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[Esclusiva] Siamo entrati dentro il tunnel della Tav: ecco cosa abbiamo visto - Il reportage

Se i lavori verranno terminati sarà il tunnel più lungo del mondo: supererà per cinquecento metri il Brennero. Dal cantiere francese a quello italiano

Guido Ruotolodi Guido Ruotolo   
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Il termometro dell’iPhone segna meno tre gradi, alle cinque del mattino. Siamo nel cantiere Saint Martin La Porte, territorio francese. È qui che la grande talpa sta scavando nella roccia. Quindici metri al giorno. Il primo turno della mattina dei lavoratori della Tav sta per iniziare. Minatori e operai si spogliano nel container bipiano all’esterno della galleria. Casco, gilet arancione, scarponi da lavoro. Salgono su jeep e Van, che partono direzione centro della montagna.  Quasi tre chilometri di “discenderia”, una galleria di collegamento tra l’esterno e i due tunnel dove passeranno i convogli diretti a Lione o a Torino.

In tutto saranno scavati 162 chilometri nella montagna, e ad oggi sono state scavate il 15% delle gallerie. Due “canne” parallele di 45 chilometri in territorio francese, due di 12.5 chilometri in Italia. E poi le discenderie e tre bypass di collegamento tra le due gallerie ogni chilometro. Sono corridoi di fuga da una all’altra galleria in caso di emergenza.

Naturalmente sarà il tunnel più lungo del mondo (per cinquecento metri supererà il Brennero) solo se i lavori andranno avanti (secondo il calendario, il primo treno dovrebbe attraversare la galleria nel 2030). E nonostante il forzato blocco dei lavori nei cantieri italiani, essendo terminata nel maggio scorso la discenderia di 7 chilometri, saremmo ancora in tempo per rispettare il cronoprogramma dei lavori.

Ma i tecnici indicati dal Cinque Stelle Toninelli, ministro per le Infrastrutture, hanno approvato a maggioranza una relazione sui costi/benefici che boccia l’opera. E se i Cinque Stelle si dichiarano a maggioranza contro la Tav, la Lega invece si schiera per l’opera.

Il clima di incertezza politica si respira anche nella galleria. Un minatore calabrese lavora nel cantiere francese e si dice preoccupato per le sorti dell’opera. Anche gli “italiani” che lavorano nel cantiere di località La Maddalena di Chiomonte sono preoccupati.

Che differenza tra i due cantieri. Quello francese sembra un set di un film del futuro post-nucleare. La discenderia, un diametro di dieci metri. Le pareti sono blocchi di cemento armato prestampato. Il pavimento presenta al centro un canaletto. Ai lati, tubi dell’acqua e poi l’illuminazione e sul soffitto un tapis roulant che trasporta all’esterno le rocce frantumate dalla talpa.

Ci sono un paio di container nei sette chilometri e passa di galleria dove, una volta ultimata, sfrecceranno i treni. Sembra l’interno di un tram, con tante poltroncine. Se dovesse succedere un “incidente”, come una presenza di gas o un incendio, la squadra di minatori raggiungerebbe il container, si chiuderebbe dentro e avrebbe un'autonomia di ossigeno di 24 ore in attesa dei soccorsi. La talpa, la fresa. È ferma perché si stanno facendo dei sondaggi della roccia. Ogni due, tre giorni si deve capire se vi sono variazioni significative e nuove presenze di materiali nella composizione della roccia.

Il versante italiano è un’altra dimensione. Intanto il perimetro del cantiere è presidiato dai militari, gli alpini, e poi ci sono mezzi blindati a presidio delle forze di polizia. Strano effetto la militarizzazione di un luogo di lavoro. È la prima volta che mi occupo di Tav. Sapevo delle preoccupazioni delle popolazioni locali della Val di Susa. Il timore dell’amianto. E poi le analisi, le previsioni sui costi e sull’inutilità dell’opera.

Di certo c’è che in questi anni sono state effettuate 62mila rilevazioni in cui sino stati monitorati 135 parametri (dall’amianto al radon) controllati attraverso 45 centraline collocate nel raggio di 15 chilometri dal cantiere. E i risultati sono stati positivi, nel senso che non vi sono tracce di sostanze, minerali o gas pericolosi per la salute.

Di tutto il resto si discuterà fino alla fine dei secoli. Colpisce però perché di tutte le altre gallerie (7) scavate o in corso di realizzazione nei paesi dell’arco alpino, solo questa sia l’oggetto di aspre polemiche, di scontri verbali e non solo.
«In Italia non si è scavato un centimetro di galleria». La politica è anche l’arte del paradosso. Per sostenere la posizione dell’opera inutile e da abbandonare, i Cinque Stelle sono arrivati a negare l’evidenza. La discenderia di sette chilometri del cantiere di Chiomonte esiste, è stata realizzata, ultimata nel maggio scorso.

Ho percorso due chilometri e ottocento metri fino a raggiungere le vasche di raccolta delle acque. Il diametro dello scavo è di sei metri. La roccia è nuda, nessun rivestimento di cemento armato. Nei fatti attraversiamo un cilindro di roccia. Quando scendi dalla jeep devi fare attenzione. E per uscire di nuovo all’esterno devi andare a retromarcia.

Le discenderie sono fondamentali. Quando le realizzi ti aiutano a capire di che materiale e consistenza ha la roccia. Quando poi devi scavare i tronchi principali delle gallerie ferroviarie ti servono per trasportare i mezzi meccanici, la talpa, i lavoratori, gli allestimenti. E quando i treni percorrono i tunnel, le discenderie servono per i mezzi di manutenzione e di evacuazione nel caso di una emergenza o di un disastro. Se dovesse chiudere la Tav, i cantieri dovranno rimanere aperti altri sette anni per mettere in sicurezza la montagna. Per tappare il buco, insomma.

Guido Ruotolodi Guido Ruotolo   
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