Delitto Tramontano, Giulia uccisa con 37 coltellate. I risultati shock dell’autopsia
Smentita le prime dichiarazioni di Impagnatiello, che aveva sostenuto di aver colpito la fidanzata con due, massimo tre fendenti
Dai primi esiti dell'autopsia sul corpo di Giulia Tramontano, la 29enne al settimo mese di gravidanza uccisa dal fidanzato Alessandro Impagnatiello, emergono dettagli sulla dinamica dell’omicidio commesso dal fidanzato Alessandro Impagnatiello, che poi ha tentato di bruciare il corpo per due volte. L’autopsia, eseguita e conclusa dai medici legali nelle indagini dei carabinieri, coordinate dall'aggiunto Letizia Mannella e dal pm Alessia Menegazzo, e seguite direttamente anche dal procuratore di Milano Marcello Viola, ha permesso di rilevare la presenza di almeno 37 coltellate, due delle quali letali perché sferrate al collo: una ha reciso la carotide e l'altra ha colpito l'arteria succlavia. Non si può ancora dire con certezza (solo le relazioni successive potranno stabilirlo) se Giulia sia stata aggredita alle spalle, ma è una delle ipotesi prevalenti. Risulta certamente che non ci sono segni di lesioni da difesa da parte della 29enne. Una coltellata l'ha raggiunta anche al volto, nella zona del sopracciglio, e un'altra ancora ha perforato un polmone. Almeno due sono state inferte alla schiena.
Difficile datare con precisione il delitto
La Procura ha già contestato nella richiesta di custodia cautelare, oltre che la premeditazione, anche l'aggravante della crudeltà (non riconosciuta dal gip). Le relazioni autoptiche che saranno depositate nelle prossime settimane dovranno chiarire anche quante e quali siano le coltellate che potrebbero essere state inferte dopo che Giulia era già morta. Ad ogni modo, questa dinamica di omicidio rafforza l'ipotesi della crudeltà. Difficile, con le analisi effettuate oggi, datare il delitto - che dovrebbe essere avvenuto, stando alle indagini svolte finora, tra le 19 e le 20.30 di sabato 27 maggio - perché le ustioni hanno alterato i tessuti e non ci sono macchie ipostatiche. Tutte le altre risposte, tra cui gli esiti degli esami tossicologici, quelli sul feto e, ad esempio, se il corpo sia stato bruciato quando era già morta (è uno dei quesiti), potranno arrivare solo col deposito delle relazioni finali affidate ad un pool di medici legali e specialisti.
Impagnatiello, un "narcisista manipolatore"
Impagnatiello, con un profilo da "narcisista manipolatore", secondo gli inquirenti, aveva raccontato nei suoi due verbali di confessione davanti ai pm e al gip, di aver colpito Giulia con due, massimo tre, fendenti. Aveva anche sostenuto in un primo momento che lei si era colpita al collo da sola e lui l'aveva poi uccisa "per non farla soffrire". Poi, nella seconda versione aveva detto che lei, che aveva in mano un coltello per tagliare dei pomodori, si era ferita involontariamente alle braccia. Ricostruzioni totalmente smentite dagli esami autoptici di oggi.
La Procura di Milano, dopo effettuata l'autopsia, ha dato anche il nulla osta alla sepoltura della salma della 29enne. "Per avere la disponibilità della salma serve qualche giorno, anche per poter organizzare il rito funebre a Giulia e al piccolo Thiago. La metà della prossima settimana speriamo di avere il corpo per poter provvedere ai funerali", aveva spiegato l'avvocato Giovanni Cacciapuoti, legale della famiglia della giovane. Il legale, da quanto si è saputo, nel pomeriggio ha incontrato in Procura il procuratore Marcello Viola, l'aggiunto Mannella e il pm Menegazzo anche per discutere dei primi esiti dell'autopsia.
Che cosa rischia il killer di Giulia
Impossibile che il responsabile dell'omicidio di Giulia Tramontano, reato punito con l'ergastolo, possa tornare libero tra 10 anni se andasse a buon fine un percorso di giustizia riparativa. A smentire l'ipotesi prospettata in un'intervista al Fatto quotidiano dal pm Sebastiano Ardita, già consigliere del Csm, è il "padre" della riforma che ha introdotto la giustizia riparativa, il professore Adolfo Ceretti, docente di Criminologia alla Bicocca di Milano, che in un'intervista esclude anche che vi siano automatismi nell'accesso a questo tipo di percorso e di conseguenza agli eventuali benefici. "Dall'intervista di Ardita sembrerebbe che qualunque persona possa immediatamente accedere e arrivare all'esito di un percorso riparativo e quindi eventualmente alla diminuzione della pena. In realtà è un percorso molto complesso e richiede tutta una serie di tappe" chiarisce il criminologo , spiegando che il diritto dell'indagato a essere informato sin dall'inizio di questa possibilità "non significa che acceda subito ai programmi di giustizia riparativa". E che tra i "paletti" da cui non si può prescindere c'è il consenso "fondamentale" non solo dell'indagato ma anche della vittima, in questo caso dei familiari di Giulia.
"La giustizia riparativa lavora per gestire gli effetti distruttivi del delitto, ma solo se la persona indicata come autore dell'offesa e la vittima danno il proprio consenso. È un programma che consente loro di partecipare liberamente in modo consensuale, attivo e volontario alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato con l'aiuto di un terzo imparziale, adeguatamente formato, denominato mediatore".
Non solo: a monte c'è il vaglio preventivo del magistrato che procede, che, sentita anche la vittima, può investire i centri per la mediazione "se ritiene che il programma possa essere utile e se non comporti un pericolo concreto per gli interessati e per l'accertamento dei fatti. Se poi il percorso di giustizia riparativa ha buon esito, il giudice valuta se questo risultato può determinare una diminuzione della pena, ma non è assolutamente pensabile una diminuzione di pena automatica così come indicata dal consigliere Ardita. La diminuzione di pena - sempre che si avvii e si concluda un percorso di mediazione con un 'esito riparativo' considerato positivo dal giudice, sarà sempre affidata alle sue 'sensibilità'. Un'ipotesi come quella prospettata ora dal consigliere Ardita - conclude con nettezza Ceretti - non sta né in cielo né in terra".
La questione dei femminicidi resta intanto all'attenzione del governo, dopo il varo del pacchetto di misure da parte del Consiglio dei ministri che ha anche rafforzato le misure cautelari per i partner violenti . "In occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, mi piacerebbe portare le vittime o parenti delle vittime, a raccontare la loro vicenda nelle scuole. Niente è più educativo" ha detto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, intervistata da Bruno Vespa, rilanciando un'iniziativa annunciata nei giorni scorsi dalla ministra Roccella.