[L'analisi] Hanno salvato la Raggi dalla mannaia della legge Severino. Non si dovrà dimettere anche se il reato c'è. Ma Berlusconi non lo aiutò nessuno
Quella di Pignatone e dei suoi aggiunti e sostituti è stata sicuramente una scelta tecnica - anche se diversi commenti non hanno mancato di far notare le contraddizioni della decisione - che è diventata oggettivamente politica. Anzi, una scelta che la politica dovrebbe cogliere come occasione di riflessione e di bilancio della legge Severino, che presenta aspetti da rivedere. Legge che ha colpito indistintamente politici e amministratori locali. La vittima eccellente è stata sicuramente il leader di FI
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E alla fine, la Procura di Roma con la sua decisione di archiviare le accuse di abuso di ufficio, ha lanciato una ciambella di salvataggio alla giunta grillina della capitale, evitando le dimissioni del sindaco Virginia Raggi (così come impone la legge Severino), che sarebbero arrivate dopo una condanna al primo grado di giudizio.
E il sindaco infatti non ha nascosto la sua gioia. La prima reazione l’affida a Facebook: «Apprendo con soddisfazione, dopo mesi di fango mediatico su di me e sul Movimento Cinque Stelle, che la Procura di Roma ha deciso di far cadere le accuse di abuso d’ufficio».
Virginia Raggi è raggiante. La Procura guidata da Giuseppe Pignatone ha chiesto il processo, nell’ambito del capitolo sulle nomine al Campidoglio, solo per la vicenda del falso in atto pubblico, per avere mentito all’Anticorruzione del comune di Roma dichiarando che la scelta di promuovere Renato Marra (fratello di Raffaele, ex capo del personale del comune finito a processo per corruzione) era stata solo sua.
E non è vero che l’accusa di abuso di ufficio è stata archiviata perché la sindaca si è comportata nel rispetto delle regole. Per la Procura non si procede perché non ha ravvisato il dolo da parte della Raggi.
E decidendo di archiviare quella che Beppe Grillo ha definito «l’accusa più pesante», la Procura di Roma ha messo al riparo il sindaco dalle conseguenze della legge Severino.
Quella di Pignatone e dei suoi aggiunti e sostituti è stata sicuramente una scelta tecnica - anche se diversi commenti non hanno mancato di far notare le contraddizioni della decisione - che è diventata oggettivamente politica. Anzi, una scelta che la politica dovrebbe cogliere come occasione di riflessione e di bilancio della legge Severino, che presenta aspetti da rivedere. Legge che ha colpito indistintamente politici e amministratori locali. La vittima eccellente è stata sicuramente Silvio Berlusconi, che è stato costretto a dimettersi da parlamentare con l’entrata in vigore della legge. Dimissioni retroattive, ritenute illegittime. Berlusconi ha presentato un ricorso che sarà discusso il 22 novembre in seduta pubblica dalla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo.
Dopo il coinvolgimento di parlamentari e sindaci grillini in diverse inchieste giudiziarie, con la decisione della Procura di Roma siamo arrivati ormai a un importante giro di boa. Anche Roma come del resto altre inchieste (Bagheria, Livorno, Parma) hanno svelato una filosofia grillina di amministrare le città nell’interesse del partito. Insomma, contro i grillini non viene contestata nessuna accusa di corruzione ma un modo di amministrare molto sprovveduto, che per raggiungere i suoi obiettivi può anche violare le regole.
E il bilancio della giunta Raggi su come amministra la capitale d’Italia è fortemente critico. Ora Virginia Raggi non ha più l’alibi delle inchieste giudiziarie sul collo. La sua amministrazione avrà come giudici i romani. E i sondaggi danno tutti pollice verso. Insomma, un governo insufficiente.