Femminicidio Giulia Cecchettin, difesa Turetta: "La premeditazione non c'è stata". Sentenza il 3 dicembre
Dopo la richiesta da parte del Pm dell'ergastolo per il 22enne che ha ucciso la ex fidanzata, arriva l'arringa degli avvocati difensori
"Non teme l'ergastolo, è dispiaciuto per essere stato descritto come una persona che mente". Lo ha detto Giovanni Caruso, difensore di Filippo Turetta, prima di iniziare la propria arringa davanti alla corte d'assise di Venezia dove il 23enne è imputato dell'omicidio di Giulia Cecchettin. "Difficile difendere un reo confesso per un delitto efferato, che ha fatto seguire altri reati - ha proseguito - Un giovane che priva la vita di una giovane ragazza, privandola di ricordi, speranze, progetti, si privano i congiunti di lei delle prospettive di una vita radiosa". Per Caruso, però, non si tratta di un 'crucifige' di Turetta; "bisogna cercare di capire cosa può aver provato Filippo mentre uccideva Giulia". "Mi appello - ha detto il legale, rivolto alla Corte - al principio di legalità, non ad una sentenza giusta, ma di legalità, che vi impone di giudicare Turetta con un 'braccio legato dietro alla schiena'; il principio di legalità è la magna carta della giustizia, che protegge anche voi della Corte oltre a Turetta".
"Insussistenza della premeditazione"
"Insussistenza delle aggravanti, della premeditazione, della crudeltà, degli atti persecutori e del rapporto affettivo". E' quanto ha chiesto in aula il difensore che ha anche aggiunto: “Oggi ho un compito non facile: assistere, difendere un imputato reo confesso di un omicidio efferato, gravissimo e altri reati satellite". Il legale davanti alla corte d’Assise di Venezia ha proposto che vengano riconosciute le circostanze delle attenuanti generiche e che, se le aggravanti rimarranno immutate, le attenuanti "vengano considerate nel giudizio di comparazione con il valore dell'equivalenza".
"Omicidio efferato ma non c'è crudeltà"
"Un omicidio efferato ma non c'è l'aggravante della crudeltà", ha sostenuto l'avvocato Caruso per sostenere che non esiste l'aggravante della crudeltà per il femminicidio della studentessa di Vigonovo. Il legale ha ricordato che la crudeltà non è legata al numero dei colpi, 75 le coltellate inferte all ventiduenne, ed "è incompatibile con le alterazioni emotive della condotta" che a sua volte esclude la premeditazione. Ha ribadito poi che Turetta ha agito in preda all'emotività, nell'alterazione di una situazione emotiva in cui ha agito con concitazione".
"Sentenza sia secondo legalità"
"Voi non dovrete emettere una sentenza giusta, dovrete pronunciare una sentenza secondo legalità", è la richiesta dell’avvocato nella sua arringa. "E la legalità vi impone di giudicare Filippo Turetta con una mano legata dietro la schiena, che non risponde alla legge del taglione. Questa è la vera legalità, questa è la civiltà del diritto", ha continuato Caruso.
"Ergastolo è tributo Stato a chi crede che vada buttata la chiave"
L’ergastolo per il legale del giovane "è il tributo che lo Stato di diritto paga all’ideologia di chi ritiene che Filippo Turetta va messo in carcere e va buttata la chiave. L’esposizione alla gogna dell’imputato è inciviltà giuridica".
"Solo in carcere Turetta è considerato un essere umano"
"Davvero credete che voglia evitare l’ergastolo? Dico una cosa un po’ triste, ma l’unico ambiente in cui Filippo Turetta può incrociare umanità ed essere considerato un essere umano sono i compagni di cella perché vivono di una umanità compromessa", è uno dei passaggi dell’arringa. "La società non è pronta oggi per ospitare Filippo Turetta, questa è la realtà ed è giusto così: la pena significa tempo e lui è consapevole che gran parte della sua vita la trascorrerà in carcere", ha concuso l’avvocato.
Sentenza attesa il 3 dicembre
Contro Turetta "le prove sono talmente evidenti - ha spiegato ieri il pm Andrea Petroni nella sua requisitoria - che c'è l'imbarazzo delle scelta". C’è la prova scientifica come le macchie di sangue della vittima trovate nell’auto dell’imputato; ci sono le telecamere che permettono di ricostruire la fuga su strade secondarie fino al lago di Barcis dove si disfa del corpo di Giulia Cecchettin; c’è la confessione resa durante l’arresto in Germania (dopo una fuga di sette giorni), ripetuta lo scorso dicembre nel carcere di Verona e nell’interrogatorio incerto in aula.
Nel processo ‘lampo’ la difesa, che ha scartato la carta della perizia psichiatrica, chiederà per Turetta - anche oggi atteso in aula - la condanna che gli spetta con la speranza che il carcere assuma la sua funzione di rieducazione permettendo al ventiduenne di capire il disvalore del suo gesto e dandogli la possibilità di riscattarsi. La sentenza è attesa il 3 dicembre.
Gino Cecchettin: "Vengano applicate le leggi"
"Mi aspetto solo che vengano applicate le leggi. Io sono già morto dentro di fatto, la mia battaglia, ma preferirei chiamarla il mio percorso ,è fuori dall'aula. Per me non cambierà nulla, Giulia non la rivedrò più. L'unica cosa che posso fare è prodigarmi, come farebbe Giulia, per fare in modo che ce ne siano il meno possibile di casi come il suo, di genitori che debbano piangere una figlia morta. Io so cosa vuol dire e lavorerò per questo", ha affermato Gino Cecchettin, il papà della ventiduenne di Vigonovo uccisa dall'ex fidanzato Filippo Turetta, ospite a Rai Radio2, ai microfoni di Serena Bortone e del 'consigliere' Francesco Cundari a '5 in Condotta'.
Nel corso dell'intrevento Cecchettin ha annunciato che "con il ministro Valditara ci incontreremo i primi di dicembre. Vorrei portare dei dati concreti insieme al nostro comitato scientifico e vorrei confrontarmi in modo costruttivo. Ognuno ha le sue opinioni ma penso che si possa cercare di trovare un percorso sulle parti condivisibili. La scuola dovrebbe continuare il percorso di formazione verso l’affettività, dare come valori fondamentali il rispetto della vita altrui e l’amore verso gli altri, e condannare la violenza in tutte le sue forme e da ovunque arrivi".