Diario da Milano: no auto, negozi chiusi eppure lo smog sale
Milano, 19 mar. (askanews) - Se le immagini registrate dai satelliti hanno indicato un progressivo, esteso e significativo calo dell'inquinamento atmosferico, che va di pari passo ai blocchi imposti sempre più su scala planetaria dalle misure di contenimento del Coronavirus, negli ultimi quattro giorni l'aria che si respira in Lombardia segna al contrario un peggioramento. Nella regione che più di ogni altra in Occidente ha imposto i provvedimenti più rigidi per fronteggiare l'espansione del Covid-19 e che quindi registra su tutto il suo territorio una pressoché totale chiusura delle attività commerciali e industriali e una ridottissima circolazione di mezzi per le strade, gli inquinanti stanno tornando a salire, a partire dalle polveri sottili. Secondo il bollettino quotidiano sulla qualità dell'aria stilato dall'Azienda regionale per la protezione dell'ambiente della Lombardia (Arpa), in questi giorni di stop a persone e merci l'indice medio (IQA) non è mai rientrato nei parametri "molto buono" né "buono" ma ha oscillato tra "sufficiente" e "scarso", e ieri, le quattro centraline attive in una Milano praticamente deserta e immobile, hanno registrato valori di Pm10 tra i 46 e i 53 microgrammi per metro cubo e cioè al limite o sopra la soglia massima di 50.
Peggio ancora nell'hinterland, dove i valori di particolato sono arrivati a 58 a Pioltello-Limito e 60 a Magenta.Nella provincia di Milano ieri la media è stata per il secondo giorno consecutivo oltre la soglia consentita, con 50,1 microgrammi per metro cubo, ma ancora peggio hanno fatto registrare la provincia di Lodi (59,7 di media) e quella di Cremona (59,8). Le provincie di Mantova e Pavia si sono fermate poco prima del limite, con una media rispettivamente di 49,4 e 48,2 microgrammi .Si tratta di numeri che non spaventano più di tanto i lombardi, abituati loro malgrado a convivere per lunghi periodi nei mesi invernali con un Pm10 spesso oltre il doppio della soglia, ma che certo "stupiscono" perché registrati proprio in questo periodo di fermo del lavoro e "autoreclusione" in casa. Tanto per dirne una, il picco massimo di Pm10, 63 microgrammi per metro cubo, è stato registrato ieri anche a Codogno, il comune del Lodigiano in isolamento coatto dal 21 febbraio scorso, quasi un mese fa. Che cosa sta succedendo? Secondo gli esperti dell'Azienda regionale per la protezione dell'ambiente della Lombardia, la crescita delle concentrazioni di PM10 registrata in questi giorni da molte centraline della pianura, è dovuta principalmente alle emissioni dei settori agricolo e zootecnico. In attesa dei risultati delle analisi più approfondite, per i tecnici dell'Arpa l'incremento di Pm10 è causato "dalla formazione di particolato secondario, in particolare inorganico, una componente legata alle emissioni di ossidi di azoto (che seppure ridotte rispetto al normale sono ancora presenti in questi giorni, provenienti da una pluralità di fonti) e di ammoniaca", che si leva appunto dagli allevamenti intensivi e dalla concimazione massiva nelle aree agricole. "Una riprova è il contestuale aumento di Pm2.5 e la presenza di NO2 che in qualche stazione in alcune ore del giorno ha superato anche i 100 microgrammi al metrocubo" proseguono gli esperti, sottolineando che queste reazioni e il contestuale ristagno degli inquinanti sono favorite in questi ultimi giorni dalle condizioni meteo, con l'anticiclone che ha portato tempo stabile, ventilazione debole o assente e precipitazioni pressoché nulle. La responsabilità degli allevamenti intensivi (animali e reflui) nell'inquinamento da "polveri fini" era stata evidenziata l'anno scorso da uno studio dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). A questo si aggiunga che gli impianti di riscaldamento sono ancora accesi e tra le persone costrette a casa c'è chi ancora, soprattutto nelle valli, usa stufe a legna e caminetti.In estrema e grossolana sintesi dunque, in assenza di condizioni metereologiche favorevoli alla loro dispersione, bastano questi elementi sommati tra loro per riempire di inquinanti la "terribile" conca della Pianura Padana, senza bisogno dell'apporto nocivo del traffico e delle industrie.