"Ilaria Salis libera subito": consolato ungherese di Venezia occupato da militanti antifascisti
Approfittando della presenza di Nordio a Padova, alcuni militanti del Centro sociale Rivolta hanno manifestato per alcune ore, chiedendo che la maestra venga riportata in Italia. "Processo farsa", dicono
Al grido di "Ilaria Salis libera subito", quasi 30 attivisti del Centro sociale Rivolta hanno occupato questa mattina, per alcune ore, il consolato ungherese con sede in piazzale Roma, a Venezia. Mentre il ministro alla giustizia Carlo Nordio è in visita a Padova, il centro sociale ha voluto lanciare un messaggio, chiedendo la scarcerazione della donna, detenuta in Ungheria dall'11 febbraio scorso e le cui immagini, incatenata mani e piedi in tribunale, hanno fatto il giro del mondo e molto hanno raccontato dei metodi di detenzione del Paese governato da Orban. "Siamo qui perché vogliamo la sua libertà, perché questo processo è una farsa che vuole solo punire l'antifascismo, in uno Stato dove vengono non solo tollerate, ma promosse, le ronde antimigranti ai confini. E' una politica antidemocratica", spiegano i manifestanti.
Tutelare i diritti umani di Salis
"Siamo tutti antifascisti", è l'altro slogan urlato ripetutamente davanti ai cancelli del consolato. I ragazzi e le ragazze hanno ribadito anche in strada la necessità di tutelare i diritti umani di Salis e di quanti si trovano nelle sue condizioni. Non è mancato l'attacco al governo Meloni, accusato di inasprire le pene e di intervenire sempre in ottica repressiva.
E' stata la lettera dell'insegnante, scritta al padre e pubblicata ieri da vari organi di stampa, a dare la misura delle condizioni carcerarie difficili e pesantemente restrittive nelle quali si trova la a scatenare la protesta di Venezia. A cominciare dall'accoglienza fattale all'esterno del carcere da un manipolo di militanti di estrema destra al grido di "Duce, Mussolini!". E sempre giovedì, il ministro Nordio, come riferito dal collega agli Esteri, Antonio Tajani, ha detto all'avvocato dell'insegnante detenuta, di presentare richiesta di domiciliari, cosa che secondo quanto riferisce il vicepremier non sarebbe stata fatta. Peraltro sottolinea come l'ipotesi della detenzione alternativa in ambasciata non sia possibile per una serie di questioni di diritto e di fatto. In primis l'impossibilità di garantire la sua sicurezza.