[La storia] “Lei è gay, vada al centro di igiene mentale”. L’assurda battaglia di Danilo per ottenere la patente

Ammise la sua omosessualità durante la visita miliare per la leva obbligatoria e da lì iniziò un incubo durato quasi 20 anni. “Patente speciale perché omosessuale”: ora un risarcimento che tenta di fare giustizia

[La storia] “Lei è gay, vada al centro di igiene mentale”. L’assurda battaglia di Danilo per ottenere la patente

A raccontarla oggi, questa storia, viene da sorridere. Ed è un buon segno. Significa che quel tempo ce lo siamo lasciati alle spalle. Magari non del tutto. Ma in quei termini lì, certamente. Saranno state le Unioni civili, a cambiare certe percezioni, o il dibattito aperto e ormai netto nel Paese, o il lavoro culturale instancabile di una rete fitta di associazioni, o forse anche l'esempio, le piccole battaglie, di quelli come lui, come Danilo Giuffrida, che, diciotto anni fa, ingaggiò una guerra coraggiosa, giunta in questi giorni a conclusione, consentendoci oggi di raccontare una piccola vittoria dentro una grande storia.

La visita speciale

La strana storia coraggiosa di Danilo, 36 anni, laureato in Filosofia, oggi a Los Angeles per lavoro, dopo aver vissuto anche a Tokyo, comincia quando affronta giovanissimo la visita medica per la Leva obbligatoria. Qui lui ammette, di fronte al plotone di medici, che è omosessuale. Già incontra le prime sbigottite reazioni. Secondo quanto racconta lui stesso alla Stampa, gli dicono che deve provarlo. E in che modo? “Si scriva all'Arci gay”, gli consigliano. Lui lo fa e così “dimostra” che è gay. Ma siamo appena agli inizi. Danilo all'epoca ha 19 anni. Subito dopo chiede di essere ammesso agli esami per la patente di guida. La motorizzazione, che non si sa come abbia avuto notizia dell'omosessualità dalla Marina militare, dice che in quanto gay Danilo non ha “le capacità psicofisiche” per ottenere la patente e deve sottoporsi a una visita speciale.

Il centro di igiene mentale

Danilo, giovane, un po' spaventato dalle circostanze, accetta di fare la visita speciale. Lo mandano in un centro di igiene mentale. Qui riceve un certificato di idoneità per la patente, che però deve essere rinnovato ogni anno per verificare guarigioni o peggioramenti. A questo punto, il giovane siciliano capisce che è il momento di reagire. Contatta un avvocato, Giuseppe Lipera, e comincia una vertenza, con tanto di pubblicità a mezzo stampa, per sollevare la questione. Parte il ricorso al Tar e sale per fortuna un'onda di indignazione.

La famiglia comprensiva

«Se al posto mio, che ho una famiglia comprensiva e forte alle spalle – dichiara Danilo alla Stampa -, ci fosse stato un altro ragazzino solo e spaurito, non so se avrebbe avuto la forza di metterci la faccia. E se non ce la mettevo, non andava così». Il Tar, dopo l'inevitabile, lunga attesa gli dà ragione, cassando per fortuna una procedura irrituale e vergognosa che chissà quante altre volte è stata applicata. Per il Tar, a Danilo deve essere riconosciuto anche un risarcimento economico per i danni subiti. Qui, però, comincia un'altra avventura.

Centomila euro

Giuffrida, secondo il Tar, aveva subito un caso di omofobia reiterata che gli aveva causato offesa e danni per almeno 100mila euro. L'entità del risarcimento, però, era stato ridotto nei vari gradi di giudizio a 20mila euro. Il giovane catanese si è opposto alla decurtazione e, mattone dopo mattone, ricorso dopo ricorso, dopo ben quattro processi e vari pronunciamenti, è riuscito a farsi rispettare. A quindici anni dai fatti, l'altro giorno, la Corte di Appello di Palermo, ha condannato i ministeri della Difesa e dei Trasporti a versargli 100mila euro. Ovviamente è stata da tempo cancellata la postilla incredibile di “patente speciale”, in quanto gay, ed è stato riconosciuto che “l'identità sessuale è da ascrivere al diritto costituzionale inviolabile della persona”.

Come dentro un film

“Mi sembrava di essere in un film – racconta oggi Danilo ai giornali - ho vissuto tutto questo tempo in una dimensione grottesca, quasi surreale”. «È una vittoria non personale del singolo - si legge in una nota diramata insieme al legale - ma di tutti coloro che ogni giorno sono costretti a sopportare condotte intollerabili che offendono la dignità della persona e dell'individuo, i quali non devono subire discriminazioni in base alle proprie scelte sessuali, specie se tali comportamenti provengono dalle Istituzioni pubbliche nell'esercizio delle loro funzioni amministrative”.

Tutti uguali

“Speriamo che questa sentenza- continuano i due -, ma soprattutto quella della Corte di Cassazione sia un monito non soltanto per le amministrazioni, ma per qualsiasi rappresentazione della società, sia essa privata o pubblica, in maniera da rendere eguali i diritti della persona e del cittadino, senza subire discriminazioni di nessun tipo, siano esse di genere, siano esse di altra natura, ma sempre di sprezzante riluttanza al nostro senso etico, morale e giuridico».

Piccola battaglia, grande conquista

Una piccola battaglia per una grande conquista, alla fine. Non sono passati molti anni, in fondo. Ma è passata molta acqua sotto i ponti. Oggi sembra incredibile che si possa solo immaginare di mandare un ragazzo in un centro di igiene mentale, e dargli una patente speciale, solo perché è gay . E forse questo è il segno che, nonostante a volte ci sembri il contrario, la società avanza, la cultura progredisce, la vita civile cresce e muta di segno.

Grazie anche al coraggio di chi osa e non piega la testa.