"Il governo Renzi promise a Ibm i dati sanitari di tutti gli italiani": ecco i contenuti dell'accordo segreto con la multinazionale
La multinazionale Usa in cambio investirebbe 150 milioni di dollari e 400 posti di lavoro nelle aree ex Expo. Tutti i dubbi dell'operazione
"Siamo orgogliosi del nostro grande passato ma l’unico modo per salvarlo è creare una visione del futuro", proclamava Matteo Renzi nel corso del suo viaggio statunitense del marzo scorso. Quello che secondo l'ex premier era un "grande messaggio" da parte di Ibm consisteva nella promessa di insediare un centro di elaborazione dati europeo in campo sanitario, nelle disgraziate aree di Rho (Milano) che nel 2015 ospitarono Expo. Proprio lì è in programma la realizzazione dello Human Technopole, affidato all’Istituto italiano di tecnologia e ad altri centri d’eccellenza italiani. A latere potrebbe sorgere un progetto ambizioso che comprende - almeno nelle intenzioni - un investimento di 150 milioni di dollari e "l'assunzione" di 400 giovani. Ma, come spesso accade, le cose sono un po' più complesse di come appaiono.
L'accordo "confidenziale" con Ibm
Osservando un po' meglio i termini dell'accordo sottoscritto a Boston da Renzi e Watson Healt - un sistema di "cognitive computing" fondato da Ibm -, si scopre infatti che la verità è ben più complessa. Secondo quanto scrive Il fatto quotidiano dietro l'incrocio di autografi adeguatamente documentato dai media ci sarebbe un "accordo confidenziale" - o sarebbe meglio dire "segreto"? -, per il quale lo Stato italiano si impegna a cedere i dati sanitari dell'intera Lombardia, la regione più ricca d'Italia e, con i suoi quasi 10 milioni di abitanti, la più popolosa. Di cosa si tratta?
I dati sono contenuti nella cosiddetta Protected Health Information (Informazioni personali sanitarie protette) che abbraccia tutto quanto concerne le vicende sanitarie del cittadino: dall'assistenza sanitaria alle "cartelle cliniche personali" fino alle "informazioni fiscali nominative o anonimizzate". L'accordo segreto prevede la cessione alla multinazionale americana "i diritti all'uso per la memorizzazione ed elaborazoine di tali dati a fini progettuali, nonché per l'utilizzo dei dati anonimizzati anche per finalità ulteriori a quelle progettuali, nonché per l'utilizzo dei dati anonimizzati anche per finalità ulteriori rispetto a quelle progettuali". Tutti elementi saldamente nelle mani delle amministrazioni pubbliche che li hanno raccolti.
Materia per il Garante
La domanda che rimane ancora inevasa (il Garante della privacy contattato da tiscali.it per ora non risponde ndr) è se il governo sia titolato a cedere attraverso un'accordo con una società privata il database dei pazienti italiani. E se la stessa Regione Lombardia, competente per materia ma che ancora non si è espressa, possa privarsi senza ostacoli di questo patrimonio. Tanto più che passaggio regionale, nel disegno renziano di allora, immaginiamo, sarebbe potuto essere più semplice, vista la riforma costituzionale "accentratrice" voluta dall'ex premier ma bocciata al referendum. Il tutto per di più messo nero su bianco nella massima segretezza, a insaputa dei diretti interessati.
I dati di tutti gli italiani nel mirino di Ibm
Nel mirino di Ibm, secondo quanto risulta, non ci sarebbero solo i lombardi ma anche gli altri abitanti della Penisola Isole comprese: i "segreti" di 61 milioni di individui. Nel documento in possesso del giornale di Travaglio è scritto che l'obiettivo sarebbe proprio questo. Ibm, infatti, "ritiene cruciale avere accesso a dati dei pazienti e farmacologici, ai dati del registro tumori, ai dati genomici, ai dati delle cure, dati regionali o Agenas, dati Aifa sui farmaci, sugli studi clinici, dati di iscrizione e demografici, diagnosi mediche storiche, rimborsi e costi di utilizzo, condizioni e procedure mediche, prescrizioni ambulatoriali, trattamenti farmacologici con relativi costi, visite di pronto soccorso schede di dimissioni ospedaliere (sdo), informazioni sugli appuntamenti, orari e presenze e altri dati sanitari". Tutto lo scibile sanitario insomma.
Una mole incredibile di informazioni che Ibm potrà elaborare e trattare "in forma anonima e identificata per specifici ambiti progettuali" ma anche per finalità che esulano dalle attività primarie. In altre parole tutto ciò che verrà prodotto potrà essere sottoposto a un "utilizzo secondario". Quindi anche venduto ad altre società e, niente lo vieta, a compagnie di assicurazione come noto piuttosto fameliche di ogni informazione personale legata alla salute.
Il "bluff" dei posti di lavoro
Ancora una volta insomma lo Stato cede parti del suo patrimonio più intimo e prezioso, com'è quello derivante dalla salute dei suoi cittadini, a una multinazionale privata in cambio della promessa di una manciata di posti di lavoro. Attività che, viene logico pensare, lo Stato potrebbe svolgere da sé attraverso i suoi centri di ricerca. Tanto più che già all'epoca della stipula dell'accordo fra Renzi e l'Ibm, all'esultanza dell'ex premier Renzi per l'accordo portato a casa, i sindacati saltarono sul piede di guerra perché il colosso statunitense stava mandando a casa i suoi dipendenti italiani, francesi e tedeschi. Proprio nei giorni della firma, la Fiom in una nota scriveva che "Ibm in Italia sta licenziando 300 lavoratori, rifiutando di confrontarsi – in sede ministeriale – con il sindacato sul piano industriale e occupazionale, nonostante le continue ristrutturazioni che in questi anni hanno colpito il nostro paese". Era solo un anno fa.