[L'inchiesta] Ecco come nasce una fake news: il business globale delle “bufale” online prodotto nelle fabbriche
Secondo l’Oxford Internet Institute le campagne organizzate di disinformazione sui social coinvolgono ben 48 paesi, mentre solo un anno fa erano 28. Facebook ha ammesso di aver rimosso dalla piattaforma più di seicentocinquanta nuovi profili falsi solo nelle ultime ore per azioni specifiche di “disturbo” orientate alle elezioni americane di midterm in America in programma a novembre. Allo stesso tempo Twitter ha sospeso circa trecento account (con origine in Iran) per lo stesso motivo
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Le fake news restano il peggiore nemico di Facebook & co. e nemmeno le rassicurazioni offerte al Congresso USA dal braccio destro di Mark Zuckerberg, Sheryll Sandberg, riescono a tranquillizzare i mercati. Nel giorno dell’audizione al Congresso americano, Facebook ha perso in borsa l’1,19%.
Guerra aperta alle fake news
"Stiamo fermando la diffusione delle fake news". Ha assicurato al Congresso Usa la stessa Sandberg, seguita dal numero uno di Twitter, Jack Dorsey. Ma è una battaglia durissima perché, come spiegano gli stessi vertici di Facebook e Twitter, non è sempre facile individuare chi vuole utilizzare le piattaforme social per scatenare il caos, anche se è stata raddoppiata l'identificazione degli account sospetti. Mark Zuckerberg in persona ha spiegato che servirà "un sforzo congiunto tra i settori pubblico e privato per proteggere la democrazia americana dalle influenze straniere".
I numeri dell’offensiva
Produrre fake news è diventato un vero e proprio lavoro specialistico, oltre che un business. Le fabbriche di bufale sono sempre più diffuse in tutto il pianeta. Secondo l’Oxford Internet Institute le campagne organizzate di disinformazione sui social coinvolgono ben 48 paesi, mentre solo un anno fa erano 28. Facebook ha ammesso di aver rimosso dalla piattaforma più di seicentocinquanta nuovi profili falsi solo nelle ultime ore per azioni specifiche di “disturbo” orientate alle elezioni americane di midterm in America in programma a novembre. Allo stesso tempo Twitter ha sospeso circa trecento account (con origine in Iran) per lo stesso motivo. Resta, però, aperto un quesito importante: dobbiamo tutelare sempre e comunque la libertà di espressione o dobbiamo tutelarci sempre e comunque dalla disinformazione?Facebook ha risposto così, in una conversazione su Twitter, al giornalista della Cnn Oliver Darcy: “Cancellare le fake news potrebbe essere contrario ai principi base della libertà d’espressione”. Dunque la sfida non è proprio cancellarle, ma piuttosto limitarle o arginarle e renderle meno visibili agli utenti, attraverso specifici algoritmi.
Come nasce una fake news
La tecnica è sempre la stessa: si prende spunto da dati reali, per dare credibilità alla fonte, e li si collega ad un tema che faccia breccia e scalpore sui lettori. I dati vengono, poi, “ingigantiti” e “gonfiati” seguendo una precisa escalation nei toni e nel contenuto della notizia. Quando rende una fake news? Circa mille e cinquecento euro ogni 500 mila visualizzazioni. In media è possibile raggiungere l’obiettivo in un paio di giorni e questo per ogni singola bufala. I soldi vengono fuori dalla pubblicità inserita sul post pubblicato on-line.
La bufala contro i motori diesel
Grazie alle immatricolazioni di auto diesel, l’Europa ha visto ridurre il CO2 (il gas che danneggia il clima del pianeta) dai 159 gr/km del 2007 ai 118 del 2017. Le norme degli ultimi anni hanno contribuito a far scendere notevolmente le emissioni inquinanti. Non è così, invece, per la fake news creata ad arte sfruttando la scandalo delle centraline diesel taroccate. Scandalo che ha riguardato, però, solo alcuni costruttori e un periodo di tempo limitato negli anni. Secondo la fake news, invece, gli automobilisti europei dall'inizio del secolo avrebbero bruciato 150 miliardi di carburante in più a causa del dieselgate, ed emesso 264 milioni di tonnellate di CO2 in più.