Amatrice, la grande bugia dell’adeguamento antisismico della scuola crollata
L'avviso pubblico che fu affisso dal Comune all’esterno dell’istituto "Romolo Capranica" è da antologia. Cosa c'è dietro?

“Sontuosa opera di ristrutturazione dell’intero edificio, realizzata in poco più di tre mesi, consistente soprattutto nell’adeguamento della vulnerabilità sismica”. L’avviso pubblico che fu affisso dal Comune di Amatrice all’esterno dell’istituto onnicomprensivo “Romolo Capranica” è da antologia. Un mix tra il linguaggio degli ingegneri, quello degli amministratori. E quello degli imbonitori. L’aggettivo “sontuosa”, accostato a un’opera di ristrutturazione che invece dovrebbe essere soprattutto “efficace”, “sicura”, “affidabile”, suona oggi come un grottesco epitaffio. La scuola è crollata. Nella parte centrale alla prima scossa, poi nelle altre parti dopo una scossa di assestamento. Se il terremoto fosse avvenuto durante le ore di lezione sarebbe stata una strage.
Se, invece, il terremoto non si fosse verificato la gente di Amatrice vivrebbe ancora oggi nella convinzione di mandare i suoi figli in una scuola sicura. A prova di terremoto. Ed ecco il linguaggio dei tecnici. Stando all’avviso pubblico, la “sontuosa” e rapida ristrutturazione è consistita soprattutto in lavori di “adeguamento della vulnerabilità sismica”. Qua non siamo più nel campo della scelta delle parole più opportune. “Adeguamento” è un termine tecnico molto preciso. E ha un significato sostanzialmente diverso – anche dal punto di vista dei costi – dal termine “miglioramento”. La distinzione è così importante che, non appena è stato, sia pure indirettamente, chiamato in causa dal sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi, il titolare della Edil Qualità (l’impresa che nel 2012 effettuò i lavori), Gianfranco Truffarelli, ha tenuto a precisare: “Attenzione, l’appalto era per il miglioramento antisismico, non per l’adeguamento, e tra le due opere c’è una differenza abissale”.
La differenza è che i lavori di “adeguamento” sono sottoposti a regole precise, costano dai 200 ai 300 euro a metro quadro, ma conducono a un’effettiva messa in sicurezza del fabbricato. Il “miglioramento” è invece un concetto generico, non codificato. Come ha spiegato Armando Zambrano, presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri, al “Fatto quotidiano”: “Qualunque intervento il progettista dichiari essere di miglioramento viene accettato come tale”.
Prima della catastrofe, cioè fino a pochi giorni fa, la distinzione tra “adeguamento” e “miglioramento” era nota solo agli specialisti. D’altra parte, applicando il normale buonsenso è difficile immaginare che un edificio “migliorato” dal punto di vista antisismico possa crollare di schianto. Anzi, il termine è così ambiguo da poter far credere che già l’edificio avesse un certo grado di tenuta e che poi questa tenuta sia stata ulteriormente “migliorata”. C’è da augurarsi che la confusione tra i due termini sia all’origine di quell’avviso pubblico esposto dal Comune di Amatrice fuori dalla scuola. L’alternativa è che qualcuno, deliberatamente, abbia deciso di dare alla cittadinanza una informazione falsa. Sontuosamente falsa.
Per i familiari e per gli amici delle vittime, per i sopravvissuti, il tempo delle lacrime durerà ancora a lungo. Per le istituzioni è già finito. E’ il tempo delle indagini e dell’accertamento delle responsabilità. E quanto è già emerso in pochi giorni fa ritenere che per una serie di personaggi stia per cominciare un nuovo tempo delle lacrime. Nel primo rapporto di otto pagine inviato dalla Guardia di Finanza al presidente dell’Autorità Anticorruzione, Raffaele Cantone, si legge, tra l’altro, che la Edil Qualità – a dispetto del nome – non era del tutto a posto col Soa, il certificato che garantisce la reale qualità professionale dell’impresa. Detto in parole povere: la scuola di Amatrice è stata ristrutturata da un’azienda non perfettamente in regola. Un fatto che da solo – al di là degli “adeguamenti” e dei “miglioramenti” – getta una luce sinistra sulla tragedia.
Il fatto è che questa luce colpisce l’intero sistema. L’intero meccanismo avviato fin dal 1997 quando – dopo il devastante terremoto che colpì la vicina Umbria – la provincia di Rieti stanziò 21 milioni per la messa in sicurezza degli edifici. Bene, non si sa come sia stata effettivamente spesa buona parte di questa cifra. Non solo, come riferisce oggi il “Corriere della Sera”, alcuni cittadini che avevano acquistato degli stabili col certificato di “messa a norma” hanno scoperto che sulle loro case non era stato fatto alcun intervento. Insomma – ed è uno dei filoni principali dell’inchiesta aperta dalla procura della Repubblica di Rieti – c’è il sospetto che i fondi destinati agli interventi antisismici – probabilmente giocando sull’equivoco tra “miglioramento” e “adeguamento” – non siano stati destinati allo scopo e poi ci sia stato chi ha falsamente attestato che la ristrutturazione era stata realizzata. Il fatto è che i lavori di “adeguamento” non si vedono. Sono interventi interni, tutt’altro che sontuosi. E molto costosi. Mentre le ristrutturazioni, gli abbellimenti, fanno la loro figura. Finché non arriva il terremoto.