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Il ghetto dei braccianti di San Ferdinando: chi era il migrante morto perché voleva solo scaldarsi

Nel rogo è morto il senegalese Moussa Ba, 29 anni nel prossimo giugno. Viveva in una piccola roulotte all'interno del campo. Il fuoco è divampato attorno alla mezzanotte, oltre a provocare la morte del senegalese, ha causato la distruzione di circa 15 baracche

Claudio Cordovadi Claudio Cordova   
Moussa Ba
Moussa Ba

Per diverse ore non si riesce nemmeno a dargli un nome e un’età. In un primo momento ne filtra uno: Aldo Diallo, 35 anni del Senegal. Aldo, ovviamente, è il nome che l’uomo ha scelto di darsi una volta arrivato in Italia. Ma sulla identificazione dello scomparso restano seri dubbi: nel rogo sono infatti finiti in fiamme anche i suoi documenti. Il nome di Diallo era emerso dai racconti degli altri migranti che vivevano con lui. L'identificazione certa della vittima avviene solo in secondo momento. Nel frattempo gli investigatori della Polizia di Stato erano infatti riusciti a dare un nome alla vittima: si tratta di Moussa Ba, senegalese sì, ma più giovane di Aldo, avendo dovuto compiere 29 anni nel prossimo giugno. Viveva in una piccola roulotte all'interno del campo. Le fiamme sono divampate in una baracca ad una quindicina di metri da dove si trovava, ma si sono rapidamente propagate a causa del materiale usato per costruirla: baracche, legno, plastica e cartoni, tutto altamente freddo, tutto altamente infiammabile. L'equivoco è nato perché Diallo mancava all'appello. Poi l'uomo è stato rintracciato.

Colto nel sonno e non ha avuto scampo

Il giovane Moussa è la terza vittima in poco più di un anno nella tendopoli di San Ferdinando, agglomerato di baracche nella Piana di Gioia Tauro, in Calabria, che ospita in migranti che lavorano come braccianti su quel territorio. Il 27 gennaio 2018, infatti, perse la vita una 26enne nigeriana, Becky Moses. In quel caso l'incendio fu doloso. Pochi mesi dopo la polizia ha fermato una donna ritenuta la mandante del rogo, fatto appiccare per gelosia. Il 2 dicembre 2018, morì Surawa Jaithe, del Gambia, che avrebbe compiuto 18 anni pochi giorni dopo. Anche in quel caso, come nell’incendio della scorsa notte, il rogo sarebbe divampato da uno dei tanti fuochi accesi dai migranti per riscaldarsi: nei mesi invernali, nella Piana di Gioia Tauro, il freddo è pungente e le condizioni in cui vivono i giovani extracomunitari, continuano a essere vergognose.

Nonostante le promesse

"Ancora una morte annunciata a San Ferdinando, Aldo Diallo. Siamo stati attaccati per mesi perchè denunciavamo la violazione dei diritti umani e perché chiedevamo una sistemazione provvisoria sicura per mettere i lavoratori al riparo dalla morte" afferma infatti il segretario regionale della Cgil Calabria, Angelo Sposato. In precedenza, nella baraccopoli dove nel periodo invernale vivono anche migliaia di migranti impegnati nei lavori di raccolta degli agrumi nei campi della piana di Gioia Tauro, si erano verificati altri incendi che non avevano causate vittime solo per puro caso. Il rogo divampato attorno alla mezzanotte, oltre a provocare la morte del senegalese, ha causato la distruzione di circa 15 baracche e il conseguente aggravato disagio abitativo di circa 15 persone.

Il Prefetto di Reggio Calabria, Michele di Bari, ha immediatamente convocato per le 6 del mattino una riunione di Comitato Provinciale per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica, presso la sede del Comune di San Ferdinando. Dalla riunione, protrattasi per alcune ore, sarebbe scaturito un piano per trasferire, nel breve periodo e previe le necessarie verifiche di legge, i migranti che vivono nella baraccopoli di San Ferdinando. Questo nelle more dell'attuazione di forme di accoglienza diffusa per le quali la Regione ha manifestato disponibilità a contribuire con strumenti che incentivino le locazioni.

Ma il sospetto è che si tratti dell’ennesima soluzione-tampone

Anche se i toni del ministro dell'Interno, Matteo Salvini, sono diversi e perentori: "Sgombereremo la baraccopoli di San Ferdinando. L'avevamo promesso e lo faremo, anche perché illegalità e degrado provocano tragedie come quella di poche ore fa. Per gli extracomunitari di San Ferdinando con protezione internazionale, avevamo messo a disposizione 133 posti nei progetti Sprar. Hanno aderito solo in otto, tutti del Mali. E anche gli altri immigrati, che pure potevano accedere ai Cara o ai Cas, hanno preferito rimanere nella baraccopoli. Basta abusi e illegalità"

Claudio Cordovadi Claudio Cordova   
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