Tremano i potenti: si pente Nicolino Grande Aracri, il boss calabro-emiliano inserito nella massoneria
Da circa un mese collabora con la Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro. Difficile calcolare la quantità sterminata e la portata delle informazioni che potrebbe ora riversare agli inquirenti
Si tratta di uno dei capi più carismatici della ‘ndrangheta. Ora, però, ha deciso di “cantare”. Nicolino Grande Aracri, boss della cosca di Cutro (in provincia di Crotone), ma da anni “padrone” dell’Emilia Romagna, da circa un mese collabora con la Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, retta da Nicola Gratteri. Difficile calcolare la quantità sterminata e la portata delle informazioni che Grande Aracri potrebbe ora riversare agli inquirenti.
Uno dei capi della ‘ndrangheta
Non solo sull’ala militare della ‘ndrangheta, considerata ormai unanimemente l’organizzazione criminale più ricca e pervasiva. Grande Aracri, infatti, è conosciuto per le sue importanti entrature nell’economia, nella politica, ma anche nella magistratura e persino in Vaticano.
Detto “Il Professore” o “Mano di gomma”, Grande Aracri, dalla periferica Cutro aveva, già dagli anni ’80, spostato il proprio raggio d’azione al Nord, in Lombardia, ma, soprattutto, in Emilia Romagna. Per lui la svolta arriva con la carcerazione di Antonio e Raffaele Dragone, i boss crotonesi a cui era inizialmente legato. La scissione con il clan Dragone comincia a maturare nei primi anni '90, mentre il vecchio boss è confinato al nord Italia, fino a sfociare in una vera e propria faida che raggiunge il culmine quando, nel 1999, viene assassinato a Cutro Raffaele Dragone, figlio dell'anziano capobastone. Da quel momento, inizia una lunghissima scia di sangue, che coinvolge non solo la Calabria, ma anche l'Emilia Romagna. E Nicolino Grande Aracri raggiunge la notorietà, anche nazionale, proprio con il coinvolgimento nel maxiprocesso "Aemilia", che ha svelato come l'Emilia Romagna sia stata pesantemente colonizzata dalla 'ndrangheta, capace di incidere nella vita economica, politica e sociale della regione.
Ed è inquietante la fitta rete di relazioni che emerge dall’inchiesta “Aemilia”. Non c’è settore economico o ambiente di potere che Grande Aracri e i suoi uomini non siano riusciti a infiltrare e condizionare. Con metodi non più da ala militare, ma da ‘ndrangheta imprenditoriale, che usa la propria forza economica per corrompere i funzionari pubblici e per strozzare le imprese, soprattutto nel settore edile, con un’asfissiante rete di usura ed estorsioni.
Le alleanze con “colletti bianchi” e massoneria
Quando, nel gennaio 2015, i Carabinieri arrestano in Emilia Romagna il boss Nicolino Grande Aracri, nel corso di una perquisizione domiciliare rinvengono anche una spada simbolo dei Cavalieri di Malta. L'inchiesta Aemilia mostra, ulteriormente, in tutta la sua ampiezza, la capacità della 'ndrangheta non solo di penetrare tutti i territori, ma anche di entrare in stanze apparentemente inaccessibili. Da Cutro, paese in provincia di Crotone, Grande Aracri infatti avrebbe costruito un impero in Emilia Romagna, ma si sarebbe mosso in ambienti impensabili, se non si considera la 'ndrangheta come l'organizzazione criminale più potente d'Italia e tra le più potenti in Europa e al mondo. Le ingerenze di Grande Aracri, infatti, sono da registrare negli ambienti massonici, ma anche in Vaticano e fino alla Corte di Cassazione.
Un'inchiesta mastodontica, quella che svela gli affari della 'ndrangheta crotonese in Emilia Romagna, con cui gli inquirenti scoprono lucrose operazioni finanziarie e bancarie che alcuni soggetti avrebbero messo in atto per conto di Grande Aracri, ponendosi come intermediari tra questi e altri soggetti estranei all'associazione al fine di consentire l'avvicinamento a settori istituzionali anche per il tramite di ordini massonici e cavalierati. Ancora una volta la 'ndrangheta si mostra per quella che è: non solo una banda armata, ma un'organizzazione che ha come proprio principale scopo quello di tessere relazioni sociali e istituzionali al fine di arricchirsi e condizionare i territori su cui opera.
