Disdette, imposte di soggiorno che mancano e polemiche: senza turismo i nostri comuni rischiano il crack
L’esempio più evidente è forse quello di Firenze: a maggio sono state cancellate il 99 per cento delle prenotazioni e le casse comunali sono vuote. Intanto è scontro tra il sindaco di Milano Sala e il presidente della regione Sardegna Solinas. Il passaporto di immunità? Buona idea. Ma come si deve fare
L’esempio più evidente è forse quello di Firenze, città turistica per eccellenza. A maggio sono state cancellate il 99 per cento delle prenotazioni, a giugno il 91. Il 49 per cento delle strutture prevede di riaprire solo a settembre. A giugno solo il 21. E il 12 per cento addirittura dopo settembre.
Le casse comunali sono vuote per l’assenza di turisti e il comune rischia il default, come ha annunciato Dario Nardella. Solo all’inizio di maggio il buco era di 200 milioni: mancano gli introiti delle imposte di soggiorno, degli ingressi ai musei, dei ticket sui pullman turistici. "Sono preoccupatissimo", ha confessato il sindaco. "Dovrò spegnere l’illuminazione pubblica che incide per diversi milioni di euro". Ma la drammatica crisi del turismo, denunciata anche dal premier Giuseppe Conte ("è forse il settore più colpito di tutti"), riguarda l’Italia, una distesa unica di splendide coste, montagne, borghi storici e città d’arte.
Sette sindaci hanno firmato un disperato appello al governo, "perché senza le risorse necessarie sarà un disastro da cui non ci risolleveremo più". Accanto a quella di Nardella, c’erano le firme di Andrea Gnassi, da Rimini, Luigi Brugnaro, Venezia, Luigi De Magistris, Napoli, Leoluca Orlando, Palermo, Beppe Sala, Milano, e Virginia Raggi, Roma. Bisogna programmare in fretta il futuro. Ma per sopravvivere nell’emergenza è già cominciata la guerra dei poveri, a suon di proposte lontanissime e in contrasto fra loro, dall’apertura indiscriminata al Covid free della Sardegna, con tanto di passaporto sanitario.
Il problema è che "il comparto del turismo rappresenta da solo il 30 per cento del pil nazionale e senza di esso non può ripartire nessuno», come dice Salvatore Longo del Movimento Impresa Ospitalità Sicilia. Nell’isola, aggiunge, "noi ormai siamo al collasso". Longo ha ragione: il turismo ha un impatto che si estende ad altri settori della nostra economia. Basti pensare che ogni 100 euro spesi da un viaggiatore in Italia, un terzo va alla ricettività, 13 alla ristorazione, 12 al commercio, 7 al trasporto aereo interno, 6 a quello ferroviario e marittimo, 4 alle agenzie di viaggio e ai tour operator, e poco meno di 4 ai servizi culturali e ricreativi. Il restante 20 ad assicurazioni e spese varie. E’ perciò evidente come la crisi del turismo trascini con sé anche altri settori.
E stiamo parlando di cifre notevoli, visto che nel 2018 le presenze nelle strutture alberghiere ed extra alberghiere hanno raggiunto la rilevante cifra di 429 milioni. Dal 2017 più del 50 per cento sono costantemente stranieri, e in continuo aumento. Purtroppo, dovremo dire "erano". Gli italiani invece sono diminuiti progressivamente dal 2008, attenuando il trend negativo solo nel 2015. Mentre quello straniero, sempre dal 2008, è aumentato del 34 per cento.
Questi dati spiegano bene quanto sia rilevante la componente internazionale, quella cioé che alla luce della crisi da coronavirus rischia di diminuire fino al punto di quasi scomparire. Il 79 per cento degli stranieri viene dall’Europa, ma gli Stati Uniti sono appena dietro la Germania nella classifica delle presenze totali con 14,5 milioni di turisti. I tedeschi sono comunque in netta maggioranza: 59 milioni. Al terzo posto c’è la Francia (14,2), al quarto il Regno Unito (14) e al quinto l’Olanda (11), nonostante nella Ue sia il Paese più nostro nemico, bocciando qualsiasi proposta di aiuto (per la serie che chi ti odia ti ama?). La Cina è solo undicesima con 5,3 milioni di presenze.
Ora, pensate che soltanto i flussi esteri portano in Italia grazie al turismo la bellezza di 45 miliardi di euro, l’equivalente di quasi due manovre finanziarie in tempi normali (o di una e mezzo, se guardiamo all’ultima). Questa è la somma che quasi di sicuro ci verrà a mancare più o meno per intero. Un terzo di quei soldi venivano dai viaggiatori extraeuropei (Usa, Giappone, Cina), che sicuramente non potranno tornare, anche per le difficoltà del trasporto aereo, calato in questo periodo del 93 per cento.
