[La storia] Emmanuel: "Fuggito dalla guerra, ho trovato fame e razzismo. Vi racconto il mio viaggio per arrivare in Italia"
Arrivato a Lampedusa da pochi giorni il giovane camerunense racconta il suo viaggio a Tiscali News. "Ho visto molta gente morire, un mio amico abbandonato nel deserto con il figlio di due anni, lo ha sepolto lì"
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“Vengo dal Camerun, ho lasciato il mio paese sei anni fa perché c’è la guerra e io non volevo combattere. Sono andato in Algeria, dopo l'Algeria in Tunisia, poi di nuovo in Algeria, poi in Marocco e infine in Tunisia”, racconta Emmanuel, seduto davanti al molo Favaloro. Era per strada sotto il sole cocente cercando qualcuno che potesse scambiare le sue banconote tunisine. “A Lampedusa nessuno può cambiare questi soldi”, gli dice un lampedusano seduto nel tavolino accanto. Emmanuel è arrivato sabato scorso a Lampedusa dopo tre giorni di viaggio in mare. “Siamo partiti da Sfax, durante il viaggio ci siamo persi, eravamo 50 sulla barca, c’erano tante donne e bambini. Fortunatamente siamo arrivati tutti vivi”, spiega.
Il viaggio dura da sei anni
Ma l’attraversamento del Mediterraneo è stato solo “l’ultimo sforzo” di un viaggio omerico iniziato sei anni fa. “Quando sono andato via dal Camerun avevo quattordici anni, sono stato due anni in Algeria dove lavoravo, ho fatto tanti lavori, fino a quando non sono stato messo in un campo di detenzione per due mesi e poi respinto fuori dal paese. Allora sono andato in Marocco, lì sono rimasto un anno e dopo il Marocco mi sono spostato in Tunisia. Sapevo che da lì sarei potuto arrivare in Europa. Ho provato quattro volte ad arrivare in Italia, questa è la quinta. La seconda volta che c’ho provato la guardia costiera tunisina mi ha preso e portato indietro. Questa volta è stato più semplice, la guardia costiera non ci ha fermati e abbiamo pagato di meno per il viaggio. Io ho speso 1500 euro per arrivare qui”.
Emmanuel racconta che la cosa più brutta che abbia mai vissuto durante il suo viaggio è il razzismo: “La cosa più terribile che ho provato sulla mia pelle è il razzismo, Tunisia, Algeria, Marocco sono paesi molto razzisti, ma il paese più terribile è stato l’Algeria. Anche se dopo febbraio anche la tunisia è diventata invivibile per noi, dopo che il presidente Saied ha detto che noi stavamo andando in tunisia per cambiare la demografia del paese, le persone hanno cominciato a picchiarci, a buttarci fuori dalle case, la polizia ha iniziato ad arrestarci anche solo se camminavamo per strada, hanno iniziato a deportarci nel deserto.
"Il novanta percento delle persone nere che vivono in Tunisia sono senza casa. Un mio amico è stato deportato con il figlio di due anni nel deserto tra Tunisia e Libia ha dovuto seppellire il figlio nella sabbia. Non c’era cibo, non c’era acqua. Il confine tra Tunisia e Libia è molto pericoloso, la Libia ti respinge verso la Tunisia e la Tunisia verso la Libia, non c’è via d’uscita. Quando ho saputo che era morto il figlio del mio amico ero molto triste. Ho visto tantissime persone morire, da quando ho cinque anni vedo persone che muoiono continuamente, è la nostra vita, è così. Anche in mare, a dicembre ho visto tanti amici morire”.
Emmanuel, dice, non poteva sapere che il viaggio sarebbe stato così faticoso. “Io stavo semplicemente scappando dalla guerra” ma soprattutto non poteva immaginare quello che avrebbe trovato una volta arrivato in Italia. “Lampedusa non è un posto umano, non ho vestiti, non ho scarpe, non ho niente, anche mangiare qui è un problema, oggi non c’era cibo. Non mangiamo da ieri sera. Quando sono venute Giorgia Meloni e Ursula Von der Leyen dentro l’hotspot le persone urlavano perché avevano fame, stavano aspettando da sei ore sotto il sole di poter essere trasferite. Nessuno qui ci dice niente, sappiamo solo che prima o poi verremo trasferiti nel resto d'Italia".
Ma Emmanuel non vuole restare in Italia, vorrebbe andare in un altro paese. Ha paura dei discorsi di Giorgia Meloni “l’ho sentita parlare, lei è molto dura con noi, non ci vuole, non vuole che stiamo qui. Anche se gli italiani non la pensano come lei, lei è quella che decide. Sono spaventato dalla vostra prima ministra, non so cosa possa accaderci domani”. Per ora Emmanuel spera solo di trovare un posto sicuro dove vivere, vorrebbe studiare - dice - e vivere meglio. “L’unica cosa che voglio è vivere in pace, non mi interessa avere tanti soldi ma vorrei avere pace. Papà è morto quando avevo 11 anni, ma in Camerun adesso ho due fratelli, una sorella e mia mamma che mi manca tanto. Non la vedo da sei anni, la amo”, conclude, commosso, Emmanuel. Come lui tanti e tante sono arrivate nelle ultime settimane a Lampedusa. Scalzi, in mano una busta di plastica, dentro una maglietta, i documenti, qualche foto, gli occhi stanchi ma pieni di speranza, nell’attesa di essere liberi di ricostruirsi una vita.