Una moratoria contro "l'assalto delle pale eoliche": in Sardegna i comitati guidano la rivolta. Cosa sta accadendo
In un documento la richiesta di bloccare le autorizzazioni: inoltrate già oltre 700 pratiche. I comitati: "La politica fermi tutto e vari un pian o energetico ambientale"
Una "moratoria" contro l'eolico selvaggio e il "furto della Sardegna". Oltre 200 persone riunite sotto il Consiglio regionale a Cagliari martedì mattina hanno chiesto e ottenuto dalle istituzioni sarde un impegno allo stop alla concessione di autorizzazioni per la realizzazione di parchi eolici e fotovoltaici e una riflessione in merito al futuro energetico dell'Isola. Un atto "non scontato" che getta una nuova luce sulla possibilità di arginare quello che da più parti viene definito un vero e proprio "assalto alla diligenza", in nome di una non meglio specificata "transizione energetica". Che in Sardegna è declinata in una pioggia di richieste di autorizzazione per la realizzazione di mega impianti fotovoltaici e eolici, a terra e a mare. Secondo i dati forniti da Terna, al 30 giugno di quest'anno sono già 718 le pratiche presentate, di cui 450 relative a mega impianti per l'energia solare, 238 per parchi eolici on shore e 30 per altrettanti off shore. Una potenza potenziale complessiva di 56,08 GW che si vanno ad "aggiungere agli impianti esistenti e a quelli già autorizzati".
Un'enormità, che in Sardegna - regione a forte vocazione agroalimentare e con il settore del turismo in crescita, spinto dalle bellezze naturalistiche - significa "devastazione" ambientale e paesaggistica e sottrazione di terreni, molto spesso fertili, alla produzione del cibo presente e futura. L'impatto delle rinnovabili rischia di ottenere l'effetto contrario rispetto a quello che si intende raggiungere attraverso l'obiettivo della transizione energetica verso fonti non fossili.
"Subito la moratoria"
E' per questo che i comitati di cittadini, tra cui "Su bentu nostu", attivo in particolare nel Sud Sardegna, seguiti anche dall'Anci, alle istituzioni regionali hanno chiesto (e ottenuto) di "approvare una legge urgente per una moratoria delle autorizzazioni di qualsiasi tipo di impianto e infrastruttura per la produzione energetica e di realizzazione di reti di trasmissione", come scritto in un comunicato presentato all'assessore all'Ambiente, Marco Porcu, al presidente del Consiglio regionale, Michele Pais, e a diversi capigruppo, "con effetto immediato" e che renda possibile "l’elaborazione di un piano energetico ambientale regionale", "sulla base di obiettivi concreti e percorribili, stabiliti attraverso un confronto con i Comuni, i cittadini e i vari comitati".
Durante l'incontro, il presidente del Consiglio regionale ha promesso un Ordine del giorno che, riferiscono i portavoce dei comitati, "dopo gli approfondimenti necessari, elabori un testo condiviso che coniughi la tutela del territorio, contro ogni speculazione e a favore di un processo che porti alla necessaria transizione energetica, dove protagonisti siano le Istituzioni sarde e le popolazioni della nostra Regione".
"Serve un piano energetico ambientale"
Un piano energetico ambientale e regionale quindi, che sia la conditio sine qua non per gestire questa forsennata corsa alle rinnovabili che, ribadisce Su bentu nostu, ha un solo nome: speculazione. "Ci sono due ordini di problemi se si contunuasse a dare autorizzazioni - dice Antonio Muscas, ingegnere e portavoce del comitato insieme a Marco Pau -, da una parte la devastazione irreversibile del territorio e dall'altra l'acquisizione di diritti da parte di queste società, per lo più multinazionali, che li utilizzeranno a proprio piacimento sottraendo la disponibilità e ogni decisione sui territori alle comunità locali. Le quali - continua - non potranno prendere decisioni neanche sul loro futuro energetico perché quei diritti avranno la priorità".
Perché non è detto che poi i mega impianti vengano realizzati. "Non dobbiamo dimenticare che in Sardegna abbiamo già gravi problemi di stabilità della rete, già oggi insufficiente persino per far andare i condizionatori di casa nelle giornate di grande caldo. Abbiamo visto il collasso con i tanti casi di black out" verificatisi durante il luglio più caldo di sempre. Per Muscas "allo stato attuale non è possibile pensare di produrre ulteriore energia, perché siamo già in sovraccarico. Ci vorrebbe un'infrastruttura adeguata - spiega -, investimenti nelle installazioni elettriche e negli impianti di accumulo: stiamo parlando di capitali enormi che nessuno si può permettere di stanziare".
Lo stato dell'arte
Attualmente la Sardegna è collegata con la Penisola da due cavidotti, il Sapei e il Sacoi, che, attraverso la Corsica, vanno uno in Toscana e l'altro nel Lazio. "Il Tyrrhenian Link, il nuovo cavidotto che collegherà l'Isola dei nuraghi alla Sicilia, ha un gigawatt che si aggiunge agli 1,4 gigawatt dei due cavidotti già esistenti. E' ovvio che questa capacità limitata - sottolinea l'ingegnere - non è in grado di trasferire quantitativi importanti verso il Continente".
La moratoria allora serve per avviare la giusta riflessione, soprattutto in virtù del fatto che il decreto Energia del governo Meloni, ancora in itinere, assegna alla Sardegna una quota di rinnovabili di 6 GW di potenza da mettere in campo entro il 2030, imponendo alla Regione di "legiferare per l’individuazione dei siti idonei entro 180 giorni dalla pubblicazione del decreto". Il tempo stringe, insomma, ed è per questo che la moratoria risulta opportuna e necessaria.
La soluzione: meno consumi elettrici
Ma secondo Muscas, il discorso della transizione energetica va allargato e la riflessione deve essere ben più ampia. "Dobbiamo tenere conto del fatto che il fabbisogno energetico è cosa diversa rispetto al fabbisogno elettrico, che sta aumentando esponenzialmente. Si pensi per esempio solo alle macchine elettriche che si vuole sostituire al parco auto attuale, a combustibile fossile. Significa elettrificazione dei consumi che, parlando della Sardegna, richiederebbero ben oltre gli attuali 5 gigawatt di potenza a disposizione", tra fossili e rinnovabili, spiega il portavoce di Su bentu nostu. "Tanto più che se anche si ricoprisse la Sardegna di distese di turbine e pannelli, come sarebbe se si raggiungesse la quota stabilita dal governo, si risponderebbe a una porzione infinitesimale rispetto al reale fabbisogno energetico italiano". La soluzione dove sta allora? "Nella riduzione drastica dei consumi energetici ed elettrici, non abbiamo alternative".