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[L’inchiesta esclusiva] “I cavi in acciaio hanno ceduto, così è crollato tutto. C’è stato un grave errore”. La rivelazione dell’ingegnere che ha lavorato sul ponte Morandi

“Qualcuno ha commesso un gravissimo errore e sottovalutato il rischio, l’ultimo controllo dei tecnici di Autostrade per l’Italia poche settimane fa”. Parla un ingegnere che in passato ha ricoperto incarichi di responsabilità durante i lavori di manutenzione di quel ponte. A cedere sono stati i “trefoli”, i cavi multipli in acciaio che reggono il “ponte sospeso”, aggrediti dall’umidità e dall’usura. Il calcestruzzo si è “ammalato” e non ha più protetto i cavi che erano all’interno. L’ultima parziale sostituzione 26 anni fa, con i fondi delle Colombiadi. Il ponte era una struttura azzardata di un ingegnere e artista che presentava problemi strutturali sottovalutati nonostante i continui controlli: cinque l’anno obbligatori per legge

di Giuseppe Caporale, direttore di TiscaliNews   
[L’inchiesta esclusiva] “I cavi in acciaio hanno ceduto, così è crollato tutto. C’è stato un grave...

Sono stati quasi sicuramente i cavi multipli in acciaio a cedere e a far crollare il viadotto Morandi, lo rivela a Tiscalinews un ingegnere che per anni in passato ha lavorato alla manutenzione di quel viadotto ricoprendo incarichi di responsabilità. Il calcestruzzo “ammalato” ha consentito all’acqua di penetrare nelle fessure dei tubi in cemento precompresso e i “trefoli” che tenevano in piedi il “ponte sospeso” (opera di uno dei più importanti ingegneri italiani) non hanno più retto. Forse perché erano ancora gli stessi cavi dell’inaugurazione di 51 anni fa. Se non tutti almeno, quasi tutti. Tanto che adesso dopo il disastro le uniche guaine ancora in piedi sono quelle (poche) che furono sostituite 26 anni fa utilizzando i fondi delle Colombiadi, l’ultimo grande evento che si svolse a Genova, con relativa pioggia di soldi.

I cavi a rischio nascosti dai tubi

“E i cavi d’acciaio furono cambiati proprio su suggerimento dello stesso Riccardo Morandi, poco prima di morire” ricorda l’ingegnere che preferisce mantenere l’anonimato. I nuovi però furono posizionati stavolta senza tubi di calcestruzzo, per consentire la visibilità di un possibile futuro deterioramento dei “trefoli”. Forse, per non ripetere lo stesso errore. Già perché quei tubi ammalati, di fatto potrebbero aver nascosto lo stato di “salute” delle funi, rendendo più complicato qualunque tipo di verifica.

Poche settimane fa l’ultimo controllo

Eppure il ponte protagonista di questa immane tragedia era stato controllato da una equipe di esperti ingegneri di Autostrade per l’Italia appena poche settimane fa, “alla fine di giugno, come tutti gli anni”. Infatti per legge dal 1968 (dopo il crollo del ponte di Ariccia), c’è una direttiva ministeriale che impone a tutti gli enti proprietari e concessionari di strade e autostrade di eseguire con cadenza trimestrale delle visite accurate sui viadotti, più una affidata ad un super esperto: cinque in tutto dunque. E così poche settimane fa il ponte Morandi era stato messo per la seconda volta nel 2018 sotto osservazione. Ma qualcosa evidentemente in questo ultimo controllo è andato storto. E’ possibile che ci sia stata “una grave sottovalutazione del rischio”, almeno così ritiene la nostra fonte.

“Grave sottovalutazione”

“Un crollo strutturale di questo genere è inammissibile. Non è da Paese civile, roba così accade raramente nel mondo - spiega l’ingegnere - Spiace dirlo, ma potrebbe essere accaduto che qualcuno abbia sottovalutato una situazione di degrado che sicuramente deve aver mostrato almeno qualche sintomo evidente prima di venir giù così all’improvviso. Nessun manufatto ha una vita indeterminata, questo ormai è chiaro: vanno predisposte manutenzioni preventive, bloccati processi di deterioramento, specie quando sono noti ed evidenti i limiti strutturali di certe costruzioni. Morandi era un genio indiscusso che fece un’opera ardita per superare un chilometro di valle. Volle competere con il ponte di Brooklyn che però nelle sue parti fondamentali è diverso: è tutto in acciaio”.

Ecco chi doveva controllare

Chi avrebbe quindi dovuto accorgersi della corrosione delle guaine e dei cavi multipli in acciaio? Probabilmente la società in house di Autostrade per l’Italia che si occupa di queste attività per tutte le infrastrutture del gruppo: la Spea Engineering Spa. E forse saranno i primi ad essere interpellati per spiegare le ragioni di quanto accaduto. 

Il fattore ambientale

Ma come può ammalarsi il calcestruzzo? “Cinquantuno anni fa si pensava fosse un materiale eterno - prosegue l’ingegnere che su alcuni lavori effettuati su quel ponte a ricoperto incarichi di responsabilità - poi con gli anni è stato dimostrato che il calcestruzzo si ammala. La sindrome si chiama carbonatazione. E’ noto a tutti che il ponte Morandi è oggetto di una forte esposizione all’ambiente marino insieme alla presenza di altiforni dell’acciaio che incidono sull’usura delle struttura”.

Lo strappo dovuto al traffico

E poi ci può essere stato un altro elemento decisivo, almeno a determinare l’ultimo strappo: il traffico, il carico pesante che da anni percorre quell’unica strada fondamentale che conduce ad uno dei porti più importanti del Mediterraneo. E non è escluso che quelle funi in acciaio, scoperte dal cemento deteriorato e aggredite dall’acqua, abbiano ceduto anche in seguito ad un eccesso di carichi eccezionali. “Siamo sicuri che i tir che solcano quel viadotto trasportino il peso stabilito. O magari come è stato dimostrato più volte siano sempre sovraccarichi?” conclude l’ingegnere. “Spero che le indagini verifichino anche questo”.

di Giuseppe Caporale, direttore di TiscaliNews   
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