Tozzi: "Nelle Cinque Terre sempre meno terrazze e più alluvioni. In Italia serve un turismo sostenibile non quello di Briatore"
Per il noto geologo ogni anno cresce l'afflusso turistico e con esso i problemi. Se si costruisce sui corsi dei fiumi ovviamente aumentano i rischi di disastri. I territori vanno goduti da tutti e non da pochi"

In un breve ma significativo reportage sulle pagine de La Stampa il geologo e divulgatore scientifico Mario Tozzi pone una domanda molto importante: quanto può crescere il turismo in un dato territorio? Quali sono i limiti da adottare per non compromettere definitivamente l’ambiente? Una prima risposta può essere che il turismo "andrebbe regolamentato, non basato solo sui numeri ed esteso all'intero anno, non limitato al periodo luglio-agosto".
L’esempio portato all’attenzione dei lettori è quello delle Cinque Terre, impervio paradiso della Riviera ligure di Levante, nella provincia de La Spezia, in cui si trovano le cinque perle di Monterosso al Mare, Vernazza, Corniglia, Manarola e Riomaggiore. Una meraviglia per gli occhi e la mente che però, fa notare lo scienziato, “rischiano di perdersi, fra alluvioni di pioggia e di visitatori, trasformandosi in uno dei tanti luoghi in cui si vive solo al servizio del turismo, in definitiva compromettendone la qualità e la bellezza”.
Ogni anno turisti in aumento
Quei luoghi da cartolina sono presi d’assalto ogni anno da torme di turisti, scaricati soprattutto dalle ciclopiche navi da crociera o da centinaia di autovetture. Eppure uno dei modi migliori per raggiungere quelle località sarebbe prendere il treno. Per Tozzi è un modo eccezionale per fare quel viaggio, inquinare di meno ed evitare di congestionare le strade. Non si deve cercare nevroticamente un parcheggio e ci si può rilassare godendo il fantastico panorama dal finestrino. Anzi - insiste - in un angolo dell'Eden come quello “dovrebbe essere obbligatorio utilizzare solo mezzi pubblici e girare a piedi”.

L'idea del numero chiuso
L'afflusso turistico sempre in aumento, in ogni caso, fa riflettere sulla necessità di introdurre il numero chiuso. Per proteggere un territorio splendido ma anche instabile. Da questo punto di vista bisogna ricordare che “esistono pochi posti al mondo meno sicuri delle Cinque Terre per quanto concerne alluvioni e frane”, sostiene Tozzi. Solo l’enorme fatica degli uomini che hanno abitato quei luoghi ha consentito di porre un argine a quei pericoli con la costruzione di muretti a secco che formano terrazzamenti in grado di contenere l’acqua e la terra delle montagne. Ma quelle strutture sono in costante diminuzione. Si estendevano su 2mila ettari in epoca storica, sono diventati 1200 nel XX secolo e continuano a diminuire con l’incedere del tempo. Eppure quelle mirabili opere dell’ingegno umano non servivano solo per produrre uve e vini eccellenti, ortaggi e prodotti agricoli di qualità, ma anche per controllare e difendere il territorio. Un ruolo che quei manufatti dell'ingegneria contadina hanno svolto egregiamente per secoli e che sta venendo meno, ricorda il geologo e volto televisivo.
Spezzato il patto con la natura
E’ stata l’esplosione del turismo di massa a sconvolgere l’equilibrio e spezzare il patto con la natura perché era più remunerativo e meno faticoso convertirsi alle attività turistiche, affittare le case invece di piantare viti ed alberi. Ma i disastri sempre più numerosi sono lì a testimoniare che i prezzi da pagare sono enormi, come hanno dimostrato le alluvioni del 2011 e 2014. E, nota Tozzi, sono certe opere dell’uomo a moltiplicare gli effetti devastanti degli accadimenti naturali. Basti pensare al parcheggio turistico di Vernazzola che “scoppia vomitando autovetture a mare”. Ma a ben vedere anche il modo in cui sono stati edificati i luoghi risulta determinante: “Vernazza e Monterosso sono state costruite esattamente dove un tempo c’era il fiume, che è stato tombato e dimenticato”. A percorrere quei luoghi si riconosce dove un tempo esso scorreva e si nota come attualmente “gli argini siano le case”. E questo è un discorso che vale per la Liguria ma anche per la Sardegna e tanti altri luoghi bellissimi della nostra Italia.

"La situazione rischia di peggiorare"
Un tempo i danni erano scongiurati dal lavoro fatto sulle colline, ma allorché le colline sono state abbandonate il fiume si è ripreso il territorio”. E “quando le case e l’acqua convivono nello stesso luogo, nel posto sbagliato ci sono le case non il fiume”, osserva saggiamente Mario Tozzi che, a titolo di esempio, ricorda quanto accaduto ad Olbia nel 2013.

Nelle Cinque Terre, dopo gli ultimi disastri si è ricostruito velocemente, ma lo si è fatto sempre pensando allo sviluppo turistico, al futuro, e la situazione “rischia di essere peggiore di prima”. Insomma, ad avviso del noto geologo e volto televisivo, la questione è sempre una: quanto siamo disposti a pagare allo sviluppo senza limiti? “Il territorio è sempre quello – nota Tozzi – e i turisti aumentano sempre di più”. Forse per questo il Parco Nazionale delle Cinque Terre chiede di adottare il numero chiuso e alcuni sindaci dallo sguardo lungo auspicano una qualche regolamentazione. Tutti gli altri però si oppongono”. Forse perché l'esigenza di inseguire lo sviluppo turistico (e le connesse prospettive imprenditoriali ed occupazionali) sembra prevalere, almeno fino a quando – osserva con una nota di tristezza Tozzi – non ci sarà la prossima alluvione”.
"Del turismo alla Briatore non c'è bisogno"
La soluzione invece sta per il futuro in "un turismo di qualità, col bollino blu ambientale, non nel turismo di Briatore - sostiene Tozzi - Di quel turismo ne abbiamo avuto abbastanza. Il territorio va fruito e goduto con attenzione, oppure rischiamo di perdere luoghi bellissimi o di vederli diventare preda della speculazione e perfino della malavita organizzata. Inoltre solo in tal modo i territori possono essere goduti da tutti e non solo da pochi attraverso le grandi infrastrutture, i resort di lusso, che trasformano magari gli abitanti del posto in sguatteri e camerieri. Quella non è ricchezza diffusa, quella è colonizzazione".