Orlandi e il giallo della trattativa del Vaticano per far ritrovare il corpo. Pignatone si difende
Secondo quanto riportato dal giornalista d'inchiesta Nuzzi due prelati si sarebbero offerti di far ritrovare il corpo di Emanuela chiedendo al contempo di traslare la salma del boss della banda della Magliana Renatino De Pedis, sepolto nella cripta della basilica di sant' Apollinare.
"Il dottor Capaldo non ha mai detto nulla, come invece avrebbe dovuto, delle sue asserite interlocuzioni con 'emissari' del Vaticano alle colleghe titolari, insieme a lui, del procedimento. Nulla in proposito egli ha mai detto neanche a me, che pure, dopo avere assunto l'incarico di Procuratore della Repubblica (19 marzo 2012), gli avevo chiesto di essere informato dettagliatamente del 'caso Orlandi'".
Lo afferma in una lettera al Corriere della Sera l'ex procuratore capo di Roma, e attuale presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone, in relazione a quanto riferito in un recente libro e interviste tv a La7 dall'ex procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo sulla presunta "trattativa" col Vaticano in merito alla scomparsa di Emanuela, poi arenatasi e finita con l'archiviazione dell'inchiesta.
La presunta trattativa, secondo quanto riporta Gianluigi Nuzzi, "avrebbe portato nell'ufficio di Capaldo la richiesta del Vaticano di aprire un dialogo riservato con due Monsignori che pur di chiudere l'inchiesta avrebbero agevolato in ogni modo il ritrovamento del corpo di Emanuela, chiedendo al contempo di traslare la salma del boss della banda della Magliana Enrico Renatino De Pedis, ucciso a Roma il 2 febbraio 1990, da incensurato, e sepolto nella cripta della basilica di sant' Apollinare.
"Dopo il mio arrivo a Roma - prosegue Pignatone - il dottor Capaldo ha continuato per oltre tre anni a dirigere le indagini sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, sentendo personalmente testimoni e indagati, disponendo intercettazioni e attività di polizia giudiziaria e nominando consulenti; egli ha anche coordinato, intervenendo sul posto, le attività per la rimozione della salma di Enrico De Pedis dalla tomba nella Basilica di Sant'Apollinare e i successivi scavi nella cripta che hanno portato al rinvenimento di alcuni scheletri e di numerosissimi frammenti ossei non riconducibili però alla Orlandi".
"Io non ho mai ostacolato in alcun modo nessuna attività di indagine disposta dal dottor Capaldo o dalle altre colleghe - dichiara Pignatone -. Non ho mai avocato il procedimento relativo alla scomparsa di Emanuela Orlandi". "La richiesta di archiviazione - ricorda - è stata decisa a maggioranza tra i colleghi titolari del procedimento. Io ho condiviso e 'vistato', quale Capo dell'Ufficio, tale richiesta, mentre il dottor Capaldo, che non era d'accordo, ha rifiutato - come era suo diritto - di firmarla".
L'ex capo della procura romana ricorda anche che "la richiesta, presentata il 5 maggio 2015, è stata accolta dal gip, dopo che i familiari della Orlandi avevano presentato opposizione, il 19 ottobre dello stesso anno e confermata definitivamente dalla Cassazione il 6 maggio 2016. Solo dopo essere andato in pensione (23 marzo 2017), il dottor Capaldo ha riferito in libri e interviste delle sue asserite interlocuzioni con emissari del Vaticano".
"Aggiungo infine un ultimo particolare - conclude Pignatone -: la circostanza della sepoltura di De Pedis nella basilica non fu scoperta nel 2012 grazie ad un anonimo, come si afferma nell'articolo così da ricollegarla temporalmente alle asserite 'trattative'. Essa, infatti, era nota fin dal 1997 ed era stata oggetto di articoli di stampa e di polemiche".