Papa Francesco e l'affondo sugli scandali vaticani: "A vincere sia la giustizia e l'amore per il Vangelo"
I principi richiamati dal papa aiutano a leggere nella giusta luce anche il caso dello scandalo finanziario del palazzo di Londra che ha coinvolto perfino la segreteria di Stato
La bilancia della giustizia in Vaticano sottoposta a minute analisi e critiche in questo tempo nel quale si celebra il processo più rilevante degli ultimi decenni, ha trovato il punto di equilibrio nel discorso di papa Francesco in apertura del 93° Anno giudiziario del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano. Le passioni turbolenti suscitate e manifestate nelle fasi preparatorie e nelle prime udienze del processo sullo scandalo del palazzo londinese, tirando in causa perfino un cardinale illustre della segreteria di Stato e la scontata curiosità dei media internazionali ha forse consigliato il papa a richiamare stile e sostanza di un Tribunale che deve perseguire giustizia e misericordia, obiettivi indiscutibili per una Chiesa che voglia essere fedele al Vangelo e non un’entità statuale tra le altre. Per non inciampare in conclusioni partigiane, il discorso del papa rimane un punto di riferimento anche per intravedere la sua mente in questa stagione di riforme in ambito giudiziario.
Francesco non ha nascosto che la riforma finora attuata sta dando buoni frutti, ma richiede di essere perfezionata e completata su punti che sono tuttora allo studio. Rilevante il grazie rivolto dal papa in particolare al presidente del tribunale Giuseppe Pignatone, al promotore di giustizia Gian Piero Milano e ai magistrati dei rispettivi uffici e loro collaboratori “per la dedizione con la quale si impegnano nel delicato servizio”. E’ ancora viva, del resto, la polemica e il disappunto della difesa nei confronti dei magistrati dell’accusa nel processo che vede imputati dieci persone, una delle quali e la più eminente è il cardinale Angelo Becciu. Francesco non entra nei dettagli processuali non essendo suo compito, ma parla in modo tale che qualunque sarà la sentenza, a vincere sia la giustizia e l’amore il Vangelo, unico vincolo davvero inderogabile per la giusta giustizia in Vaticano. Allo stesso tempo non perde di vista “un momento così critico per l’umanità, in cui l’idea del bene comune – che è molto più della somma dei beni individuali – è messa alla prova”. Si tratta “di un impegno gravoso e carico di responsabilità. Esso infatti riguarda i valori fondamentali per la nostra convivenza e si realizza in un ambito che rappresenta un terreno privilegiato di convergenza e collaborazione fra credenti e non credenti”.
Il processo sinodale in corso in tutta la Chiesa “interpella anche l’ambito giudiziario” richiede cioè una mentalità nuova liberata dalla corsa al bene particolare per garantire la riuscita del “camminare insieme”. Si tratta di un cammino che richiede ascolto, che nell’ambito giudiziario appartiene alla natura stessa del giusto processo. “Nell’attività giudiziale – ricorda il papa - è richiesto ai magistrati un esercizio costante di ascolto onesto di quanto viene argomentato e dimostrato dalle parti, senza pregiudizi o precomprensioni nei loro confronti. Con la stessa disponibilità all’ascolto, che richiede tempo e pazienza, ogni membro del collegio giudicante deve aprirsi alle ragioni presentate dagli altri membri, per arrivare a un giudizio ponderato e condiviso. Ascoltare tutti. Un serio e paziente lavoro di discernimento rimane pertanto imprescindibile per arrivare all’esito di una sentenza giusta e realizzare così la natura e la finalità proprie del processo, che dev’essere attuazione di giustizia rispetto alle persone coinvolte e, insieme, riparazione dell’armonia sociale che guarda al futuro e aiuta a ricominciare. A tal fine, le esigenze di giustizia implicano una valutazione comparata di posizioni e interessi contrapposti ed esigono una riparazione.
Inoltre, nei processi penali, la giustizia va sempre coniugata con le istanze di misericordia, che in ultima analisi invitano alla conversione e al perdono. Fra questi due poli sussiste una complementarità e si deve cercare un bilanciamento, nella consapevolezza che, se è vero che una misericordia senza giustizia porta alla dissoluzione dell’ordine sociale, è pur vero che «la misericordia è la pienezza della giustizia e la manifestazione più luminosa della verità di Dio». L’equità nel caso singolo si trova solo in questa prospettiva ampia. Singolare il richiamo che puntualizza come il diritto canonico deve essere la guida principale nell’amministrazione della giustizia nel Vaticano, ma “nelle materie alle quali non provvedono il diritto della Chiesa e le altre “fonti principali” del diritto (indicate nell’articolo 1 della Legge sulle fonti) si osservano, in via suppletiva e previo recepimento da parte della competente autorità vaticana, le leggi e gli altri atti normativi emanati nello Stato italiano, purché non risultino contrari ai precetti di diritto proprio, né ai principi generali del diritto canonico, nonché alle norme dei Patti Lateranensi e successivi Accordi”.
Le riforme in Vaticano “intendono corrispondere, da un lato, ai parametri sviluppati dalla comunità internazionale in diversi ambiti, come quello economico, e, dall’altro, all’esigenza propria della Chiesa di adeguare tutte le sue strutture a uno stile sempre più evangelico”. Pertanto sono state introdotte disposizioni “per favorire il processo di contenimento della spesa, reso purtroppo ancora più urgente dalle difficoltà causate dalla pandemia, e per rafforzare ulteriormente la trasparenza nella gestione della finanza pubblica, che, in una realtà quale la Chiesa, dev’essere esemplare e irreprensibile, soprattutto da parte dei soggetti che ricoprono importanti ruoli di responsabilità”. Al riguardo ha ricordato Francesco “si può ricordare che nel corso dell’ultimo anno sono giunte a decisione alcune complesse vicende giudiziarie, relative a reati in ambito finanziario ovvero a reati contro i buoni costumi, che hanno fatto emergere sia comportamenti delittuosi puntualmente sanzionati, sia condotte inappropriate che hanno sollecitato l’intervento dell’autorità ecclesiastica competente”.