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Chi sono i "killer" del virus Covid-19: la storia degli scopritori del vaccino Pfizer-Biontech

Le storie simili, la passione per la ricerca, gli studi, l'amore e il matrimonio. Così è nato il cuore del team che vuole mettere la parola fine alla pandemia

Alessandro Spaventadi Alessandro Spaventa   
I medici e ricercatori Ozlem Tureci e Ugur Sahin
I medici e ricercatori Ozlem Tureci e Ugur Sahin

Nel clamore degli annunci della scorsa settimana sul vaccino contro il Covid-19 si è parlato molto della Pfizer, il gigante farmaceutico statunitense, e assai meno di chi il vaccino lo ha effettivamente messo a punto, gli scienziati della tedesca Biontech. A sviluppare la prima delle armi che progressivamente verranno messe a punto contro il virus Sars-Cov-2, non ultima quella di Moderna, sono stati i due scienziati fondatori della Biontech, partner nel lavoro e nella vita: il dottor Ugur Sahin e la dottoressa Ozlem Tureci. La loro storia è stata raccontata in un ritratto di Joe Miller pubblicato dal Financial Times.

Vite parallele

Nati entrambi negli anni ’60 da genitori turchi emigrati dal loro paese in cerca di fortuna, i due sono cresciuti a circa 250 chilometri di distanza seguendo percorsi professionali simili. Ugur Sahin viene da una famiglia operaia, il padre lavorava nella fabbrica della Ford a Colonia, e già da bambino dimostrava le sue attitudini e la sua curiosità per quella che sarebbe divenuta la passione della sua vita. Per quanto peculiare possa sembrare a noi comuni mortali, Sahin ricorda che all’età di 11 anni venne colpito dalla «incredibile bellezza e complessità» del sistema immunitario. «Non avevamo Google, naturalmente, e ogni volta che andavamo in città entravo in libreria. Avevo un buon rapporto col proprietario che ordinava e teneva da parte per me libri di scienze e di matematica».

Ozlem Tureci, invece, è cresciuta in una famiglia borghese, il padre era un chirurgo con un vivo interesse per la scienza alla quale cercava di interessare la figlia portandosela in giro per gli ospedali e anche in sala operatoria. «Ho visto la mia prima appendicectomia che avevo sei anni» - ricorda Tureci. Benché studenti in università diverse, i due hanno seguito praticamente lo stesso percorso: una laurea in medicina seguita da un dottorato, Tureci in biologia molecolare e Sahin in immunoterapia.

L’incontro in ospedale

I due si conoscono all’inizio degli anni ’90, lei era impegnata in un reparto che si occupava di tumori del sangue e lui era il suo supervisore. A quanto pare i primi appuntamenti trascorsero in lunghe discussioni scientifiche animate dal comune obiettivo di sviluppare terapie antitumorali. D’altra parte la scienza è una passione così forte per entrambi e li unisce talmente che Sahin e Tureci hanno trovato il tempo per fare un salto in laboratorio persino nel giorno del loro matrimonio. «Scoprimmo che i rispettivi ambiti di lavoro erano complementari» - ha ricordato Tureci - «così li abbiamo fatti sposare, loro e noi».

Due tipici nerd

Dopo un po’ i due decidono di abbandonare ogni altra occupazione e dedicarsi alla ricerca di nuovi metodi per trovare e combattere gli antigeni nei tumori carcinogeni. «Eravamo interessati in diverse tecnologie, nessuna delle quali era accettata» - ricorda ancora Tureci - «eravamo dei tipici nerd». I metodi sui quali lavoravano, però, come i vettori virali o le proteine ricombinanti, avevano i loro limiti. A metà degli anni ’90, tuttavia, la coppia ebbe notizia per la prima volta di un particolare metodo conosciuto come mRNA. La cosa era interessante perché il mRNA è uno strumento che induce il paziente a produrre da solo il rimedio contro il male inviando istruzioni che possono essere lette dalle cellule. Esso esclude quindi la possibilità che il paziente contragga la malattia per la quale è vaccinato, è una “piattaforma non infettiva” nel gergo degli addetti ai lavori.

Nessuno ci crede

Il mondo scientifico dell’epoca però non aveva grande considerazione per la tecnologia mRNA, soprattutto dopo che i primi esperimenti avevano dimostrato che il corpo umano considerava le terapie che con essa venivano sviluppate come elementi che andavano combattuti e sconfitti, intrusi da eliminare. E come la comunità scientifica così la pensavano anche le aziende farmaceutiche e gli investitori che preferivano le terapie basate sugli anticorpi. Il che voleva dire niente finanziamenti e una vita professionale complicata per chi decideva di battere altre strade.

Nonostante lo scetticismo generale, tuttavia, un gruppo di scienziati, tra cui Sahin e Tureci, continuò, ognuno per conto proprio, a dedicarsi alla ricerca sulle possibilità offerte dal mRNA, ma ognuno procedeva per conto proprio ignorando le ricerche degli altri. Le cose sono continuate così per un paio di decenni. Poi è arrivato Sars-Cov-2 e con lui la pandemia del Covid-19 e tutto è cambiato. Radicalmente.