Come si può pensare di risollevarci? Il primo ostacolo da superare, come osserva giustamente Raffaele Rio, presidente di Demoskopika, sarà quello del "lockdown psicologico", la paura dei cittadini di spostarsi. Nelle spiagge di certo bisognerà garantire la riqualificazione e la costante sanificazione dei servizi. Osservare strettamente le regole, rispettare le distanze di sicurezza. Ma, aggiunge Rio, in ogni caso oggi saranno premiati quei sistemi turistici locali che più degli altri saranno in grado di trattenere i rispettivi "mercati autoctoni".
Tradotto: mancando gli stranieri, avranno più possibilità di salvarsi quelli che hanno clienti fedeli, con la seconda casa, o comunque ospiti che sono abituati a tornare nella stessa località per un periodo più o meno lungo dell’estate. Ora, nella classifica del turismo di appartenenza svetta in testa incontrastata la Sardegna (39,54 per cento, molto più di un terzo, quindi, che è una cifra davvero considerevole), seguita dalla Sicilia, con il 35,66. Anche la Lombardia (21,3) e il Veneto (19,9) non sono messi male. Chi sta peggio è la Toscana che ha soprattutto turisti stranieri e americani in particolar modo.
La Sardegna, come si sa, ha scelto la politica del Covid free (in pratica: senza virus), annunciando di voler chiedere una "patente di immunità" per chi vorrà visitare l’isola, un’iniziativa che il presidente della Regione Christian Solinas ha spiegato bene: "Noi dobbiamo mantenere la percezione a livello internazionale che questa è una destinazione Covid free. Credo che oggi nella scelta della destinazione dei turisti di tutto il mondo questo fattore abbia un rilievo importante: da noi praticamente non c’è stata circolazione di virus. I pochi casi sono stati circoscritti a ospedali e case di riposo. In realtà, quello che può sembrare un aggravio è un plus offerto al turista che potrà trovare appena sbarcato un affievolimento delle misure di sicurezza con possibilità di godere una vacanza in serenità". Il messaggio pubblicitario è notevole: questa è un’isola, è quasi l’unico posto al mondo dove non c’è pericolo.
Se ha un difetto, è che è in controtendenza con quello che sostengono alcuni esperti, che quest’anno ci si deve accontentare di sopravvivere con i turisti fedeli, quelli che sono sempre venuti. E molti di loro sono milanesi. Il sindaco Beppe Sala ha attaccato, non si capisce bene se a nome di tutti: "Io in vacanza dove mi chiedono il test non ci vado». Solinas gli ha risposto per le rime: «Sala dovrebbe avere la decenza di tacere". E il sindaco ha insistito: "Il turismo in Sardegna è stato creato dai milanesi. Ci ricorderemo delle regioni che ci hanno chiesto la patente".
Alla base di questa polemica c’è il fatto che non basta affermare che sono libero dal Covid. Bisogna provarlo. E la patente serve a questo, oltre a garantire la sicurezza dei residenti. Diciamo che ha una sua logica stringente. Magari i problemi sono più di natura burocratica: in un Paese in cui i tamponi sono stati fatto a casaccio, quando sono stati fatti, o agli amici degli amici, come si fa a pensare di poterli far avere in tempi stretti a chi vuol partire per le vacanze?
Questo benedetto passaporto di immunità, ha spiegato Solinas, "consiste in un tampone effettuato da chi è diretto in Sardegna almeno 7 giorni prima della partenza, e la cui negatività dovrebbe essere confermata da un test all’arrivo". Il turista poi dovrebbe scaricare un'app per consentire poi il tracciamento di spostamenti e contatti. Se funziona è un’idea che ha un senso. Tutto chiaro? Mica tanto. Federalberghi, Confindustria e Confcommercio pochi giorni fa si sono lamentati: "Se non si stabiliscono e si rendono note ora le modalità di accesso alla Sardegna, perderemo anche la possibilità di lavorare nel mese di luglio e a quel punto i danni saranno irreparabili. Si deve decidere subito. I potenziali viaggiatori sono sempre più confusi e rischiano di scartare la Sardegna per la mancanza di chiarezza sulle norme. Il piccolo movimento di prenotazioni cominciato nei giorni scorsi si è già arrestato e cominciano le disdette".