[Il commento] Torino perde il Salone dell'Auto, l'Appendino minaccia dimissioni. Il disastro 5 Stelle
Una municipalità divisa, la gaffe che costa al capoluogo piemontese anche il Salone, "scappato" a Milano. E la furia della sindaca sempre più accerchiata
Prima, erano state le Olimpiadi invernali. Adesso, il Salone dell’Auto. Torino passa tutte le volte il piatto. Ed è sempre lo stesso giocatore che se lo prende: Milano. Ma ogni volta la sconfitta brucia sulla pelle di qualcun’altro, oltre che su quella della città: il sindaco, Chiara Appendino. Che s’infuria contro tutto e tutti, a tempo scaduto ormai, contro gli organizzatori del Salone, e contro i suoi consiglieri e il suo vicesindaco. Al punto da lasciare una chiosa, al termine del suo intervento, nemmeno troppo criptica: «Senza sottrarmi alle mie responsabilità, mi riservo qualche giorno per le valutazioni politiche del caso». Ma dietro a questa minaccia di dimissioni, c’è già la visita del vicepremier Luigi Di Maio sotto la Mole, a parlar di Tav e di un mucchio di altre cose, compreso il fatto che lei è il sindaco e dovrà continuare a esserlo sino alla fine del mandato.
L'ennesima divisione interna
Resta però a tutti gli effetti questa dicotomia quasi insanabile fra il primo cittadino e i consiglieri del Movimento Cinque Stelle, con in testa il suo vicesindaco Guido Montanari, da una parte il primo cittadino arroccato nel suo maniero accerchiato dalla crisi e dall’altra un gruppo consiliare ereditato dalle battaglie No Tav e dalla sua anima ribelle delle origini, in una dispersione di orizzonti e di linee guida che finisce per nuocere soprattutto alla città. Il risultato è che la Torino intristita dalla crisi, con i negozi che chiudono e i prezzi delle case che crollano, adesso perde anche a maggior scorno un salone che nell’ultima edizione aveva portato 700mila visitatori, una vera e propria boccata d’ossigeno. Ma Andrea Levy, il presidente del «Salone all’aperto Parco Valentino», è stato irremovibile nella sua decisione, annunciata con un comunicato nella sera di giovedì: «Ringraziamo la Città di Torino per aver collaborato in questi 5 anni alla creazione di un evento di grande successo».
"Sono furiosa"
Però, tanti saluti a tutti, con la prossima edizione già fissata a Milano dal 17 al 21 giugno 2020. Appena l’ha saputo, la Appendino ha espresso tutta la sua rabbia: «Sono furiosa per la decisione del Comitato Organizzatore del Salone dell’Auto di lasciare Torino dopo 5 anni. Una scelta che danneggia la nostra città, a cui hanno contribuito alcune prese di posizione autolesioniste di alcuni consiglieri e dichiarazioni inqualificabili del vicesindaco». Semplicemente, era successo che mentre lei cercava di mediare assieme al nuovo Governatore della Regione Piemonte, il leghista Alberto Cirio, una gran parte del gruppo consiliare del Movimento Cinque Stelle aveva presentato una mozione contraria alla manifestazione per precludere l’utilizzo del Parco Valentino alle fiere, esasperando così gli organizzatori del Salone seduti al tavolo del sindaco, che sperava ancora di convincerli a restare. Nello stesso tempo, Guido Montanari, tanto per tracciare meglio le linee di demarcazione, era stato ancora più deciso parlando con La Stampa: «Fosse stato per me il Salone non ci sarebbe mai stato. All’ultima edizione ho sperato che arrivasse la grandine e se lo portasse via. Sono stato io a mandare i vigili per multare gli organizzatori». E loro hanno preso la palla al balzo e sono scappati via in fretta e furia un po’ spaventati, senza dimenticarsi solo di ringraziare tutti perché con quest’aria che tira non si sa mai.
"Sono stato travisato"
Dopo che il vaso era già bell’e rotto, Montanari ha spiegato su Facebook che le sue dichiarazioni erano state «travisate per giustificare scelte già assunte». In realtà, ha aggiunto, «ho sempre ritenuto che il Salone sia una ricchezza della città». Il sindaco ha tutte le ragioni di questo mondo per arrabbiarsi e lui si scusa sinceramente «per aver dato pretesto a polemiche strumentali». Solo che mentre Milano esulta e fa festa, a Torino è cominciato un vero e proprio tiro al bersaglio, da tutte le postazioni, non solo quelle degli avversari politici. Se il neo governatore Cirio ha sottolineato come stia «cercando di rimediare alle sconfitte della città, perché Torino non può continuare a perdere tutto quello che è stato costruito in anni di lavoro e di fatica dai suoi cittadini e dalle istituzioni», il presidente dell’Unione Industriali non riesce quasi a trovar parole per definire tutto il suo sconcerto, e Gianfranco Banchieri, presidente di Confesercenti, punta direttamente il dito contro la Appendino: «Il trasferimento del Salone ha un colpevole preciso, il solito, da qualche anno: una amministrazione allo sbando che evidentemente vuole male a questa città».
C'è la Juve: e poi?
Sotto la Mole, sta davvero andando via tutto: da quelle parti c’è rimasta solo la Juve che vince e stravince, e uno si chiede come sia possibile in una città che sembra fare della sconfitta quasi una ragione esistenziale. Certo è che Torino è un caso particolare nel panorama dei governi locali a firma Cinque Stelle, perché mette insieme le due anime dei Cinque Stelle, quella barricadera delle origini e quella più istituzionale, con esiti a volte inconciliabili. La Appendino è costretta a strane operazioni di equilibrismo tattico che la vedono quasi sempre soccombere alla logica ribelle del suo gruppo consiliare. Può davvero continuare così? Osvaldo Napoli, capogruppo di FI, dice che «deve dimettersi contro la sua maggioranza che è passata sulla vita della città come le sette piaghe d’Egitto». In realtà, è difficile che accada. Anche perché sarebbe una soluzione che il M5S non può politicamente permettersi. Si andrà avanti così, per la gioia di qualcun’altro, come sostiene Silvia Fregolent, deputata del pd; in fondo, la «Appendino è il miglior sindaco che i milanesi abbiano mai avuto».