Bruciata l’auto del rettore dell’Università di Reggio Calabria. E' stato eletto dopo lo scandalo dei concorsi truccati
Nell’inchiesta di aprile, infatti, era stato coinvolto l’allora rettore, Santo Marcello Zimbone, interdetto per 10 mesi, così come il prorettore (ed ex rettore), Pasquale Catanoso, sospeso per 12 mesi

E’ stato eletto appena due settimane fa, dopo il terremoto giudiziario che ha sconquassato l’Università Mediterranea di Reggio Calabria. Ora l’inquietante episodio ai danni del professor Giuseppe Zimbalatti: nella notte, infatti, ignoti hanno dato alle fiamme la sua auto, una Toyota Rav 4, che era parcheggiata nei pressi dell’abitazione di Zimbalatti, ubicata in pieno centro a Reggio Calabria.
Troppo presto per dire se l’episodio si inquadri in quel coacervo di interessi emerso con l’inchiesta “Magnifica”, con cui la Procura della Repubblica di Reggio Calabria, nell’aprile scorso, ha decapitato l’Ateneo. In quell’occasione, infatti, emerse un vero e proprio sistema fatto di presunti illeciti nei concorsi per ricercatori banditi dall’università.
Il 18 luglio scorso, Zimbalatti era stato eletto per dare nuovo corso alla “Mediterranea”. Nell’inchiesta di aprile, infatti, era stato coinvolto l’allora rettore, Santo Marcello Zimbone, interdetto per 10 mesi, così come il prorettore (ed ex rettore), Pasquale Catanoso, sospeso per 12 mesi, e altre sei persone tra docenti e dipendenti. Ma l’inchiesta era ed è molto più ampia: 52 in tutto gli indagati.
Gli inquirenti sarebbero arrivati a ricostruire un complesso sistema clientelare dopo la denuncia di una giovane ricercatrice, che non avrebbe accettato di vedersi passare davanti candidati con meno titoli, ma, evidentemente, graditi ai vertici. Alla ricercatrice avrebbero detto di “aspettare il proprio turno”. Come se tutto fosse già sistemato a tavolino. Una selezione che risale al lontano 2008 e che, al momento del blitz della Guardia di Finanza, era ancora clamorosamente aperta per un posto di ricercatore alla facoltà di Architettura. Negli anni, decine di ricorsi vinti alla giustizia amministrativa, una denuncia penale e quattordici anni dopo, proprio su quel concorso, le ipotesi di reato spiccate dalla Procura.
Secondo il gip Vittorio Quaranta “il quadro che emerge dalle recenti risultanze investigative è a dir poco disarmante”. Secondo l’inchiesta, l’allora rettore Zimbone avrebbe messo in atto “l’illecita gestione senza soluzione di continuità, avallando e garantendo ai direttori dei dipartimenti e ai docenti la conservazione delle loro posizioni privilegiate, nonché la progressione di carriera dei candidati di volta in volta segnalati, anche mediante l’ingerenza nella formazione delle commissioni esaminatrici, composte in modo ‘adeguato’ al raggiungimento dei suoi obiettivi”.
L’indagine della Guardia di finanza ha fatto luce su una serie di concorsi pilotati ma anche su tutta una serie di irregolarità nella gestione degli appalti e sull’utilizzo delle auto e delle carte di credito dell’Ateneo per scopi personali. A proposito dell’ex rettore Catanoso, il giudice per le indagini preliminari evidenzia che “si fa fatica a credere che un uomo delle istituzioni, una delle più importanti per la crescita culturale, civile ed economica del paese, sia potuto arrivare a fare ciò che abbiamo visto con una sfrontatezza fuori dal comune. I fatti denotano mancanza di senso delle istituzioni”. Nell’ordinanza, infatti, c’è scritto che Catanoso “si appropriava della provvista di denaro esistente mediante un uso sistematico per il soddisfacimento di esigenze personali e non istituzionali”.
Dal gennaio 2017 al luglio 2019, infatti, l’ex rettore avrebbe ripetutamente utilizzato la carta per pagamenti concernenti l’acquisto di doni con cui omaggiare i suoi conoscenti in ambito istituzionale, politico ed universitario. Ma non solo. Quei soldi, secondo gli accertamenti delle Fiamme Gialle, sarebbero serviti anche per trasferte verso Parigi e Roma non giustificate da impegni ufficiali ma finalizzate a far visita alla figlia, per pranzi e cene di piacere, e per l’acquisto di biglietti ferroviari e spostamenti in taxi per se e per i suoi congiunti.
Un’inchiesta, quella “Magnifica”, che risulta ancora aperta e su cui, tanto l’accusa, quanto le difese, stanno raccogliendo materiale utile. Così come saranno le indagini a chiarire se l’incendio dell’auto del neorettore Zimbalatti possa essere, in qualche modo, collegato a questo tipo di interessi. Peraltro, lo stesso Zimbalatti, sentito dagli investigatori, non è stato in grado di fornire alcuna motivazione che possa essere alla base dell’attentato. Molto, sulla mano che ha agito, potrà essere peraltro chiarito dai rilievi tecnico-scientifici sull’automobile, che prima di essere incendiata sarebbe stata cosparsa, presumibilmente, con liquido infiammabile, rimanendo poi totalmente distrutta. Quel che è certo è che, a distanza di quasi quattro mesi dallo scoppio del bubbone, sull’Università di Reggio Calabria aleggiano ancora fitte nubi.