Come emerge dalle intercettazioni agli atti dell'inchiesta Kyterion, Grande Aracri sarebbe stato molto ben inserito in ambienti massonici, ottenendo anche l'investitura a Cavaliere. È lo stesso boss originario di Cutro a confermarlo in una conversazione captata: «Io ho avuto la fortuna di capire certe cose... sia dei Templari... sia dei Cavalieri Crociati... di Malta... la Massoneria di Genova...» Sono gli stessi soggetti intercettati nell'inchiesta a dar peso al legame tra massoneria e criminalità organizzata: «E lì ci sono proprio sia ad alti livelli istituzionali e sia ad alti livelli di 'ndrangheta pure». Il meccanismo è quello che nasce con la Santa. Grazie alla massoneria, alcuni soggetti, pur se non affiliati alla 'ndrangheta, sono in grado di assicurare al sodalizio entrature nelle sedi istituzionali più disparate come quelle della Chiesa e della magistratura, per garantire – è scritto negli atti processuali – «pressioni e capacità di intervento circa le vicende processuali degli affiliati». Grande Aracri avrebbe cercato di aggiustare un processo a Roma per far annullare la decisione del Tribunale del Riesame di Catanzaro che aveva confermato l'arresto del cognato. Quella sentenza fu effettivamente annullata con rinvio dalla Cassazione, ma gli inquirenti non riusciranno ad accertare il coinvolgimento di un magistrato. Sempre per aiutare il cognato, Grande Aracri avrebbe speso (senza successo, tuttavia) anche le proprie amicizie in Vaticano. L'obiettivo è spostare il parente detenuto dal carcere di Sulmona a quello di Siano, a Catanzaro, in modo tale che fosse più vicino ai familiari: la provincia crotonese, infatti, non dista molti chilometri dal capoluogo di regione. Tramite un'amica giornalista, Grande Aracri prova a intervenire in Vaticano. La donna, infatti, è in stretto contatto con un monsignore, nunzio apostolico e, nel 1995, "cappellano di sua Santità". Un prelato che sarebbe capace di smuovere cardinali e non solo. «Il nostro piccolo Giovanni tra una settimana starà vicino casa sua» dice la donna dopo l'incontro, avvenuto in Vaticano. Il monsignore manda anche i saluti alla moglie del detenuto: «Ha detto che è stata generosa e splendida. Gli ha lasciato 500 euro che lui ha preso volentieri per i suoi poveri».
Tremano i potenti
Il 19 luglio 2018 la Corte d'assise d'appello di Catanzaro ha condannato Nicolino Grande Aracri ed il fratello Ernesto entrambi all'ergastolo. Sentenza divenuta definitiva nel giugno del 2019, per l'omicidio del vecchio capobastone di Cutro, Antonio Dragone, avvenuto nel 2004 nelle campagne del Crotonese, del quale Nicolino Grande Aracri era stato il braccio destro.
Un punto fermo su una storia criminale lunga diversi lustri, che potrebbe aver inciso sulla scelta dell’uomo di collaborare con la giustizia.
Per questo, la collaborazione di Grande Aracri scuote il mondo criminale, non solo calabrese. Come ha testimoniato anche l’inchiesta di ieri della Procura di Firenze sulle ingerenze della ‘ndrangheta in Toscana, l’organizzazione mafiosa estende ormai i suoi tentacoli sull’intero Paese. Nell’inchiesta “Aemilia”, i legami con Grande Aracri trascinarono via imprenditori, professionisti e politici. Il “pentimento” di Nicolino Grande Aracri, quindi, può essere equiparato a quello, storico, di Tommaso Buscetta, che aprì le porte di Cosa Nostra al giudice Giovanni Falcone.
E per la ‘ndrangheta, da sempre organizzazione chiusa ermeticamente e salvaguardata dai vincoli familiari, potrebbe essere uno spartiacque essere colpita, forse per la prima volta, dalla collaborazione di uno dei suoi capi più influenti. Insomma, le dichiarazioni di Grande Aracri potrebbero essere utili non solo ai magistrati calabresi, ma a quelli di mezza Italia, per la capacità dell’uomo di muoversi in ambienti occulti, quali la massoneria, dove ha intessuto rapporti con il mondo istituzionale e paraistituzionale.