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Finanziamenti a società legate alla 'ndrangheta: commissariata Banca Progetto di Milano. Chi è Maurizio Ponzoni, l’agevolatore delle cosche

Per la procura meneghina sono stati erogati "finanziamenti assistiti da garanzia statale in favore di società pienamente inserite all'interno di dinamiche criminali" per 10 milioni di euro

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La Guardia di Finanza davanti alla sede di Banca Progetto a Milano (Ansa)
La Guardia di Finanza davanti alla sede di Banca Progetto a Milano (Ansa)

Amministrazione giudiziaria per Banca Progetto, l'istituto di credito milanese finito al centro di un caso giudiziario per aver concesso finanziamenti a società legate alla 'ndrangheta per circa 10 milioni di euro. Il presunto reato è stato accertato dalle indagini del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf e del pm Paolo Storari. Si tratta di finanziamenti garantiti dal fondo per le piccole medie imprese, quindi "aiuti di Stato a sostegno dell'economia nell'emergenza del Covid" o "a seguito dell'aggressione della Russia contro l'Ucraina".

L'analisi dei "fascicoli bancari", si legge in una nota del procuratore di Milano, Marcello Viola, "ha consentito di appurare come l'intermediario", ossia Banca Progetto, "spesso eludendo i principi della normativa antiriciclaggio, ha erogato finanziamenti assistiti da garanzia statale in favore di società pienamente inserite all'interno di dinamiche criminali, in quanto oggetto della contestazione del delitto di trasferimento fraudolento di valori, in alcuni casi commessi con l'aggravante del metodo mafioso, consistito nell'agevolazione della 'locale' di 'ndrangheta di Legnano/Lonate Pozzolo", provincia di Varese.

"Rischi di permeabilità mafiosa"

Le indagini hanno inoltre evidenziato "diverse criticità sull'operatività dell'istituto di credito, con riguardo ai pericoli di permeabilità dello stesso in relazione ai rapporti con soggetti indagati per gravi delitti o destinatari di misure di prevenzione personali/patrimoniali". Il provvedimento di amministrazione giudiziaria, disposto in base al "Codice Antimafia", è stato eseguito oggi dalla Gdf e "costituisce il risultato di più ampie indagini" volte "all'approfondimento dei rapporti tra l'istituto finanziario e soggetti legati a consorterie di 'ndrangheta".

E' stato accertato, spiega la Procura, "come diverse società indirettamente gestite da soggetti contigui ad esponenti" della 'ndrangheta abbiano "beneficiato negli anni di finanziamenti erogati" da Banca Progetto "con assistenza di garanzie statali previste dal Fondo Centrale di Garanzia a favore delle Pmi del Mediocredito Centrale (Legge 662/1996), accedendo così agli aiuti di Stato a sostegno dell'economia nell'emergenza del Covid-19 quando non a seguito dell'aggressione della Russia contro l'Ucraina".

Arrestato, con prestiti di Banca Progetto giro di false fatture

"Tutte fatture false". Così Maurizio Ponzoni, ritenuto legato ad un clan della 'ndrangheta, ha raccontato ai giudici come sarebbe stato usato il denaro di uno dei finanziamenti, con garanzia statale, ottenuti da una delle società a lui riconducibile ed erogati da Banca Progetto. Le dichiarazioni di Ponzoni, scrive la Sezione misure di prevenzione del Tribunale milanese, "forniscono una emblematica rappresentazione della condotta omissiva dell'istituto bancario". Le somme erogate dalla banca, si legge ancora, sono state fatte "confluire successivamente in diverse società, talune riconducibili allo stesso Ponzoni" e intestate a "prestanome". Al pm che gli ha chiesto "queste sono tutte fatture false?", Ponzoni ha risposto: "Tutto falso".

A cosa serviva l'istituto

Negli atti risulta che Banca Progetto sarebbe stato "uno strumento" grazie al quale uomini vicini ai clan - in particolare Ponzoni ed Enrico Barone (quest'ultimo legato alla cosca Tripodi di Vibo Valentia) - hanno avuto "liberamente accesso al credito". Sono situazioni "tossiche" quelle che si sono create e che, per i giudici, necessitano della nomina di un'amministratore giudiziario per un anno, nello specifico Maria Pezzuto, la quale affiancherà il management dell'istituto soprattutto per rafforzare i "presidi di controllo interno". Un'udienza per verificare il lavoro che verrà svolto con l'amministrazione giudiziaria è stata fissata per il 25 febbraio prossimo. 

"Bastava che Banca Progetto controllasse il mio nome"

"Secondo me, se Banca Progetto prendeva il mio nome e cognome, faceva una ... diceva 'lasciamo stare tutto'". E' una dichiarazione, emblematica secondo i giudici di Milano, resa in un'udienza lo scorso 14 marzo da Maurizio Ponzoni. La Sezione misure di prevenzione del Tribunale milanese spiega che per quei finanziamenti "il meccanismo di concessione" era sempre lo stesso. Era lo stesso Ponzoni a relazionarsi "direttamente" coi funzionari della banca. Lui, tra l'altro, formalmente "nulla" aveva a che fare con le società finanziate e, dunque, i funzionari avevano "ben chiaro che il vero referente-destinatario" dei prestiti era lui. E non hanno comunque "attivato alcun controllo sulla sua persona".

Sarebbe bastata, come ha detto lo stesso Ponzoni, una "semplice consultazione" da "fonti aperte", anche perché i media "diffusamente" avevano parlato del suo arresto nel marzo 2023. Malgrado ciò, si legge ancora negli atti, Banca Progetto ha concesso prestiti a "Cfl Costruzioni srl" per 2,5 milioni di euro il 31 maggio 2023, a "Crocicchio srl" per quasi 2 milioni il 6 giugno, a Givi srl per mezzo milione il 13 ottobre dello stesso anno. Tutte società legate, stando alle indagini, all'arrestato.

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