La Apple a Napoli, la bomba della camorra e la balla della città liberata
C’è una colpevole sottovalutazione del fenomeno criminale a Napoli. Non è una priorità per nessuno: non lo è per lo Stato, non lo è per le istituzioni locali
C’è una notizia buona e una notizia cattiva. Cominciamo da quella cattiva. La notte del 25 aprile una bomba distrugge ingresso e vetrina di un bar appena aperto alla periferia di Napoli. Non un bar qualunque. E’ quello che due ragazzi, Davide e Nelson, hanno messo su, con i loro risparmi, quando si è saputo che a San Giovanni a Teduccio (vecchio quartiere operaio, poi margine povero della città) sarebbe arrivata prima la nuova facoltà di Ingegneria dell’Università e poi addirittura il centro Apple per lo sviluppo delle App. Il bar è diventato per tutti quello degli allievi Apple.
Danni per 6mila euro
La bomba ha fatto saltare tutto: porta, arredi e altro. Chiaro il segno, per gli inquirenti. Camorra. Racket. Danni per 6mila euro. “Tremila a testa”, dicono amareggiati al Corriere del Mezzogiorno, i due ragazzi. E qui arriva la notizia buona. I due non hanno alcuna intenzione di arrendersi. Anzi, insistono, insisteranno. “Domani mattina – dichiarano al quotidiano napoletano - riapriamo, perché siamo bravi ragazzi e non ci arrendiamo ai delinquenti. È meglio che qui non vengano perché li faremmo arrestare subito».
Cronache distratte
Il fatto non dice molto di nuovo nelle cronache distratte della città di Napoli. Alcuni giornali nemmeno ne parlano. Una bomba del racket, ormai, merita dieci righe in cronaca. Eppure è il tratto drammatico di un impoverimento reso irreversibile dall’inazione, dalla dimenticanza. Di camorra, di racket, di illegalità diffusa, di crimine, in città non si parla quasi più. Tema bannato dalle discussioni, cancellato dalle agende. Non ne parla la politica, non ne parlano le istituzioni. Fedeli all’idea che se non lo racconti, non esiste, sono tutti protesi a cancellare la parola camorra. Ma l’organizzazione – che ringrazia perché il silenzio è da sempre il suo principale alleato – esiste, resiste, prolifera, controlla il territorio, comanda, occupa gli spazi e nega perfino la speranza.
Napoli non molla
Anche qui c’è una notizia buona e una cattiva. Cominciamo dalla buona, stavolta. E’ che Napoli si tiene strette le sue opportunità. Il centro Apple resta una straordinaria chance: non offre lavoro ma formazione, quindi cultura, crescita, competenze. Cioè le basi per il futuro e lo sviluppo. Intorno a quel centro, fiorisce, per imitazione, una cultura della sfida e della modernità. «Abbiamo rinunciato alla mensa interna — spiegano i professori al Corriere del Mezzogiorno — proprio perché vogliamo aprire l’università al quartiere». «L’università la sentiamo nostra, è la speranza del quartiere - dicono i due ragazzi del bar al giornale - Però il ministro dell’Interno faccia aumentare la sorveglianza».
Il sonno delle istituzioni
E qui arriva la notizia cattiva: le istituzioni sonnecchiano. Non vanno al di là di una foto di propaganda, di un comunicato stampa di solidarietà, al massimo si spingono a garantire più attenzione. Ma il meccanismo, animato da una inesorabile molla nascosta, torna sempre al punto di partenza. Le regole a Napoli le detta la strada e per strada non c’è legge dello Stato. C’è la camorra, ci sono piccoli feroci criminali, ci sono traffici illeciti, c’è la droga, c’è il racket, e tutto questo condiziona chiunque provi a muovere un passo.
I precedenti
Settimane fa spararono nelle vetrine della famosa pasticceria Poppella. Prima ancora, il racket fece fuoco sugli immigrati delle bancarelle del mercato della Duchesca, ferendoli e colpendo anche una bambina. Un salumiere del quartiere, Scarciello, denunciò illegalità diffusa e nessun azione vera dello Stato. Fu sommerso di gesti solidali. Ma a distanza di qualche mese, lui è lì che arranca e intorno tutto è uguale: illegalità e crimine, paura e silenzi. C’è una colpevole sottovalutazione del fenomeno criminale a Napoli. Non è una priorità per nessuno: non lo è per lo Stato, non lo è per le istituzioni locali. Tutti ne parlano malvolentieri, tutti vi dedicano parole di circostanze. E se qualcuno ne parla, ci si mette dieci minuti a indicarlo come il vero problema.
Spezzare l’idillio
E’ raccontare la camorra, oggi, la colpa. Dire la verità. Spezzare l’idillio. Sporcare l’oleografia. Rompere la balla di una città liberata, che in realtà si è liberata solo truccandosi il viso, mentre le mani sporcano il corpo. «La camorra non avrà il sopravvento – ha detto il professore Edoardo Cosenza -. Una parte dei danni la paghiamo privatamente noi”. C’è una notizia buona e una notizia cattiva, a Napoli. La cattiva è che la camorra detta legge. La buona è che ce ne vuole per ammazzarci tutti.