[La storia] Quei “cuori neri” tra vittime e martiri
Luca Telese presenta oggi a Roma il seguito del suo best seller. Il libro ricostruisce tutte le polemiche scatenate in dieci anni e ammette un errore di valutazione: in questo paese non è ancora possibile costruire una memoria condivisa
Avendo visto Narcos, ora sappiamo tutti che vuol dire uno che entra in casa, ti lega e ti ammazza davanti ai tuoi genitori. Oppure due che passano e ti fanno fuori a colpi di fucile a pompa, a 16 anni, su un marciapiede del Prenestino. O anche tre (forse sei) che ti versano benzina sotto la porta mentre dormi ammucchiato con sei ragazzini in due stanze, e due dei ragazzini non si salvano e finiscono morti bruciati. Avendo visto Narcos, possiamo immaginare perché scrivere un libro su queste cose suscita un casino, soprattutto se vieni da Cali e scrivi con qualche empatia per quelli di Medellin. Perché ognuno racconta una verità diversa. Perché le memorie sono e restano divise. Perché tutti cercano di schivare certa merda dalle loro reputazioni ricostruite. Avendo visto Narcos, possiamo leggere "Cuori Contro" il libro di Luca Telese che racconta che succede quando uno che viene da sinistra parla di morti di destra - con maggiore consapevolezza delle cose. C'è anche qualche arrabbiatura postuma, ma ne parleremo alla presentazione”.
UNA STORIA DEGLI ANNI SETTANTA - La prende alla larga Flavia Perina per invitare alla lettura del volume, alla cui presentazione, in programma oggi pomeriggio, prenderà parte con altri giornalisti, Francesco Merlo, Stefano Cappellini e l'autore (ore18.30 Associazione Civita Piazza Venezia 11 quarto piano). Lei ovviamente non ne ha bisogno, perché quella tragedie le conosce benissimo, avendo scandito la sua militanza giovanile negli anni Settanta a Roma: il rogo di Primavalle, l'omicidio del giovanissimo “Cremino”, l'esecuzione dello studente di sinistra Valerio Verbano.
E' un libro sul libro quello di Luca Telese, come certo cinema, più o meno fortunato. A dieci anni dal clamoroso successo di “Cuori neri”, il popolare giornalista e conduttore televisivo si prende la briga di offrire una risposta ragionata alle tante critiche, puntualizzazioni, omissioni, contestazioni che quel long seller (ha superato abbondantemente le 50mila copie vendute: un record per un volumone di nicchia) ha suscitato negli anni. A determinare tanto successo, come sempre, il giusto mix di abilità e fortuna: il primo libro dedicato a raccontare le storie dei caduti di destra negli anni di piombo con rispetto, con umana partecipazione, con simpatia, arriva proprio nel momento in cui si sta completando il processo di dissoluzione dell'identità politica postmissina con la confluenza di Alleanza nazionale nel Partito delle libertà.
LA BATTAGLIA DELLA MEMORIA - L'operazione editoriale di Telese, un ex “giovane comunista” che scrive per un quotidiano di destra, “Il Giornale” risponde proprio alla forte domanda identitaria, al bisogno di una ritrovata memoria collettiva di una comunità che per mezzo secolo ha vissuto una condizione di “stranieri in patria” e che nell'ultimo decennio si è trovata invece proiettata fin dentro le “stanze dei bottoni”. Oggi Telese riconosce un significativo errore di valutazione commesso allora: l'illusione di poter contribuire alla costruzione, finalmente, trent'anni dopo gli “anni di piombo”, di una “memoria condivisa”. Oggi sa che già lavorare a una “memoria pacificata” è complicato. Lo dimostra il fatto che all'epoca riuscì a suscitare le reazioni risentite sia di certo antifascismo militante, abbarbicato ancora all'inimicizia assoluta, sia il fuoco di sbarramento di pezzi importanti della destra radicale, da CasaPound a intellettuali di riferimento come Gabriele Adinolfi, decisi a difendere l'identità di “martiri” da onorare, e non di vittime da compiangere, dei caduti neofascisti degli anni di piombo.
LO SCANDALO CARMINATI - Le polemiche hanno raggiunto il culmine due anni fa, per l'edizione aggiornata fino a Mafia Capitale. La decisione della casa editrice di dedicare la copertina a Massimo Carminati scatenò un'ondata di indignazione generalizzata: perché sporcare il ricordo delle vittime con l'immagine di un “colpevole”? La virulenza delle critiche convinse Telese a imporre alla Sperling & Kupfer di mandare in libreria una ristampa senza la foto dello scandalo. A ben vedere, invece, Massimo Carminati era stato in gioventù un “cuore nero” (nel 1977 era segretario del Fronte della Gioventù all'Eur e partecipa al primo Campo Hobbit) e il suo mito, sociale e mediatico, si fonda proprio sulla identità originale di un bandito “politicizzato”, sulla narrazione da lui stesso rilanciata di un ragazzo che per non farsi vittima prende le armi e diventa talmente bravo da costruirci una carriera di successo.