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La clamorosa evasione del boss italiano in Uruguay. Caccia al “Re della cocaina di Milano”

Morabito sarebbe riuscito a fuggire insieme ad altri tre detenuti dalla terrazza del carcere ubicato nel pieno centro della capitale uruguayana

Claudio Cordovadi Claudio Cordova   
Morabito e la sua villa a Montevideo
Morabito e la sua villa a Montevideo

“El rey de la cocaina en Milàn”. Così il giornale “El Observador” definisce Rocco Morabito nel lanciare la clamorosa notizia: il boss della 'ndrangheta sarebbe evaso dal carcere "Central" di Montevideo in Uruguay. Un appellativo molto calzante, dato che dalla Locride, Morabito sarebbe entrato prepotentemente nei salotti milanesi, prima di trascorrere gran parte della sua vita in America Latina.

L'informazione della rocambolesca evasione sarebbe stata confermata dal ministero dell'Interno uruguaiano. Morabito, condannato in contumacia dalla magistratura italiana a 30 anni di carcere per traffico di droga, era in attesa di essere trasferito nel nostro Paese dopo che la giustizia locale aveva concesso l'estradizione lo scorso mese di marzo. Morabito sarebbe riuscito a fuggire insieme ad altri tre detenuti dalla terrazza del carcere ubicato nel pieno centro della capitale.

L'uomo, 53 anni, era stato arrestato nel settembre del 2017 in un hotel di Montevideo dopo 23 anni di latitanza: si celava dietro la falsa identità di un imprenditore brasiliano di 49 anni, di nome Francisco Cappeletto. Originario di Africo, in provincia di Reggio Calabria, feudo della cosca di Peppe, “u Tiradrittu”, Morabito al momento della cattura era uno dei dieci mafiosi più ricercati in Italia, immediatamente dietro, per esempio, alla primula rossa di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro.

La cattura era avvenuta in un hotel di Montevideo, insieme alla moglie, una 54enne angolana con passaporto portoghese: Morabito risiedeva da 13 anni nella vicina località balneare di Punta del Este sotto il nome di Francisco Cappeletto, una falsa identità brasiliana che gli aveva permesso di ottenere una carta d'identità uruguayana. Si sospettava che fosse fuggito in Brasile ma le indagini in Uruguay erano scattate dopo che aveva iscritto una figlia a scuola sotto il suo vero nome. A Morabito furono confiscati una pistola, un coltello, due autovetture, 13 cellulari, 12 carte di credito e assegni in dollari.

"'U Tamunga", come era soprannominato dalla storpiatura del nome dell'indistruttibile fuoristrada tedesco Dkw Munga, a 25 anni aveva lasciato l'Aspromonte per Milano dove era entrato nel giro dei giovani rampanti del centro per curare lo spaccio di cocaina. Morabito è accusato di aver fatto parte tra il 1988 e il 1994 di un gruppo del narcotraffico, nel quale organizzava il trasporto della droga in Italia e la distribuzione a Milano. Il ministero degli Interni del paese uruguaiano cita inoltre i casi del traffico nel 1993 di 32 kg di cocaina in Italia, operazione fallita a causa della cattura in Francia di un trafficante, e di 592 kg nel 1992 dal Brasile all'Italia, droga confiscata in quest'ultimo Paese. Da ultimo, un'operazione l'anno successivo con 630 kg di cocaina.

Morabito, dunque, era in attesa di essere rimpatriato in Italia, dove lo attende una condanna a 30 anni di reclusione per associazione mafiosa e traffico di droga, arrivata dopo che agenti sotto copertura lo avevano sorpreso a pagare 13 miliardi di lire per un carico di droga di quasi una tonnellata. Negli scorsi mesi, i magistrati del Tribunale di Montevideo avevano negato la misura alternativa al carcere nei confronti del boss di Africo Nuovo, Il boss, pertanto, era rimasto in arresto preventivo e si attendeva la conclusione dell'iter per l'estradizione già autorizzata dalle autorità dell'Uruguay.

L’Autorità Giudiziaria aveva infatti respinto l'argomento presentato dagli avvocati di Morabito e appoggiato dal pm Luis Pacheco, secondo i quali l'italiano non poteva essere estradato giacché la giustizia uruguayana non riconosce la validità dei processi in contumacia: "La possibilità di condizionare la consegna (di Morabito) all'adempimento di determinate esigenze non è accettabile, giacché il trattato che abbiamo firmato con Italia non lo prevede", aveva scritto il, sottolineando che l'Uruguay si è impegnato ad estradare le persone già condannate dai tribunali italiani, una volta che sia trasmessa l'originale o una copia della sentenza.

Ora, però, un nuovo capitolo nella vita da romanzo di Morabito. La fuga, unitamente ad altri tre detenuti: uno di essi era detenuto per falsificazione di documenti e furto, un altro aspettava l’estradizione in Brasile, mentre il quarto era in carcere su richiesta dell’Argentina con l’accusa di omicidio.

Claudio Cordovadi Claudio Cordova   
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