[Esclusiva] L'infermiera assassina e l'invidia per la collega più avanti in graduatoria. Omicidio con beffa finale

Le carte dell'inchiesta, che Tiscali è in grado di documentare, e i video, incastrano la donna che ha usato l'acido contro il padre ricoverato della "rivale"

[Esclusiva] L'infermiera assassina e l'invidia per la collega più avanti in graduatoria. Omicidio con beffa finale

Cinque minuti. Tanti ne servono per percorrere i 400 metri che separano l'ospedale di Venafro, in provincia di Isernia, dal negozio Acqua e Sapone. Nelle immagini delle telecamere di sicurezza, all'esterno e all'interno dell'attività commerciale, Anna Minchella viene filmata mentre arriva fino alla rivendita dopo aver detto ai colleghi infermieri di voler andare a parlare con il dottor Masia. Che però non è in sede. Ci vogliono 1 euro e 25 centesimi per dare la morte, in preda alla rabbia e alla voglia di vendetta, a Celestino Valentino, 77enne allettato in stato vegetativo nella stanza 3 del reparto di medicina-lungodegenza dell'Ospedale SS Rosario. Un euro e venticinque per acquistare il flacone di acido cloridrico puro al 33% che l'infermiera userà poco dopo per uccidere Valentino, iniettandogli l'acido in bocca. Eliminare il padre di una collega che, come lei, ha un genitore molto malato e anziano. Ma che a differenza della Minchella può, finché in vita, usufruire della legge 104. E dunque fino a quel momento evita alla figlia il trasferimento all'ospedale di Isernia, deciso invece per lei. Anna Minchella non sopporta questa disparità di trattamento. Non sopporta di essere scavalcata ed esclusa nel riconoscimento della 104, che vincola i familiari di persone gravemente disabili alla loro assistenza. E agisce, credendo di beffare la burocrazia, ma finendo indagata e arrestata, e beffata proprio dall'esito della sua stessa richiesta.

La conversazione e poi l'esplosione di rabbia

Tiscali Notizie è in grado di rivelare i dettagli salienti dell'ordinanza di arresto di Anna Minchella disposto dal Gip Vera Iaselli, misura "unica idonea a soddisfare le esigenze cautelari...avuto riguardo alla gravità dei fatti commessi". Non ci sono solo le immagini video a provare il delitto, ma anche la ricostruzione puntigliosa dei fatti del 22 giugno del 2016, e le testimonianze dei colleghi della Minchella presenti in ospedale. Le carte rivelano la conversazione tra le 14:30 e le 15 di quel giovedì di giugno, fra la Minchella e Rosa Valentino, sua collega infermiera e figlia del paziente Celestino Valentino, in cui le due donne parlavano dei trasferimenti imminenti. Come si legge: "La Valentino chiedeva alla Minchella che determinazioni avrebbe assunto in ordine al provvedimento di trasferimento presso l'Ospedale di Isernia in considerazione della salute del padre (infatti anche il padre della Minchella era in gravi condizioni di salute, motivo per cui pensava che avrebbe usufruito anch'ella, come lei, della legge 104). Ma l'indagata le rispondeva che il proprio padre beneficiava solo dell'indennità di accompagnamento. Quindi la Minchella chiedeva alla Valentino se suo padre fosse ricoverato...e la Valentino la informava del fatto che dieci giorni prima era stato ricoverato lì nel reparto di Medicina". Poi la decisione di reagire: "Subito dopo la Minchella si alzava dicendo di dover andare a parlare con il dottor Masia", ma la vera intenzione era recarsi a comprare l'acido utilizzato per dare la morte a Celestino Valentino.

L'odore di acido si spande tra le corsie

Acqua e sapone batte lo scontrino per l'acquisto dell'acido da parte di Anna Minchella alle 14:51, la donna torna poi all'ospedale e, come si legge nelle carte dell'inchiesta "intanto si è munita di due schizzettoni che aveva già" chiesto inutilmente a una collega "e, successivamente dirà di averli presi comunque per averli portati a una cugina". Dirà anche di aver comprato l'acido per pulire il bagno di casa, e successivamente, intercettata, comincerà a preoccuparsi per le indagini sulla morte del paziente. Per poi chiudersi nel silenzio, rifiutandosi di rispondere alle domande degli inquirenti e restando impassibile al momento dell'arresto. Tra le testimonianze, quella dell'operatore sanitario Giuseppe Simeone che racconta come "già alle 15:30 si distingueva lungo i corridoi un odore acre" inizialmente attribuito ai prodotti usati per le pulizie. Ma quell'odore si faceva più intenso nella stanza 3. Dove, secondo il compagno di stanza di Valentino "il paziente ha iniziato a lamentarsi e a vomitare". Ancora Simeone racconta di aver visto la Minchella tornare tre volte nella stanza dell'uomo poi deceduto, di cui la prima intorno alle 15. Un'altra infermiera, Filomena Gentile, riferisce di aver incrociato più volte Anna Minchella in ospedale quella mattina, di averla vista nella zona tra i magazzini e la prima degenza e di aver riconosciuto gli schizzettoni in dotazione al reparto, poi sequestrati durante le indagini, che per gli inquirenti sono stati usati per il delitto. Come si legge nell'ordinanza, la Minchella usava uno degli schizzettoni (grosse siringhe) per iniettare a Celestino Valentino, allettato e in stato vegetativo "acido cloridico puro al 33%...gli cagionava, con crudeltà lesioni gravissime...al cavo orale e alla cute...nonché agli organi dell'apparato respiratorio e dell'apparato digerente con consegunte decesso". Inutili i tentativi di soccorso disperati da parte del personale sanitario presente nel nosocomio. 

La paura dei trasferimenti e un finale beffardo

Secondo i titolari delle indagini la decisione di uccidere il paziente nasce dalla "situazione di ingustizia percepita dalla Minchella a fronte delle condizioni di salute del proprio padre, rispetto alla collega che non era stata trasferita...non anche dalla volontà...di superare effettivamente qualcuno in graduatoria e ricevere effettivo vantaggio dalla morte del Valentino". Ma in quell'ospedale di Venafro "gli infermieri stavano vivendo momenti di disagio dovuti ai trasferimenti". Che non riguardavano la figlia del paziente ucciso. Rabbia, paura, ad aggravare una personalità che, come si legge nelle carte dell'inchiesta, aveva già subito "diversi infortuni ed è stata in cura presso il dipartimento di Salute mentale, assentandosi in numerose occasioni dal lavoro". L'indagata voleva beffare la burocrazia e vendicarsi della collega "privilegiata", uccidendogli il padre. Ma è il finale della vicenda, ad essere beffardo: il 30 giugno il signor Valentino muore per "gravissima acidosi respiratoria ed ipossiemia". Lo stesso giorno, svelano le carte, "il padre dell'indagata ha poi effettivamente ottenuto i benefici" della legge 104. Otto giorni dopo il delitto.