tener presente che i colpiti dal Covid 19 sono attualmente 325 mentre quelli che prendono l’influenza sono solitamente 5 milioni, con punte (nel 2017 e nel 2018-2019) fino ad 8 milioni. Quindi badando ai numeri complessivi nel nostro Paese la probabilità di morire di influenza normale è di 1 a 10mila (tenute presenti le varie fasce di età, ovviamente), mentre la probabilità di passare a miglior vita per coronavirus è di 1 su 120 milioni, come fa notare il Fatto Quotidiano.
Ovviamente potrebbe esserci un aumento dei contagi da coronavirus e in tal caso il rapporto cambierebbe, tuttavia per giungere allo stesso numero di morti bisognerebbe arrivare a circa un milione di contagiati, e la cosa viene ritenuta abbastanza improbabile. Anche perché allo stato attuale i contagiati in tutto il mondo sono circa 85mila, Cina compresa, e il tasso di letalità non è comunque elevato (tra 1 e 2%). L’ebola, per dire, aveva una mortalità del 50%.
Ma allora, perché abbiamo tanta paura del coronavirus?
Secondo Alberto Zangrillo, primario di Anestesia e Rianimazione all’ospedale San Raffaele di Milano e capo della Terapia intensiva, “non bisogna aver paura”, ma il fatto è che “il Covid 19 si trasmette con enorme facilità”. Dunque – sostiene il professore su Sardiniapost – è necessario “stare a casa per ridurre il rischio di contagio”.
Le misure severe del governo italiano quindi “non sono determinate dalla gravità del coronavirus in sé, ma dal fatto che risulta essere più infettivo dell’influenza“. Ribadendo in sostanza il concetto espresso sopra. A suo avviso il Covid 19 è più aggressivo “tra le 10 e le 20 volte”. Inoltre parliamo di un virus che “ancora non conosciamo” ed è giusto essere cauti, anche perché i soggetti più esposti, gli anziani con patologie pregresse, in genere, “non sono vaccinati”.
Zangrillo: "Molto contagioso e problemi di ricovero"
Il discorso del dottor Zangrillo è in definitiva il seguente: “Nell’arco di una stagione circa 6 milioni di italiani prendono l’influenza e la mortalità è dello 0,1 per cento. Vuol dire 6mila decessi”.
Inoltre ci sono i casi gravi. “Per ogni malato che perde la vita altri 4-5 pazienti vanno in rianimazione, per tenerci larghi, e vanno messi in terapia intensiva. Vuol dire circa 30.000 persone in 150 giorni. Cioè tra i mille e i duemila al giorno durante tutti i cinque mesi con una degenza media nel reparto di sette giorni”. Questo con l’influenza normale.
Col coronavirus invece – considerato l’alto rischio di contagio (infettività pari al 60 per cento, contro il 10 dell’influenza) in 30 o 60 giorni si potrebbero contare 36 milioni di malati” e “con la mortalità stimata tra l’1 e il 2 per cento, i decessi potrebbero essere tantissimi”. Si tratta chiaramente di numeri puramente statistici. Ma in ogni caso ci sarebbero problemi enormi per i ricoveri e i posti letto. “Nel caso di 360mila infetti, servirebbero seimila posti letto con un ricovero di un solo giorno, quando invece in patologie come questi la degenza dura in media una settimana. Ecco perché stare a casa è necessario”.
L'intervista alla virologa Capua
Ma siamo sicuri che il tasso di mortalità della simil influenza coronavirus sia davvero tanto superiore a quello dell’influenza normale? E se le persone contagiate dal Covid 19 fossero molte di più? In questo caso il tasso di mortalità calerebbe.
La professoressa Ilaria Capua, illustre virologa internazionale, ieri a La7 ha accennato alla possibilità che in realtà, nel nostro Paese, possano esserci stati molti contagiati che hanno passato il Covid 19 e non se ne sono nemmeno accorti. "Se in Italia dovessero esserci 10.000, 20.000, 30.000 contagiati sarebbe una buona notizia, perché queste persone si sono contagiate e non se ne sono neanche accorte", ha detto durante l’intervista.
Inoltre “il ritrovamento del coronavirus in Italia, in particolare in Lombardia e Veneto, è stato occasionale. E' stato trovato non perché ci fosse una sintomatologia che facesse pensare ad una polmonite grave da virus sconosciuto. Hanno detto 'già che ci siamo lo cerchiamo'. Se si fosse parlato meno del coronavirus, queste persone decedute sarebbero state molto male lo stesso e magari sarebbero morte per l'influenza. Sono convinta che molti casi di coronavirus siano stati confusi per casi di influenza normale, i numeri dicono questo", ha spiegato.
E a dirla tutta "siamo partiti con grande anticipo perché abbiamo avuto due cittadini cinesi ricoverati allo Spallanzani e in Italia c'è stata grande consapevolezza. Non credo che gli altri Paesi stiano facendo un lavoro a tappeto come si sta facendo in Italia".
Non sarà allora che nel nostro Paese si finisce col diventare sempre più realisti del re e, a differenza di Germania e Francia, tendiamo a farci male più del necessario? Sicuramente c’è qualcosa che stona. Ogni anno in Italia muoiono centinaia di persone per causa diretta dell’influenza, e migliaia di persone per complicanze dovute ai virus influenzali, e tutto viene considerato normale. Muoiono una decina di persone, anziane e con patologie pregresse, di coronavirus, e scoppia la corsa a procurarsi mascherine, viveri, disinfettanti, e chiudono uffici, fabbriche e scuole.
La domanda alla fine è spontanea: premesso che era giusto tenere il virus sotto controllo ed arginarne la propagazione, non si son forse seminati troppi allarmismi e paure? Non si poteva informare meglio la popolazione?