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La classifica dei Vip social strapagati ma odiati dai giornalisti. Ecco perché

Tutto ebbe inizio nel 2009 quando, per la prima volta, Dolce&Gabbana durante un evento decisero di mettere in prima fila i blogger

di Roberto Zarriello   
La classifica dei Vip social strapagati ma odiati dai giornalisti. Ecco perché
Selena Gomez

Forse non tutti si stanno rendendo conto della guerra di numeri che è in atto sul web tra gli “influencer” e i professionisti della comunicazione. Tutto ebbe inizio nel 2009 quando, per la prima volta, Dolce&Gabbana durante un evento decisero di mettere in prima fila i blogger, infrangendo la regola ferrea del posti migliori riservati ai giornalisti. Il campo di battaglia è oggi quello dei social, mentre la posta in palio è la grande fetta di pubblico che ne deriva, oltre ad un mercato pubblicitario sempre più in crescita. Facciamo l’esempio di Facebook, dove nel secondo trimestre del 2016, la pubblicità ha inciso per il 97% del fatturato. Stiamo parlando di 6,23 miliardi di dollari su 6,43. La crescita rispetto allo stesso periodo del 2015 ha superato il 59%. Ma più che su Facebook, la partita si gioca su Instagram, il social network che negli ultimi tre anni ha segnato il miglior tasso di crescita in termini di iscritti.

Boom Instagram: numeri straordinari

Secondo l’Autorità garante per le comunicazioni, il tempo medio di navigazione degli utenti italiani è superiore ai due minuti e trenta al giorno (dati 2016). E ogni giorno su Instagram vengono caricati 95 milioni di post che ricevono 4,2 miliardi di “like”, come riporta Altreconomia. In Italia nove milioni di persone utilizzano Instagram. Mentre il mercato della pubblicità “non esplicita” sfiora i 3,5 miliardi di euro.
Le “macro – celebrity” di Instagram

Star come Selena Gomes possono contare su 107 milioni di follower. Ogni post conta milioni di visualizzazioni e decine di migliaia di commenti. Questo per quanto riguarda le “macro – celebrity”, come le definisce il professor Giovanni Boccia Artieri, presidente della Scuola di Scienze della Comunicazione dell’Università di Urbino Carlo Bo. Ma sui social (Instagram, in particolare) esistono migliaia di “influencer”, in grado di condizionare le scelte di consumo degli utenti e che fanno gola ai brand più famosi. Non sono giornalisti e nemmeno professionisti della comunicazione. Non lavorano per editori o media ufficiali, ma solo per loro stessi. In compenso possono contare su un patrimonio di migliaia di follower. Ed è questo, alla fine, che interessa ai brand.

Le campagne social di successo


Altreconomia riporta l’esempio di “Lord and Taylor” (L&T), la più antica catena statunitense di grandi magazzini con sede a New York. L&T ha stretto un accordo con 50 influencer di Intagram, inviando un modello a ognuno di loro con l’obiettivo di pubblicare foto nello stesso momento per promuovere una delle sue collezioni private. Risultato della campagna “non esplicita”? Più di 11 milioni di persone raggiunte. Come spiega sempre Giovanni Boccia Artieri, “il confine tra post e contenuto pubblicitario è labile sui social media, dato che questi rappresentano uno spazio dove convivono canali personali di comunicazione senza vocazione commerciale e pagine gestite in modo professionale, e perché sullo stesso canale c’è contemporaneamente l’utente comune e il professionista”. Ed è soprattutto nel campo della moda che questo confine è quasi inesistente. Dove le “fashion blogger” fanno pesare il loro ruolo, sia come influencer nella definizione di gusti e tendenze, sia come canale diretto e privilegiato con i brand e in grandi marchi di settore. Basta un blog ben avviato e un’attività social costante e strutturata ed il gioco è fatto. Ma, valutazioni morali a parte, è giusto pagare gli influencer? "Credo che pagare gli influencer sia come vivere in affitto - commenta Pierluca Santoro, tra i fondatori di Datamediahub - una volta che si cessa di pagare si viene sfrattati, mentre costruire con loro una relazione di reciproco interesse a prescindere dagli aspetti monetari sia invece come acquistare una casa: una volta estinto il mutuo nessuno potrà più cacciarci. Spero che la metafora renda l’idea del mio pensiero sulla questione".

Vogue dichiara guerra alla fashion blogger

Anche per questo Vogue, la più importante rivista di moda, ha avviato da tempo una vera e propria guerra contro la “concorrenza” spietata delle fashion blogger. “Blogger che cambiate outfit ogni ora - scrive Sally Singer, creative digital director di Vogue USA - per favore, smettetela. Cercatevi un altro lavoro. State proclamando la morte dello stile”. Ma la critica di Vogue, come di altre riviste, si è dimostrata presto un boomerang perché sui social anche gli attacchi e le critiche possono diventare un’ottima risorsa. Lo ha dimostrato la blogger Patricia Manfield con un video dal titolo “La mia risposta all’articolo di Vogue” pubblicato su Instagram in cui balla senza freni in segno di indifferenza alle accuse del giornale. Lo ha fatto anche Chiara Ferragni (7,8milioni di follower), la fashion blogger italiana più popolare, che ha indossato alla settimana della moda di Parigi la t-shirt con la scritta “I love my haters”. E’ inutile dire che entrambi i post hanno superato di gran lunga le vendite di Vogue.

Quanto guadagnano gli influencer e le fashion blogger

Tra i 3 e i 7 milioni di follower si può arrivare a chiedere fino a 187.000 dollari per un post su YouTube, mentre 75 mila per Instagram (Bloomberg). Tra i 50 e i 500 mila follower si può guadagnare tra i 2.500 e 10000 dollari (Captive8). Si calcola che in Italia solo qualche centinaio di influencer possano vantare questi numeri, eccetto naturalmente le “macro-celebrity” come cantanti, attori, personaggi del mondo dello spettacolo. Per essere considerati un influencer su Intagram bisogna avere più di 10 mila follower con la possibilità di guadagnare circa 100 euro a post. Se poi se un top influencer italiano con oltre 1 milione di fans puoi guadagnare dai 1000 ai 5mila euro a post. 

La Ferragni contro Vogue

La “vendetta” di Chiara Ferragni contro Vogue non si è fatta attendere e ha risposto agli attacchi con la “bellezza”, con la mostra omaggio alle blogger «YOU – The Digital Fashion Revolution», realizzata alla Triennale di Milano da Grazia e dal blog della stessa Ferragni: “The Blonde Salad”. Questo accadeva a ottobre. Nel frattempo il potere degli influencer sul web è cresciuto, di pari passo con la diffusione dei social. La guerra di numeri è solo all’inizio.  

di Roberto Zarriello   
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