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La gola profonda del Sole 24 Ore: "Le case per il direttore e il patto per il referendum. Ho visto cose da pazzi"

Conti fuori controllo, gestione “folle” della società e gli appuntamenti a Palazzo Chigi. Un ex top manager che ha avuto un ruolo importante durante lo scandalo che ha travolto il primo quotidiano economico italiano accetta di parlare

di Giuseppe Caporale   
La gola profonda del Sole 24 Ore: 'Le case per il direttore e il patto per il referendum. Ho visto...

L’appuntamento con la gola profonda è al ristorante “Il Marchesino”, accanto al teatro la Scala, nel cuore di Milano. Ad accettare di rispondere a una serie di domande è un ex top manager che ha avuto un ruolo importante durante lo scandalo che ha travolto il primo quotidiano economico italiano e che è già stato interrogato come testimone dalla procura di Milano. Le sue dichiarazioni sono state ritenute “molto importanti” dagli inquirenti.
“Guardi, ho visto con i miei occhi cose da pazzi e sono disponibile a parlare con lei e raccontarle tutto, solo perché molto amareggiato dalla vicenda. E anche in apprensione per le mille persone che lavorano lì. Tra loro ci sono professionalità eccellenti ed è vergognoso quello che è successo. Le chiedo solo una cortesia: voglio mantenere l’anonimato”.

Non fa sconti ai vertici aziendali che sono accusati dal pm Fabio Di Pasquale di aver sconquassato i conti del primo quotidiano economico italiano: Donatella Treu ex amministratore delegato, Benito Benedini ex presidente del gruppo e Roberto Napoletano ex direttore del giornale e indicato come vero dominus nella gestione “folle” della società.

“La confusione dei conti”

“Avevo capito subito che c’era qualcosa che non andava, e banalmente me ne ero accorto da un fatto: non c’erano le divisioni per i centri di costo. Non era chiaro quanti soldi perdesse o guadagnasse una divisione piuttosto che un’altra. I conti del quotidiano e della radio, ad esempio, erano tenuti assieme. Io fui il primo a sollevare il problema delle copie digitali, ma non ebbi mai risposta. Poi è arrivato il nuovo amministratore delegato Gabriele Del Torchio. A quel punto lui che è un vero capo azienda si è scontrato con quello ombra, che era Napoletano”.

“Genio e sregolatezza”

“Fin quando c’era Benedini come presidente e la Treu come amministratore delegato, come ormai appare evidente a tutto, il vero capo azienda era il direttore Napoletano. Era lui che decideva tutto. C’era imbarazzo nelle riunioni amministrative alle volte, perché non si capiva a che titolo fosse lì e nemmeno con quale competenza intervenisse. Benedini sedava le nostre proteste al riguardo sempre con la stessa frase: il nostro direttore è genio e sregolatezza...”.
E prosegue: “In riunione Benedini, Treu e Napoletano parlavano sempre di numeri generali senza mai scendere nel dettaglio dei conti. Napoletano assicurava che le copie digitali avrebbero fatto crescere la pubblicità. La Treu non aveva nessuna esperienza nella governance di un’azienda del genere e forse questo ha inciso parecchio. Se ci fosse stata maggiore attenzione, questi problemi sarebbero emersi molto prima”.

“Le case e i rimborsi da centinaia di migliaia di euro”

“In un contesto di totale dominio del direttore e assenza di governance credo siano maturate anche tutte quelle spese...” racconta. “Un altro esempio, mi risulta che il direttore Napoletano avesse disponibilità di alcuni appartamenti tra Roma e Milano e per un periodo di una casa a New York, che i conti di alberghi, ristoranti e altre spese fossero esorbitanti e che a fine anno i costi dei suoi rimborsi potevano arrivare ad alcune centinaia di migliaia di euro”.  E prosegue: “Proprio sui rimborsi sono iniziati gli scontri tra Napoletano e Del Torchio. Il manager ha subito capito che l’azienda era fuori controllo ed ha cercato di intervenire. Anche su altre spese come il ricorso smodato agli straordinari. I contrasti sono stati diversi e Napoletano deve poi aver chiesto un intervento in sua difesa da parte dell’azionista: Confindustria”.

Boccia, Napoletano e il patto sul referendum 

“Ma il nuovo presidente dell’associazione degli industriali Vincenzo Boccia non era certo un sostenitore del direttore, almeno all’inizio. Del resto nemmeno Napoletano aveva sostenuto Boccia nella corsa alla presidenza di Confindustria. Ritengo che il punto di coesione tra i due sia stato raggiunto attraverso la questione del referendum costituzionale. L’estate scorsa Boccia si era esposto dichiarando il suo appoggio al Sì, creando una forte spaccatura dentro Confindustria. E ciò è avvenuto proprio nel momento in cui Del Torchio ha scoperto la scrittura privata che avrebbe dovuto assicurare al direttore una mega-liquidazione in caso di licenziamento senza giusta causa, sottoscritta in gran segreto da Benedini e Napoletano senza che il consiglio d’amministrazione, il collegio sindacale e gli azionisti ne sapessero alcunché”.

E prosegue: “A quel punto Napoletano si è dato da fare ed ha garantito la sua copertura alla mossa a favore del Sì del presidente di Confindustria, con tanto di benedizione da parte di Palazzo Chigi. Ci risulta infatti, che in quei giorni di massima tensione il direttore sia andato a parlare sia con l’allora sottosegretario all’editoria Luca Lotti (oggi ministro, ndr) che con lo stesso Matteo Renzi. Un ruolo chiave nel difendere Napoletano contro Del Torchio l’ha avuto anche Luigi Abete. Una società normale e non attraversata dagli interessi degli azionisti il direttore lo avrebbe messo alla porta molto prima. Per altro Confindustria non dovrebbe esercitare nessun potere di coordinamento nella gestione”.

Il grande rischio della cassa vuota

“Non le nascondo - prosegue - che sono molto preoccupato anche adesso per la tenuta dei conti dell’azienda. Il Sole ha un deficit di 5 milioni di euro al mese tra entrate e uscite di cassa. Perde 30 milioni l’anno. Confindustria annuncia che sottoscriverà un aumento di capitale ad aprile. Spero non sia tardi. Il nuovo amministratore delegato Franco Moscetti pare sia in rotta con l’azionista. Non si possono escludere azioni eclatanti, come quello di portare i libri in tribunale davanti a soluzioni non convincenti. Sarebbe un disastro. Le do solo un dato: ci sono azionisti che quando Il Sole è stato quotato in borsa hanno investito 40 milioni di euro. Sa quanto valgono le loro azioni oggi? Quattrocento mila euro”.

di Giuseppe Caporale   
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