Si riapre il caso: Dal Corso come Cucchi? La sorella accusa: "Stefano pestato in cella dalle guardie"
"Le urla di dolore di Stefano si sentivano per tutta le sezione dove era recluso. Mio fratello, la sera prima del 12 ottobre 2022, quando venne trovato morto in cella, subì un pestaggio"
Dopo un anno dalla sua morte si riapre il caso Dal Corso. Una chiamata fatta da ignoti alla sorella di Stefano, Marisa Dal Corso, rivela che "qualcuno l'ha strangolato con un lenzuolo ed è stata inscenata l'impiccagione". Nell’audio, inoltre, Marisa Dal Corso viene incitata ad andare avanti con le indagini e a chiedere l’autopsia del corpo del fratello: “devi fargli fare l'autopsia, assolutamente. Gliela devi far fare". A stare dall’altra parte del telefono, però, non si sa chi ci fosse. Di certo c’è che era qualcuno ben informato sugli avvenimenti del carcere di Oristano.
La storia
Il 12 Ottobre di un anno fa Stefano Dal Corso, 42enne romano, venne ritrovato senza vita nella sua cella del carcere Massama di Oristano. Stava scontando la pena a Rebibbia ma era stato trasferito temporaneamente nel penitenziario sardo, dove avrebbe vissuto l’ultima parte della pena, ormai quasi terminata. Per le autorità il caso sulla sua morte è subito stato chiuso come un suicidio. Una versione a cui, però, non ha mai creduto la sorella: "Stefano non si è ucciso. Non lo avrebbe mai fatto" raccontava all’ora Marisa Dal Corso ai microfoni di Roma Today. Già un anno fa venne chiesta l’autopsia del corpo di Dal Corso, ma fu negata in quanto non ritenuta necessaria. Il caso venne archiviato senza eseguire gli esami necessari a stabilire cosa fosse successo realmente a Del Corso.
La denuncia della sorella
"Le urla di dolore di Stefano si sentivano per tutta le sezione dove era recluso. Mio fratello, la sera prima del 12 ottobre 2022, quando venne trovato morto in cella, subì un pestaggio da parte delle guardie". E' un'accusa pesante quella che lancia Marisa Dal Corso, sorella di Stefano, trovato morto nel carcere di Casa Massama ad Oristano, durante una conferenza stampa alla Camera dei deputati assieme al parlamentare di Italia Viva Roberto Giachetti, che ha presentato sul caso un'interrogazione al ministro della Giustizia Carlo Nordio. "Quella sera un altro detenuto che era nella cella di fronte a mio fratello si sentiva male perché da cinque giorni non riceveva i medicinali per il diabete, di cui soffriva - racconta la donna -. Mio fratello quindi ha chiamato gli operatori, ne è nata una discussione con loro. Dopo un po' sono entrati nella sua cella, hanno chiuso il blindo e le urla di Stefano si sentivano fino alla cucina".
Il dettaglio delle scarpe e le testimonianze
Marisa Dal Corso racconta che in un primo momento la sua reazione alla morte del fratello è stata di incredulità, poi quando con l'aiuto di una psicologa è riuscita a vedere le foto del cadavere l'incredulità è diventato dubbio, a partire da un dettaglio in particolare: le scarpe. "Mio fratello ha sempre indossato sneaker slacciate fin da piccolo, nelle foto invece aveva delle scarpe di una marca che detestava, di un numero più grande e allacciate con due lunghi fiocchi. Lui non le avrebbe mai indossate così". La donna sembra non avere dubbi su questo particolare e ha raccontato che ha dovuto fare una scelta che le è costata molto: "Per far riaprire il processo sono stata costretta a tirare fuori delle testimonianze che avevo tenuto per me per tutelare i detenuti, ho dovuto farlo nonostante il timore di ripercussioni su di loro e me ne assumo la responsabilità. Allo Stato chiedo la dignità di mio fratello, devono ridarmela e possono farlo solo facendo l'autopsia che mi hanno sempre negato".
Cosa non torna
Alcune cose, però, non tornano circa la ricostruzione dei fatti del carcere Massama: non c’è nessuna foto che testimoni il ritrovamento del corpo appeso al lenzuolo con cui si sarebbe impiccato Dal Corso. La cella in cui si trovava il quarantaduenne romano era intatta, nel letto non mancavano lenzuola, c’era solo un pezzo di stoffa attaccato alla grata della finestra ma non si sa da dove Dal Corso l’avesse preso. Inoltre non è chiaro alla famiglia perché Stefano si sarebbe tolto la vita se da lì a poche settimane sarebbe uscito dal carcere. Per ultimo ci sarebbe un livido sospetto sul suo braccio destro.
Dopo la riapertura del caso l’avvocata della famiglia, Armida Decina, ha chiesto approfondimenti a partire dall’autopsia. Secondo la legale non possono bastare le testimonianze arrivate alla sorella. Intanto c’è già chi parla di un “nuovo caso Cucchi”.