[Esclusiva] Il verminaio Consip, l’ombra oscura dei servizi segreti e gli assurdi metodi del Noe con gli indagati: “Volevo arrestarla ma il giudice non ha acconsentito”

Il capitano Scafarto avvisò alcuni suoi ex superiori passati all’Aise dei particolari dell’inchiesta sul padre di Renzi. Perché? A quale scopo?

[Esclusiva] Il verminaio Consip, l’ombra oscura dei servizi segreti e gli assurdi metodi del Noe con gli indagati: “Volevo arrestarla ma il giudice non ha acconsentito”

Non deve essere piacevole avere a che fare con il capitano Gianpaolo Scafarto del Noe dei Carabinieri, che può arrivare con i suoi uomini a casa tua per farti una perquisizione e la prima cosa che ti dice è un pugno in gola da lasciarti senza fiato: «Avrei voluto arrestarla ma il gip non è stato d'accordo». Ecco il tipo un po' esaltato, un po' sopra le righe, sicuramente un gran pasticcione e molto probabilmente un ufficiale in cattiva fede. Questo almeno stando ai verbali di alcuni suoi superiori e altri protagonisti della vicenda.

È Scafarto che sta trasformando l'inchiesta Consip in un verminaio molto pericoloso. Con quelle chat con la sua dozzina di colleghi e superiori, ed ex transitati ai Servizi, sicuramente ha costretto il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone a un supplemento d'inchiesta. Perché da quello che si intuisce è da settembre che il nostro capitano via sms o attraverso le chat comunicava con i suoi attuali e con i vecchi colleghi che sono transitati nei Servizi. E li aggiornava sugli sviluppi delle indagini.

E dunque siamo in presenza di un terzo filone di indagini sulla fuga di notizie. Quella in favore degli indagati vede protagonisti, indagati a loro volta, il comandante generale dell'Arma dei carabinieri, Tullio Del Sette, il comandante dei carabinieri della Toscana, Emanuele Saltalamacchia, e il ministro Luca Lotti. Poi c'è quella a favore del giornalista del Fatto, Marco Lillo, e per il momento sono indagati il Pm Woodcock (che sarà interrogato domani dalla Procura di Roma) e la giornalista Federica Sciarelli. Ma poi c'è questo terzo filone di indagini che promette sviluppi e comunque quando uscirà farà clamore.

Questa messaggistica è solo una manifestazione di cameratismo, di curiosità di ex colleghi che avevano vissuto i primi vagiti di questa inchiesta e che adesso, da lontano, dall'Aise, volevano continuarla a seguirla grazie agli aggiornamenti di Scafarto? O dietro questa attività di sms e chat c'è un disegno preciso? E qual è? Frasi innocenti che potrebbero essere interpretate diversamente aprono scenari inquietanti. E pongono in una luce sinistra antichi e straordinari servitori dello Stato. 

Questo Noe sembra portare con sé una maledizione. Eppure all'inizio della collaborazione con il Pm che stava a Potenza, Henry John Woodcock, questa polizia giudiziaria riuscì a indagare il proprio ministro di riferimento, il ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio senza fughe di notizie ed errori. E anche nelle successive indagini si conquistò, il Noe, apprezzamenti da tutti.

All'improvviso deve essere successo qualcosa. Ma in ogni caso, siamo di fronte a una mancata vigilanza da parte del pm, che doveva controllare le mosse del capitano Scafarto? Oppure l'omesso controllo dipende strutturalmente dai vertici del corpo d'appartenenza? E in ogni caso c'è dolo o colpa?

Certo è che lo stesso Pm Woodcock in quelle frasi rubate dalla giornalista di Repubblica - che sono costate al Pm anglonapoletano l'apertura di un procedimento disciplinare - sembrava confidare, avere piena fiducia in Scafarto ipotizzando un suo errore nella trascrizione di quella conversazione attribuita a Romeo e invece di Italo Bocchino, così come correttamente veniva riportato nei brogliacci.

Lo stesso «piccolo errore» attribuito dal Pm milanese che indagava sul governatore della Lombardia allo stesso Scafarto. Una cattiva attribuzione di frasi, toni e identità che rischiavano di assicurare una condanna certa e dunque l'applicazione della Legge Severino con la decadenza di Maroni dalla carica di governatore della Lombardia.