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Si fa presto a dire vaccino. Le sfide per la produzione e confezione di miliardi di dosi

Gli annunci degli ultimi giorni hanno riacceso le speranze ma la strada verso la fine della pandemia non è ancora in discesa. Ecco perché

Alessandro Spaventadi Alessandro Spaventa   
Si fa presto a dire vaccino. Le sfide per la produzione e confezione di miliardi di dosi

L’annuncio di Pfizer-Biontech prima e quello di Moderna poi sui vaccini contro il Covid-19 hanno riacceso le speranze di mezzo mondo. In attesa della conclusione della sperimentazione e delle autorizzazioni delle authority americana ed europea entrambe hanno già fatto partire la produzione così da farsi trovare pronte a gennaio con decine di milioni di dosi.

Miliardi di dosi

Pfizer ha annunciato la produzione nei suoi stabilimenti negli Stati Uniti e in Belgio e presso la Biontech in Germania di 50 milioni di dosi entro l’anno e di 1,3 miliardi di dosi nel 2021. Moderna, dal canto suo, muovendosi da sola e non potendo contare sulla necessaria capacità produttiva assicurata dall’alleanza con una multinazionale del farmaco, si è affidata a una partnership con la società svizzera Lonza. Quest’ultima nel 2021 produrrà nei suoi stabilimenti svizzeri e americani tra i 500 milioni e 1 miliardo di dosi.

Sfide risolte (o quasi)

Il compito, soprattutto per la partnership Moderna-Lonza, non sarà dei più facili. Come ha ricordato in una intervista alla rete americana CNBC Albert Baehny, presidente di Lonza: «Possiamo andare oltre i 500 milioni di dosi per anno solo se montiamo delle nuove linee di produzione. Abbiamo quindi bisogno di nuovi investimenti». Poi ha ricordato le sfide connesse al vaccino: «La prima è quella della velocità. Abbiamo iniziato solo 10-11 mesi fa e ora stiamo già producendo i primi lotti per la vendita negli Stati Uniti e nel giro di un paio di settimane partiremo anche in Svizzera. Poi ci sono le persone: per ogni linea di produzione servono tra le 50 e 60 persone con le necessarie competenze e capacità. Abbiamo installato quattro linee il che vuol dire trovare e addestrare il relativo personale. Infine, legata alla sfida della velocità, c’è quella di trovare i macchinari, montarli e poi testare la linea di produzione. Grandi sfide che abbiamo risolto, o quasi risolto, in meno di un anno».

Il vaccino, dove lo metto?

Le sfide connesse al vaccino, tuttavia, non sono solo quelle affrontate dai suoi produttori. Molto si è detto in questi giorni dei problemi legati alla logistica e distribuzione: la conservazione dei vaccini, il trasporto, la distribuzione capillare. Ma quando si tratta di decine di milioni di dosi e poi di centinaia di milioni tutto diventa un problema, e a monte di logistica e distribuzione ce n’è uno ancora più basilare. Dove le si mettono tutte queste dosi di vaccino?

Organizzarsi di conseguenza

Domanda ovvia. Nelle fiale. Fiale fatte di vetro borosilicato, che altro non è che il pyrex. Niente di trascendentale, ma la cosa si complica quando appunto servono centinaia di milioni di pezzi in poco tempo. Non è che siano poi così tante al mondo le aziende che le producono.

Tra le principali vi sono le tedesche Schott e Gerresheimer e l’italiana Stevanato. A giugno le tre aziende hanno fatto sapere in un comunicato congiunto che non si sarebbero fatte trovare impreparate e che avrebbero fatto in modo che i produttori di vaccino non avrebbero avuto problemi nel reperire le fiale necessarie. E si sono organizzate di conseguenza.

Soffiatori di vetro

Tutte e tre le aziende sono leader globali del settore con una storia antica alle spalle. Il Gruppo Stevanato trae origine da una soffieria di vetro nata nei pressi di Venezia nel 1949 ed è oggi il secondo maggiore produttore al mondo di fiale e uno dei leader globali nella produzione di contenitori in vetro per i farmaci. Ha un fatturato di 570 milioni di euro, 4mila addetti e oltre a quelli di Piombino Dese, nei pressi di Padova, Latina e Bologna, ha stabilimenti in Slovacchia, Germania, Danimarca, Messico, Stati Uniti, Brasile, Cina e Giappone.

La tedesca Schott, invece, ha una storia lunga 130 anni nella produzione di vetri speciali. Oggi ha un fatturato di circa 2,2 miliardi di euro, 16mila addetti e stabilimenti in 34 paesi. Coincidenza particolare, ha il suo quartier generale a Magonza, la città della Biontech.

L’altra azienda tedesca, la Gerresheimer, infine, è un altro colosso della produzione di contenitori e prodotti in vetro per il settore farmaceutico. Nata anch’essa come soffieria di vetro nel lontano 1864 oggi ha un fatturato di 1,4 miliardi di euro, impiega 10mila addetti e ha 37 stabilimenti sparsi per il mondo.

Per fortuna…

Per fortuna la pandemia è arrivata in una fase in cui molti produttori stavano già programmando investimenti e espansioni della loro capacità produttiva. Come ha ricordato al Financial Times Salvatore Ruggiero, portavoce della Schott: «la cosa buona è che tutti i grandi fornitori di vetro e confezioni in vetro avevano investito grandi somme per aumentare la produzione già prima della pandemia». La Schott, ad esempio, aveva già dato il via a un programma d‘investimento di 1 miliardo di euro per la sua divisione di prodotti per la farmaceutica grazie al quale ha in previsione di fornire contenitori per 2miliardi di dosi del vaccino.

24/7

Anche la Gerresheimer ha previsioni simili, anzi leggermente più elevate, da 2,5 a 3 miliardi di fiale, circa un terzo di quella che si ritiene sarà la domanda globale. Per far fronte agli ordini provenienti dai produttori del vaccino i suoi impianti stanno lavorando 24 ore al giorno, sette giorni su sette, organizzando produzione e logistica tra il lockdown di un paese e le restrizioni imposte da un altro.

È roba triviale solo se ce l’hai

Avere il vaccino e rimanere senza fiale è impensabile. E così per cercare di limitare i rischi di una possibile penuria di contenitori lo standard probabilmente non sarà la monodose, ma quello di fiale da 10 millilitri in grado di contenere 8-15 dosi di vaccino. La Stevanato, ad esempio, già prima dell’estate aveva ricevuto un ordine dalla nonprofit Coalition for Epidemic Preparedness Innovations di 100 milioni di fiale da 20 dosi, per un totale di 2 milioni di dosi di vaccino.

D’altronde, come ha ricordato al Washington Post Awi Federgrue, professore di logistica e gestione delle catene produttive alla Columbia University, «fiale e relativi tappi sono roba triviale solo se li hai a disposizione». Senza, anche produrre miliardi e miliardi di dosi di vaccino servirebbe a poco.

Alessandro Spaventadi Alessandro Spaventa   

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