Omicidio Chiara Poggi, Sempio: "Capisco la difesa di Stasi, ma ora basta"
L'uomo è indagato per concorso per l'assassinio di Garlasco: "Questa vicenda va su due fronti: quello legale e poi c'è quello mediatico, che al momento ha il peso preponderante"

"Basta, adesso basta": suonano quasi come un appello le parole di Andrea Sempio, indagato in concorso per l'assassinio di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007, omicidio per cui è stato condannato in via definitiva a 16 anni Alberto Stasi, all'epoca fidanzato della ventiseienne. "Comprendo i tentativi che possa fare la sua difesa ancora negli anni, però arriva un punto in cui dico basta", ha spiegato, intervistato da Storie italiane su Rai 1.
"Ti crolla la realtà e non sai più cosa ti sta succedendo"
"Ci risiamo di nuovo, siamo di nuovo dentro", ha pensato quando è andato in caserma a ritirare un atto giudiziario e ha scoperto che si trattava di nuovo dell'omicidio di Chiara, la sorella del suo amico Marco Poggi, per cui era già stato indagato e archiviato fra il 2016 e il 2017. "Questa vicenda - ha osservato - va su due fronti: quello legale, e va bene, e poi c'è quello mediatico, che al momento ha il peso preponderante perché è una cosa che cade non solo sulle mie spalle ma su di me, sulle persone che mi sono vicine, dagli amici alla famiglia, ai colleghi di lavoro. E' un disastro che schiaccia tutti". "Ti crolla la realtà e non sai più cosa ti sta succedendo", ha cercato di spiegare. Per alcuni giorni non è andato al lavoro. Poi c'è tornato "perché se stai a casa da un lato ti dicono che ti stai nascondendo. Se non esci e non fai la vita di prima è sospetto - ha detto -, come se tu potessi fare la vita di prima. L'altra cosa è che devi in qualche modo tenerti occupato o la testa va sempre lì".
Ma intanto Andrea Sempio cerca di chiarire i dubbi e spiegare che lui il mattino in cui Chiara è stata uccisa era a Vigevano e lo scontrino del parcheggio che lo conferma lo ha dato quando gli è stato chiesto. Di scarpe portava "o stivaletti o scarpe da ginnastica del mercato", non certo quelle marca Frau che avrebbero lasciato una traccia identificata con il luminol, anzi "è una marca che non avevo mai conosciuto finché non è emersa in questa storia". E poi sulle tre telefonate fatte a casa Poggi ha ribadito che la prima l'ha fatta per sbaglio perché voleva chiamare Marco e quindi ha messo giù e l'ha cercato sul cellulare. Quando il cellulare nemmeno squillava perché Marco era in montagna ha chiamato casa e Chiara gli ha detto che il fratello non c'era. E nell'ultima telefonata ha chiesto solo quando sarebbe tornato.
"Se avessi aggredito Chiara ci sarebbe tanto Dna"
"Chiara l'ho incontrata qualche volta lì a casa ma probabilmente meno di una decina di volte in tutta la mia vita" ma "usavo gli stessi oggetti che usava lei, in camera di lei perché spesso andavamo a giocare". E quindi non si stupisce che possa esserci il suo dna nell'abitazione. Però "la cosa che mi dà da pensare è: ci fosse davvero il mio Dna, e pensi che sia finito lì durante un'aggressione, non dovresti averne una parte minima parte che si sa e non si sa e si rileva appena, dovreste averne tanto". Marco gli è stato vicino. "Ci siamo sentiti, ci siamo sentiti subito. Il primo giorno subito lui mi ha chiamato. Nulla, ci diciamo le solite cose, di farci forza che piano piano - ha concluso - passerà anche questa".