C’è un nuovo virus in giro

A gennaio del 2020 Sahin, che ha sviluppato una specie di dipendenza per le pubblicazioni scientifiche per la quale viene preso in giro dai suoi colleghi, legge un articolo su Lancet su un nuovo tipo di coronavirus scoperto nella provincia di Hubei, in Cina. Intuisce che potrebbe essere un patogeno in grado di diffondersi con estrema rapidità e convince sua moglie Tureci e i suoi colleghi della Biontech, la società che i due scienziati avevano fondato nel 2008, a cominciare a lavorarci su. A solo due settimane dalla pubblicazione della sequenza genetica del Sars-Cov-2 l’azienda, che oggi conta su uno staff di 1.300 persone, comincia il suo programma per lo sviluppo di un vaccino contro il Covid-19.

Nel frattempo negli Stati Uniti, un’altra società biotecnologica aveva avuto la stessa intuizione avviando gli studi per lo sviluppo di un altro vaccino mRNA: Moderna. Il suo amministratore delegato, Stéphane Bancel, aveva più prosaicamente letto del virus sul Wall Street Journal.

L’accordo con la Pfizer

Agli inizi di marzo Biontech ha sviluppato venti possibili vaccini. Pochi giorni dopo, il 17 marzo, viene annunciato l’accordo con la Pfizer: Biotench si occuperà della ricerca, l’azienda americana curerà le fasi della sperimentazione clinica e la produzione. Sahin è ottimista e dichiara al Financial Times di ritenere possibile che il vaccino possa essere pronto per la fine del 2020.

In aprile i regolatori, sulla base dei dati forniti da Biontech, autorizzano l’avvio della sperimentazione. A essere coinvolti sono quattro possibili vaccini dei venti orignari. Dopo le prime due fasi tre dei quattro possibili candidati vengono eliminati e a luglio Pfizer e Biontech lanciano la terza e ultima fase della sperimentazione su 43mila volontari, metà dei quali ricevono il potenziale vaccino e metà un placebo. L’efficacia attesa da Sahin è di circa l’80%.

La telefonata

È la sera di domenica 8 novembre 2020. Un giorno prima dell’anniversario della caduta del muro di Berlino. L’anno prima tutta la Germania era in festa per celebrare il trentennale, ma da allora sembra passato un secolo. Tureci e Sahin sono nella loro casa nei pressi di Magonza, ridente cittadina tedesca poco distante da Francoforte, famosa per essere stata teatro dell’invenzione della stampa a caratteri mobili da parte di Johannes Gutenberg. Stanno mettendosi in pari con un po’ di lavoro arretrato quando squilla il telefono. A rispondere è Sahin, dall’altro capo del filo c’è Albert Bourla, amministratore delegato e presidente della Pfizer: «Vuoi sapere i risultati?».

Primi al traguardo

I risultati ormai li conosciamo tutti. Il vaccino pare essere efficace nel 90% dei casi. E quello di Moderna, con il suo 94,5%, pare essere in linea fornendo un’ulteriore conferma della bontà della strada intrapresa. Biontech e Pfizer però sono arrivati prima, di una settimana, ma prima. Ed è quanto basta per scatenare un diluvio di reazioni sui media e sui social di tutto il mondo. Sahin e Tureci, che non hanno la televisione e rifuggono dai social, vengono improvvisamente celebrati non solo per il loro successo, ma anche per le loro origini. Una storia di immigrazione coronata con il più ambito dei trofei.

Lontano dalla politica

Ai due però la cosa non piace: «Naturalmente vi sono persone con una storia di immigrazione che possono trovare incoraggiamento dalla nostra vicenda» – ha dichiarato Sahin esasperato dall’utilizzo fatto della loro storia nel dibattito pubblico – «essa può essere utilizzata come argomento a favore dell’immigrazione, ma se qualcosa andrà storto potrà essere usata anche come argomento a sfavore».

D’altronde sia Sahin che Tureci hanno da tempo deciso di rimanere alla larga da ogni e qualsivoglia implicazione politica legata alla pandemia e ai vaccini delegando alla Pfizer il rapporto con i governi e in particolare con l’Amministrazione Trump.

Una nuova corsa, quella di sempre

Sono passati quasi trent’anni dai primi giorni passati insieme in ospedale. Ora Sahin e Tureci ce l’hanno fatta. Hanno dimostrato al mondo che le loro idee e i loro progetti sul mRNA non erano una follia. Sono famosi, sono i salvatori del mondo, qualcun parla di premio Nobel. E sono ricchi. In un anno il valore di Biontech è più che quadruplicato e i proventi del vaccino renderanno la società e i suoi proprietari ancora più ricchi. Certo adesso è arrivato anche quello di Moderna. Il contraccolpo si è fatto sentire, sui media, come in borsa. Ma loro sono stati i primi: i primi a crederci, i primi ad arrivare al risultato.

Quella per il vaccino contro il Covid-19, tuttavia, è stata una corsa capitata per un tragico caso. Vinta, ma non cercata. Tra poco sarà tempo di tornare a quella che Sahini e Tureci stanno correndo da una vita intera e che, ora che si è in vista del traguardo, vede spuntare altri partecipanti uno dopo l’altro, prima fra tutti Moderna. L’obiettivo e quello di sviluppare terapie individuali ed efficaci contro il cancro. La tecnologia è quella ormai famosa: il mRNA.

Alessandro Spaventadi Alessandro Spaventa   
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