Boys don't cry, a Palermo una mostra realizzata da giovani migranti insieme a Ludovica Anzaldi

Protagonisti gli scatti realizzati dai ragazzi, che ritraggono loro stessi o la loro assenza utilizzando l’essenziale guidati dalla curatrice del progetto, che ci racconta come ha avuto origine l’idea di questa esperienza

Boys don't cry, a Palermo una mostra realizzata da giovani migranti insieme a Ludovica Anzaldi

Un telo bianco, di sfondo a una parete nuda, e la semplicità delle cose posate a caso, per terra: frutta, verdura, oggetti di plastica. Ma anche ombre, volti, sorrisi. Incontri di diverse umanità. E quella fotocamera prima temuta, poi tenuta in mano con orgoglio, quasi un passaporto identitario, verso la riconquista di una nuova dignità. Tutto questo è “Boy’s Don’t Cry”, una mostra fotografica interamente realizzata da e con i giovani migranti del centro Asante di Palermo, in esposizione fino al 19 maggio al Centro Internazionale di Fotografia del capoluogo siciliano.  Protagonisti gli scatti realizzati dai ragazzi, che ritraggono loro stessi o la loro assenza utilizzando l’essenziale guidati dalla curatrice del progetto Ludovica Anzaldi, che ci racconta come ha avuto origine l’idea di questa esperienza: “Il progetto è nato in estate a Palermo, per tentare di coinvolgere i ragazzi in un periodo in cui, dopo la fine dei corsi invernali di italiano, normalmente non fanno nulla. Quindi abbiamo usato il tempo in maniera creativa, abbiamo visitato la città vedendo manifesti, abbiamo imparato i nomi della frutta, come si fanno le foto, e alla fine abbiamo fatto amicizia".

L’idea: conoscersi

La Anzaldi, 27 anni, è una fotografa e filmaker di origine palermitana che passa il suo tempo fra l’Italia e Parigi, dove studia e lavora. “Ho sempre cercato di conciliare il mio lavoro con gli aspetti relativi al sociale. In Francia ho avuto modo di visitare gli accampamenti dei sans-papier, nella capitale e soprattutto a Calais, per documentare le loro condizioni di vita e lì mi sono resa conto che loro non hanno bisogno solo di questo, ma di essere trattati innanzitutto come esseri umani”. Dallo scatto freddo di un teleobbiettivo all’idea di conoscersi, di regalarsi del tempo e uno scambio reale di attenzioni: così appena tornata a Palermo, la fotografa siciliana ha contattato i responsabili del centro Asante, dove soggiornano giovani e giovanissimi fra i 13 e i 23 anni. “Mi sono presentata per chiedere se potesse interessare l’idea di coinvolgere i ragazzi ospiti in un progetto di educazione all’immagine, poi mi sono proposta direttamente a loro, dapprima coinvolgendoli in esperimenti di disegno. Man mano che li vedevo più coinvolti, ho iniziato ad avvicinarli all’obiettivo della fotocamera. E’ stato appassionante per tutti, un momento di vera crescita e di interscambio culturale”. I ragazzi hanno tratto ispirazione dal mondo intorno a loro, andando in giro per Palermo, osservando i colori del mercato di Ballarò così come visitando la Biennale di arte contemporanea al centro della città, ed infine diventando essi stessi protagonisti consapevoli dei loro scatti.  Tutto il materiale accumulato è diventato poi il filo conduttore di Boy’S Don’T Cry.  

I contenuti della mostra

Inaugurata il 19 aprile, la mostra mette in esposizione un corpus di fotografie a colori realizzate su pellicola medio formato (6x6) da Hamissa Dembélé, Mory Sangare, Fofana Abdoulaye, Buba Drammeh e Kaita Aboubacar con un Hasselblad 500 che ritraggono i ragazzi ed il mondo che li circonda fatto di pochissimi oggetti che possiedono (camicie, scarpe, le sedie delle loro camere, le riproduzioni dei dipinti nei corridoi del centro) insieme a frutta e verdura acquistate nel vicino mercato di Ballarò; una proiezione di foto (pellicola in bianco e nero) realizzate durante le visite a Manifesta che offrono uno sguardo sulla città di Palermo, dai palazzi del centro storico all'Orto Botanico. E infine due video sempre realizzati dai giovani migranti che documentano le fasi del progetto. Accompagnano il percorso espositivo anche una serie di disegni a colori di Hamissa Dembélé in cui il giovane autore maliano reinterpreta i set fotografici. “La cosa più bella è il rapporto umano scaturito da questa esperienza” spiega Ludovica Anzaldi, ora tornata a Parigi dove ha appena presentato l'ultimo lavoro Released Youth, dedicato alla bellezza femminile senza età. “Cerco sempre di dare un significato alle cose che faccio. L'immagine è un veicolo potente di comunicazione e può rappresentare un'idea di società, come per Boy's Don't Cry. Porto ancora nel cuore l'enorme ritratto che Hamissa, prima di congedarci mi ha fatto a Palermo. Con tutti i ragazzi ci sentiamo ancora regolarmante, anche se alcuni di dopo l’emanazione del decreto Sicurezza non sono più ospiti del centro Asante. Spero che la mostra sia anche l'occasione per un momento di riflessione collettiva sulla società italiana”.