La resurrezione di Eco e l'epidemia della meningite: un anno di bufale. Ma ora bisogna imparare a difendersi
Il 2017 sarà un anno decisivo per capire come gestire l'era della post-verità. E non si può che iniziare da un punto di partenza: definire, una volta per tutte, il confine che distingue l'informazione dalla disinformazione

Tutto ha avuto inizio nel 2008. Con la notizia che il presidente Obama non era nato su suolo americano. Una bufala, forse la più clamorosa - amplificata dal web - a cui in molti, però, hanno creduto. Oggi il termine "post-verità" è diventato di dominio pubblico. Anzi, L'Oxford English Dictionary ha deciso di eleggere 'post-truth' come parola dell'anno nel 2016. Ma che cosa si intende per "post-verità"? Semplicemente una notizia falsa, spacciata per autentica, in grado di influenzare una parte dell'opinione pubblica. Sebbene anche personaggi come Beppe Grillo abbiano definito come "nuova inquisizione" le strategie politico-editoriali per contrastare la post-verità, il problema effettivamente esiste e i danni che le notizie false possono causare sono sotto l'occhio di tutti.
Cosa si nasconde dietro la post-verità
Ci sono due motivi per cui le bufale circolano sul web. Il primo è che le "fake news" rappresentano un business per speculatori senza scrupoli e per i siti cosiddetti "acchiappa click". E difendere la prolificazione delle bufale nascondendosi dietro una presunta libertà di opinione è pura ipocrisia. Il secondo motivo è, forse, ancora più grave. Perché oggi le fake news possono diventare un'arma destabilizzante per personaggi pubblici e anche istituzioni. Soprattutto se il lavoro è completato dall'effetto amplificato dei social network.
Il 2016 anno delle bufale
Partiamo dalla delicata campagna sul Referendum. Come non ricordare la frase - assolutamente falsa - attribuita a Umberto Eco a poche settimane dalla sua morte. "Chi voterà NO è un imbecille e i grillini sono una legione d’imbecilli". Una bufala che è diventata immediatamente virale e che ha scatenato una marea di commenti sul web e sui social.
"Gli italiani imparino a fare sacrifici e la smettano di lamentarsi". Questa, invece, è stata la prima dichiarazione attribuita al premier Gentiloni appena nominato presidente del Consiglio. Peccato non fosse vera. Ma, anche in questo caso, le parole hanno fatto il giro del web scatenando reazioni anche dure da parte di migliaia di cittadini che le hanno lette sui siti e sui social.
Anche il tema del terremoto ha collezionato più di una bufala. Quella più clamorosa ha riguardato il complotto sostenuto dai sismologi per l'abbassamento, da parte dello Stato, della magnitudo del sisma per non pagare i danni. La bufala è diventata subito virale con migliaia di click, condivisioni e commenti di cittadini indignati. Alla fine ci ha dovuto pensare l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia a smentire la fake news.
Poi ci sono state le bufale sulla meningite, "portata in Italia dai migranti fuggiti dall'Africa". Anche in questo caso, solo l'intervento delle autorità, e in particolare dell'Istituto Superiore di Sanità, ha contribuito a svelare la fake news. Non prima che migliaia di cittadini avessero creduto alla bufala.
Nel 2016 non ci siamo fatti mancare nemmeno il complotto delle scie chimiche. E' tra le bufale più virali, con 15 mila ricerche ogni mese su google. Naturalmente, la scienza si è già espressa: non c'è niente di vero. Eppure, c'è chi continua a credere che il problema esista davvero.
Al presidente Trump si possono contestare molte frasi e parole, ma non quelle - mai pronunciate - sulla Statua della Libertà come invito all’immigrazione sregolata. Il presidente USA non ha mai detto o rilasciato interviste con questi toni. Migliaia di cittadini americani e, non solo, ancora oggi non sarebbero d'accordo con noi.
E per concludere, ha fatto il giro del mondo la falsa notizia dei microchip sottocutanei per il controllo della mente la cui installazione sarebbe dovuta partire nel 2018.
Il 2017 sarà un anno decisivo per capire come gestire l'era della post-verità. E non si può che iniziare da un punto di partenza: definire, una volta per tutte, il confine che distingue l'informazione dalla disinformazione.