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[Intervista] L'avvocato: "Vi spiego perché Cesare Battisti ha deciso di confessare gli omicidi"

Dopo la clamorosa decisione di Cesare Battisti di riconoscere le sue responsabilità per i delitti commessi abbiamo intervistato il suo avvocato. Per Davide Steccanella il confronto con i magistrati non pregiudica la battaglia giudiziaria per l'annullamento dell'ergastolo

Ugo Maria Tassinaridi Ugo Maria Tassinari   
Cesare Battisti
Cesare Battisti

La decisione di Cesare Battisti di assumersi la responsabilità degli omicidi da lui commessi 40 anni fa come militante dei Proletari armati per il comunismo e di chiedere scusa ai familiari delle sue vittime ha scatenato una bagarre sui media e sui social. L’ex terrorista, ieri scrittore di fama, oggi ergastolano al carcere duro, è personaggio divisivo. Abbiamo perciò deciso di provare a restituire le sue ragioni facendocele raccontare dal suo avvocato, Davide Steccanella, l’ultimo difensore di Renato Vallanzasca

Migliaia di cittadini ora temono che la sua ammissione di colpevolezza sia una oscura manovra per assicurargli l'impunità. Quali sono le sue ragioni e gli obiettivi?
Nessun oscura manovra e nessuna particolare finalità. Dopo 40 anni Cesare Battisti, visto che fino ad oggi lo avevano sempre fatto altri, ha voluto dare la propria versione sui fatti che lo avevano visto coinvolto in un determinato periodo storico del nostro paese e dal quale era andato via quando era completamente diverso dal paese attuale. Per farlo ha scelto la sede che ha ritenuto più propria, incontrando per la prima volta un magistrato italiano, il Procuratore del nucleo antiterrorismo di Milano e l’agente che ha proceduto al suo arresto in Italia. Nella fatica di ricostruire, a distanza di così tanto tempo, una parte di vita che risaliva a quando aveva poco più di 20 anni, Battisti ha riconosciuto con sofferenza, ma senza infingimento alcuno, la propria responsabilità per tutti i fatti per i quali era stato condannato, l’ultimo dei quali nell’aprile del 1979.
Ha quindi raccontato, ovviamente in sintesi, quanto fatto da allora a oggi, prima in Messico, poi in Francia e infine in Brasile, anche se privo di rilievo penale, nella volontà di fare chiarezza sulla sua persona quale oggi è, rispetto a quella che era stata allora, e verso la quale non è mancata una rivisitazione critica con disagio per le conseguenze di una scelta di militanza armata, ai tempi ritenuta, come da tanti coetanei, “giusta”. Proprio al fine di evitare possibili “malintesi mediatici”, voglio precisare che il mio assistito ha parlato esclusivamente di se stesso e che il tutto si è svolto in un clima di massima correttezza e trasparenza nel rispetto dei rispettivi ruoli, senza finalità diverse da quelle che ho riferito.

 


Avvocato, lei aveva avviato una diversa strategia difensiva, puntando su questioni rituali come la mancanza di atti giuridici da parte della Bolivia e quindi sulla necessità di applicare le condizioni dell'estradizione poste dal Brasile. In parole povere sostituire l'ergastolo con la condanna a 30 anni. La svolta è arrivata dopo il primo no alle vostre istanze. Continuerete anche la battaglia di diritto o puntate tutto sul percorso di reinserimento previsto dalla legge Gozzini?
L'incontro di sabato e domenica non ha nulla a che vedere con quanto oggetto di futura decisione da parte della Corte di Assise di appello alla quale è stato richiesto di adeguare l'ordine di esecuzione ai termini a suo tempo sottoscritti dall'Italia con il Brasile avendo noi eccepito la validità della consegna boliviana. Quindi nessuna svolta e tantomeno un nesso con il mancato riconoscimento della prescrizione della pena dell'isolamento. La battaglia di diritto su quel punto continua e non ha nulla a che vedere con la legge Gozzini perché la prima ha come obiettivo il diverso calcolo della pena da scontare e la seconda le modalità di esecuzione della stessa.

Molti firmatari dell'appello in favore di Battisti hanno difeso la loro scelta impopolarissima sostenendo che la questione non riguardava solo la vicenda umana dell'ex terrorista successo ma era un'occasione per riaprire il dibattito sugli anni di piombo e riproporre la questione di una soluzione politica di quel conflitto, per chiudere definitivamente con l'emergenza giudiziaria. Ora la sua ammissione che le accuse del pentito Mutti erano sostanzialmente esatte non rischiano di rappresentare una pietra tombale per questa battaglia?
Non vedo perché la legittima richiesta di una soluzione politica di un conflitto che certamente fu di matrice politica debba essere messa in discussione sol perché dopo 40 anni Battisti ha riconosciuto le proprie responsabilità nei singoli episodi a lui contestati, visto tra l'altro che non aveva mai negato di avere fatto parte dei PAC, gruppo che ai tempi praticò, unitamente a tanti altri, la lotta armata in Italia.

Ora in tanti pretendono che a chiedere scusa non sia solo Battisti ma anche tutti i suoi amici che si sono battuti per affermarne l'innocenza. A onor del vero la narrazione costruita dai suoi colleghi francesi, riuniti intorno alla Vargas, era decisamente fantastica. Ma Battisti ha mai creduto veramente che nell'Italia di fine anni 70 ci fosse un serio pericolo "nero" e che la guerriglia fosse una riedizione della Resistenza antifascista?
Questo non lo so perché di questo non abbiamo parlato. Che questo fosse il pensiero di molti (non tutti) che in quegli anni decisero di armarsi contro lo Stato è un dato di storia, anche se credo sia più riferibile a chi fece quella scelta nei primi anni settanta e non tanto a quei successivi gruppi che furono sostanzialmente figli del movimento del 77.

Lei, che della memoria storica di quegli anni è appassionato cultore, con i suoi libri dedicati al meglio della cultura pop (calcio e musica) ma anche con le agende rivoluzionarie, come descriverebbe il decennio rosso a un ragazzino di oggi?
Troppo complicato rispondere a questa domanda con una semplice risposta, mi richiamo a quanto scritto da me e soprattutto da altri più efficaci di me. Ma credo che per capire quegli anni la soluzione migliore sia quella di parlare con i diretti protagonisti di allora.

Nell'ostilità diffusa nei confronti del suo cliente quanto pesa il suo essere indisponente e "antipatico" e quanto invece avere raggiunto un clamoroso successo professionale? Vuole provare invece a raccontarci il cono di ombra di una vita comunque difficile, a partire ovviamente dall'impatto con l'ergastolo ostativo, prova dura per uno che comunque si è fatto 7 anni di carceri più o meno speciali?
Non so quali siano le ragioni che hanno contribuito a creare il mostro anche se fu solo uno, e neppure di gran rilievo, delle migliaia di partecipi di quel fenomeno diffuso e lungo, quanto all'attuale impatto credo che la galera non sia facile per nessuno soprattutto a distanza di così tanti anni, ma questo bisognerebbe chiederlo a lui.

Quando sarà disponibile non perderemo l’occasione.

Ugo Maria Tassinaridi Ugo Maria Tassinari   
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