[L'analisi] Le curve di Salvini sono piene di brave persone, ma la verità inconfutabile è un'altra
In questo Guatemala vestito da Armani che sembra il nostro Paese, facciamo una gran fatica a capire la sottile linea di divisione fra realtà e fantasia
Le brave persone sono dappertutto. Anche in curva, come ha affermato Salvini. Probabilmente non sono quelle più consigliate per farsi un selfie con il ministro dell’Interno, che se ne sarebbe pure vantato con i giornalisti: «Indagato in mezzo agli indagati». In questo Guatemala vestito da Armani che a volte sembra il nostro Paese, facciamo sempre una gran fatica a capire la sottile linea di divisione fra la realtà e la fantasia, e chissà se davvero Salvini ha detto quelle cose. Però le immagini complici e sorridenti quelle non sono inventate, e pure l’uscita sua che «le curve sono piene di brave persone» è registrata.
Magari Salvini dà troppo retta a Report per cui solo la curva della Juventus è infiltrata dalla ‘ndrangheta. Purtroppo non è così. La Juve è messa davvero male con il tifo, questa è una verità inconfutabile. Ma gli altri non stanno tanto meglio. Luca Lucci, 37 anni passati tra le curve, le feste alcoliche e la galera, il tifoso del Milan che sorrideva felice accanto a Salvini, è un ultrà del Diavolo sin da ragazzino, delfino superprotetto di Giancarlo Sandokan Lombardi, l’ex ras del tifo rossonero, coinvolto in un’indagine per tentata estorsione ai danni della società di via Aldo Rossi, e accostato in alcuni atti giudiziari a famiglie calabresi legate alla criminalità. Non proprio uno stinco di santo. Luca Lucci invece si rese protagonista nel 2009 di una gravissima aggressione al Meazza durante il derby, colpendo l’interista Virginio Motta che perse un occhio per quella botta, prima di cadere in depressione e suicidarsi tre anni dopo. Condannato in primo grado a 4 anni e mezzo, Lucci tornò allo stadio accolto da un striscione dei suoi bravi ragazzi: «Grande Luca, amico vero, bentornato nostro condottiero». Era talmente assurdo quell’attestato di stima che i cronisti pensarono fosse per Luca Antonini, che ritornava al Meazza con la maglia del Genoa dopo essere stato per più di dieci anni una bandiera del Milan. Ingenui. Non gliene fregava niente a nessuno di Antonini.
Rimessosi in pista, Lucci, pupillo del top manager rossonero Christian Abbiati, che non si è minimamente vergognato di scrivere una accorata lettera in sua difesa dopo una sua sospensione per Daspo, sostenendo come qualcun’altro che in fondo è un gran bravo ragazzo, finì di nuovo nelle grane per una accesa contestazione ai giocatori del Milan, che secondo lui facevano le notti bravi. Poi è arrivato l’arresto per detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti in una retata nella quale è finito dentro anche Massimo Mandelli, ex capo degli steward volontari dell’Inter che secondo l’accusa si sarebbe messo d’accordo per il trasporto di una imponente partita di droga. Come si intuisce, di fronte agli affari, i bravi ragazzi non hanno barriere. D’altro canto, il mentore di Luca Lucci, Sandokan Lombardi, ha sempre tenuto rapporti molto stretti con Loris Grancini, il leader dei Viking bianconeri, condannato a 13 anni per tentato omicidio, e sospettato persino dagli inquirenti di essere un uomo di Cosa Nostra. Le solite esagerazioni.
I bravi ragazzi delle curve sono solo tipi un po’ focosi, come testimoniato, sempre in ambito rossonero, dai raid violenti elencati negli atti della Digos contro i Commandos Tigre. Chissà perché, visto che sono tutti tifosi della stessa squadra. A noi che pensiamo sempre male, era venuto il dubbio che fosse una sporca guerra di interessi e di soldi. Evidentemente ci sbagliamo. Però segnaliamo questo mistero a Report e ai giornali, che di solito anche per lo scandalo delle curve preferiscono limitarsi a speculare sul tifo. Anche perché esistono curve e curve. Gli ultrà sono un bacino elettorale, corteggiato dai politici, che garantisce blocchi di voti compatti. Quindi quasi intoccabili. Come in Guatemala.
Ora, nell’ambito del tifo rossonero, il settore storico del Meazza è quello blu, il primo e secondo anello. Il secondo anello, verde, dalla parte opposta dello stadio, è occupato dai tifosi dell’Inter quando gioca la beneamata, ma diventa milanista se tocca alla squadra di Gattuso. Questo settore era stato preso dai Black Devils, altro gruppo pieno di brave persone come Domenico Vottari detto Mimmo, da Melito Porto Salvo, anni di carcere anche per un sospetto omicidio sul groppone, citato in un fascicolo antidroga nato su segnalazione della Dea americana, con «numerose informative dell’autorità giudiziaria che lo collocano in contatto con personaggi di spicco della ‘ndrangheta», come ha scritto il Fatto Quotidiano in un articolo molto ben documentato. Al suo fianco c’era Moreno Fuscaldo, altro bravo ragazzo indagato in alcune inchieste di droga. Secondo la Digos, nel gruppo ci sono diversi pregiudicati per rapine, truffe informatiche a livello internazionale e furti di dati sensibili, triangolando con la mafia russa. La cosa strana è che i Black Devils, ultrà con i quali sarebbe meglio non scherzare troppo, sarebbero spariti in fretta. Confluiti - pare - nei commandos di Luca Lucci, detto «Toro», il vero e unico boss del tifo rossonero.
In questo elenco già abbastanza nutrito dei bravi ragazzi della Curva rossonera, non poteva mancare poi Francesco Lucci, il fratello del Toro, inciampato in un incidente di percorso e indagato assieme alla moglie Irene Fasciano per tentata estorsione, proprio pochi giorni dopo l’arresto di Luca. Ultrà del Milan anche lui, era già stato sottoposto alle misure alternative dei servizi sociali per lesioni e insolvenza fraudolenta. Lui e signora avrebbero minacciato di morte il datore di lavoro di lei, titolare di un negozio di prodotti tessili, come ritorsione per una lettera di richiamo che lo sprovveduto avrebbe mandato alla donna. In un primo tempi gli avrebbero chiesto 300mila euro. Poi si sarebbero accontentati anche di centomila. Fino a quando non sono arrivati i carabinieri. E’ ovvio che in curva non sono tutti così. Peccato che questi siano i capi. E allora delle due l’una. Possibile che il Viminale non informi il proprio ministro dell’Interno di queste alquanto disdicevoli frequentazioni? O un buon voto alla fine vale più di tutto? Come in una democrazia da Guatemala vestito da Armani.