Bankitalia, il Governo all'oscuro della mozione? E'giallo sulla telefonata Gentiloni-Finocchiaro
L'asse Gentiloni-Mattarella sempre più compatto, gelo fra Palazzo Chigi e Nazareno. Intanto cresce il fronte della critica a Renzi. Scalfari: vada dal neurologo.
Matteo Renzi sembrava cambiato in positivo, sul palco della festa del PD. Circondato dai migliori esponenti del partito, da Veltroni a Gentiloni, sembrava finalmente aver rinunciato a quella brama di comando solitario che aveva caratterizzato fino a quel momento il Pd renziano. E invece no: Renzi è sempre lo stesso, lo dimostra la gestione "a strappi" della delicata vicenda Bankitalia che ha scatenato l'irritazione del Colle e l'imbarazzo di Palazzo Chigi, con Gentiloni costretto a fare l'artificiere là dove Renzi semina in continuazione mine e zizzania. Questa la sintesi, per niente tenera, dell'ennesima fibrillazione istituzionale fra l'esecutivo e il partito di maggioranza relativa, fatta da Eugenio Scalfari su Repubblica. La voce durissima del decano di via Cristoforo Colombo -che si è spinto fino a suggerire a Renzi di mettersi "nelle mani di un neurologo", per tentare di curare il "sentimento isterico da cui è dominato"- si aggiunge a quelle dell'ex presidente della Repubblica Napolitano, del fondatore del PD Veltroni, del capogruppo in Senato Zanda, del ministro Calenda. Un coro di no che configura una vera e propria spaccatura all'interno del Partito Democratico e che, per ultimo ha visto la presa di distanza dello stesso premier Gentiloni, il quale ieri in mattinata, attraverso il suo entourage, ha fatto sapere che "le decisioni del Presidente del Consiglio saranno basate sulle prerogative a lui attribuite dalla legge ed ispirate esclusivamente al criterio di salvaguardia dell'autonomia dell'Istituto". Una nota concisa, ma nettissima, da cui si poteva intuire il passaggio del guado del titolare di Palazzo Chigi: stretto fra la linea del Segretario e l'esigenza di rispettare il suo ruolo istituzionale, il Premier ha scelto la seconda opzione, smarcandosi per la prima volta- in modo calmoroso per chi sa leggere fra le righe del bon ton istituzionale- da Matteo Renzi.
Lo sgambetto al governo e la mozione "al buio"
I rumors di palazzo raccontano di un Gentiloni fortemente irritato per il modus operandi del Segretario Pd e del suo "cerchio magico": perchè è vero che il Governo era informato della mozione, come dice Renzi, ma non del suo contenuto. A confermare questa versione sarebbero le indiscrezioni pubblicate oggi da Francesco Verderami sul Corriere che raccontano una concitata telefonata fra Gentiloni e Anna Finocchiaro, poco prima della presentazione alla Camera della mozione PD. Il ministro per i Rapporti col Parlamento stava partecipando in quelle stesse ore a una vivace conferenza dei Capigruppo a Palazzo Madama, con all'ordine del giorno il calendario d'Aula per la legge elettorale. Testimoni raccontano, come riporta il Corriere, di aver letto sul display del telefono della ministra, silenziato in quel momento, il nome "Gentiloni". Poi la conversazione: "Paolo ti richiamo. Va bene dimmi..Qual'è il problema? Della mozione si stanno occupando Ettore e Maria Elena (Rosato e Boschi, ndr)." Il resto si intuisce dal crescere della concitazione e dell'allarme nelle parole della Finocchiaro. "Va bene mandami il testo. Che vuol dire che hai solo il dispositivo? E il resto?" A quel punto la Ministra ha capito che c'è qualcosa che non va, e si mette in contatto con il referente alla Camera, Pierpaolo Baretta, che conferma di non aver ricevuto neanche lui il testo della mozione. E' in quel momento che decide di lasciare la riunione "per un'emergenza". Il resto è cronaca.
L'asse Gentiloni-Mattarella sempre più stretto
A poco valgono le dichiarazioni di apeasement dell'una e dell'altra parte, con Renzi che dice che "la conferma di Visco non sarebbe una sua sconfitta" e che "rispetterà la decisione del premier". E con Gentiloni che fa sapere di avere "piena fiducia" in Maria Elena Boschi, alter ego del Segretario Pd. La frattura fra Palazzo Chigi e il Nazareno è ormai evidente, come è chiara la posta in gioco: Matteo gioca per la leadership e per questo è disposto a sconfessare il Governo partorito nel suo stesso seno; Paolo vuole salvaguardare il ruolo delle istituzioni e la stabilità economica del paese. Sulla stessa linea c'è il Colle, preoccupato per il fatto che l'ingerenza del Parlamento sulla successione a Bankitalia costituisca un pericoloso "precedente" sulla nomina, che spetta, per l'appunto, al Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei Minstri. Mattarella dunque è pronto ad offrire ancora una volta uno scudo al Governo contro le spallate del Segretario Pd. Il quale rischia di ritrovarsi praticamente isolato, sia all'interno del suo partito che sul versante istituzionale. L'asse che si consolida in queste ore fra i massimi vertici dello Stato quindi ha due obiettivi fondamentali, che vanno oltre il mero rispetto della prassi legislativa: non si vuole destabilizzare l'autorevolezza del Governo ed il sistema di vigilanza bancaria italiano in vista della prossima manovra finanziaria e delle scadenze elettorali; non si vuole consentire alle intemperanze del segretario Pd di creare un pericoloso clima di confusione istituzionale, in cui, ancora una volta, il profilo del premier risulti mortificato e depotenziato in un delicato momento di transizione. Per questo, la mossa di Renzi rischia stavolta di ritorcerglisi contro con l'effetto contrario a quello sperato: non è da escludersi infatti che, proprio per mandare un chiaro segnale di indipendenza dal diktat della politica, Gentiloni decida di optare proprio per la riconferma del titolare di Bankitalia per altri 6 anni di mandato.