Sul Ddl Zan il mondo cattolico è diviso: difficoltà di fronte a genere e sessualità
Si chiede un testo rimodulato nella forma, ma è evidente una difficoltà della Chiesa ad esprimersi sulla sessualità e una debolezza della politica.

Il ddl Zan dopo che le domande della società si sono incrociate con quelle della Chiesa cattolica è diventato una sorta di confronto dal quale tutte le parti potrebbero uscirne sconfitte o rammaricate per quello che di meglio poteva farsi e non si è fatto. Mancano finora indicazioni convincenti dei partiti contenti di sterili litigi su qualsiasi materia. Anche la Chiesa italiana si muove a compartimenti. Politica e mondi della fede faticano a muoversi a un livello alto richiesto dalla dignità umana la quale chiede di essere riconosciuta, sancita, protetta specialmente in un tempo di crisi diffuse, stanchezze e disillusioni ideali. Una materia delicata e importante sul piano della concezione dell’uomo quale viene proposta dal ddl Zan meritava, forse, miglior sensibilità culturale senza ridurlo a motivo di contesa ideologica. Non era scontato né facile per la Chiesa cattolica, andare oltre il moralismo tradizionale prevalente sui temi della sessualità e dell’uguaglianza di genere richiesto da questo ddl. Un testo frutto di un laborioso confronto in Parlamento, prima di essere approvato senza peraltro fugare ombre e riserve formali sia nel mondo laico che in quello dei credenti, cattolici in particolare.
Il disagio
La materia regolamentata dal ddl ha sempre suscitato imbarazzo, difficoltà e rigidità piuttosto che una visione serena e un consenso comune superando antichi steccati. Ogni testo giuridico innovativo sulla sessualità, matrimonio e famiglia ha prodotto resistenze e rifiuti prima di diventare patrimonio culturale condiviso. In materia simile è’ accaduto anche nella Chiesa scossa, dall’esortazione postsinodale di papa Francesco Amoris Laetitia. Un testo che segna una pietra miliare nell’evoluzione cattolica, ma che ha suscitato fiera resistenza pubblica perfino nel collegio cardinalizio. Nessuna meraviglia, pertanto, che il ddl Zan potesse scatenare un dibattito nazionale a dir poco bellicoso, fino a rischiare di scuotere i rapporti Stato-Chiesa sanciti dal rinnovato Concordato. Dibattito destinato a restare sotto traccia se la stampa non avesse rivelato la famosa Nota vaticana. Le obiezioni al linguaggio usato dal disegno di legge a tutela delle differenze LGBT nascondono, in realtà, un disagio interiore vero nella Chiesa a fronte di una visione liberale sul sesso e sul genere. Pietra di inciampo dentro una Chiesa alle prese con il drammatico disincanto delle vicende traumatiche della pedofilia ecclesiastica. Non è stato quindi un caso che il ddl Zan abbia rivelato un disagio della Chiesa a trattare l’ambito della sessualità con più scioltezza rispetto al moralismo del passato. I fatti sono noti. Le stesse autorità ecclesiastiche italiane e vaticane, chiamate in causa, hanno chiarito di voler rispettare la laicità dello Stato e di approvare il ddl Zan in una formulazione più chiara di alcune sue parti.
Il dibattito
Il dibattito che ha accompagnato il ddl Zan dai suoi inizi ha confermato una certa fatica del mondo cattolico ad assimilare un’antropologia cristiana più libera, grazie al concilio Vaticano II, in materia sessuale e familiare. Nel 2019 la Libreria Editrice Vaticana aveva pubblicato un ampio itinerario di antropologia biblica (328 pagine) elaborato dalla Pontificia Commissione biblica che giustificava una nuova coscienza cristiana di fronte alla domanda millenaria di “che cosa sia l’uomo”. Indirizzo culturale rimasto finora nel cerchio del dibattito teologico dove, finalmente, si comincia a fare seriamente i conti con la morale sessuale ereditata e non rispondente al presente.
Il ddl Zan è un banco di verifica su una materia sempre considerata delicata dai cattolici. Punto di riferimento avanzato sui temi sociali della giustizia, del lavoro, dell’ambiente, della solidarietà, la Chiesa appare di un impacciato moralismo su identità di genere e sessualità.
“Come è possibile – si chiede il teologo Andrea Grillo - che solo sul tema della omosessualità dobbiamo sentirci vincolati da testi indisponibili, su cui non abbiamo alcun potere, neppure di migliorarne una ermeneutica tragicamente compromessa da pregiudizi culturali, legittimi ma sicuramente non definitivi?”.
Parolin in sintonia con Draghi
“Innanzitutto – ha dichiarato a Vatican news il cardinale Pietro Parolin in sintonia con Draghi - vorrei precisare che non è stato in alcun modo chiesto di bloccare la legge. Siamo contro qualsiasi atteggiamento o gesto di intolleranza o di odio verso le persone a motivo del loro orientamento sessuale, come pure della loro appartenenza etnica o del loro credo. La nostra preoccupazione riguarda i problemi interpretativi che potrebbero derivare nel caso fosse adottato un testo con contenuti vaghi e incerti, che finirebbe per spostare al momento giudiziario la definizione di ciò che è reato e ciò che non lo è”. Si vorrebbe evitare che si cada nel reato di opinione che non può essere previsto in uno stato democratico. Anche nel ddl Zan deve perciò “essere ben determinato ciò che è consentito e ciò che è vietato fare”.
Una posizione favorevole al dl Zan, nonostante alcune riserve sull’insufficiente linguaggio usato, è stata espressa senza giri di parole dal Coordinamento delle Teologhe Italiane (CTI). In una lettera aperta sul ddl Zan apparsa nel Portale su fede e omosessualità, il Consiglio di Presidenza fresco di nomina, ha invitato a sottoscrivere l’appello ai senatori italiani con cui si chiede “di approvare senza modifiche il ddl Zan contro l’omotransfobia”. L’appello sottoscritto sarà consegnato a tutte le senatrici e i senatori della Repubblica Italiana.
La lettera
La Lettera spiega le motivazioni dell’adesione maturata senza astrusi ragionamenti. Infatti a parere delle teologhe “si impone subito una domanda inquietante: vi sembra il caso di mettere i puntini sulle i, quando ci sono di mezzo storie insultate, disprezzate e violentate?... è scaduto il tempo per gli indugi: sono assolutamente insopportabili e inaccettabili le cattiverie, le chiusure, gli insulti che feriscono le sorelle e i fratelli omosessuali o che affrontano difficili e delicati percorsi psicologici e sanitari per sintonizzarsi con sé stessi e con la loro esperienza intima. È ora di scegliere da che parte stare”. E in questa discussione così difficile “le parole però vanno trovate, magari imperfette e fragili ma chiare nel significato di comunione con le sorelle e i fratelli omosessuali e transessuali che ora hanno bisogno di tutta la solidarietà possibile”.
L'educazione alle differenze
L’omotransfobia si evita così, con un’educazione alle differenze. Nel frattempo, mentre questa cultura delle differenze è affaticata o impedita da mille ostacoli, “non c’è dubbio che ogni resistenza frontale a questa proposta di legge a firma Zan si riveli da sé come una forma di inospitalità verso le vite. Per questo, essa non può che risuonare antievangelica”.
Già dal mese di agosto dello scorso anno anche l’associazione “Viandanti” aveva assicurato che dalla lettura del testo del ddl Zan “non sembra emergere la fattispecie di un reato di opinione” intravisto, invece, da moltissime associazioni laicali di cattolici moderati sul fronte politico.