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[L’intervista esclusiva] “Io, indagato per il disastro del Ponte Morandi. Tre anni fa avviai un progetto per salvare quello strallo”. Ma poi fu bloccato

Parla a TiscaliNews Mario Bergamo, ex direttore alla sicurezza e manutenzione di Autostrade per l’Italia, indagato per il disastro di Genova: “lessi le relazioni trimestrali dei nostri ingegneri che si occupavano del monitoraggio e mi attivai subito per gli evidenti problemi della pila 9. Diedi il via ad un progetto, poi andai via e non so che fine abbia fatto”. Tutto si fermò per ripartire due anni dopo, con nuovi consulenti e nuovo studio. Ma era ormai troppo tardi  

di Giuseppe Caporale, direttore TiscaliNews   
Quello che resta del ponte Morandi
Quello che resta del ponte Morandi

“Guardi, mi lasci parlare prima con i magistrati. Quando mi interrogheranno racconterò ciò che ho fatto nei 15 mesi di mia competenza in quel ruolo”. Mario Bergamo, direttore dal gennaio del 2015 all’aprile del 2016 del settore sicurezza e manutenzione di “Autostrade per l’Italia” è uno dei protagonisti della dolorosa vicenda del crollo del viadotto Polcevera, meglio noto come ponte Morandi. Oggi è l’amministratore delegato dell’autostrada Tirrenica (controllata al 100 per cento da Autostrade per l’Italia). Per quei 15 mesi da direttore alla sicurezza è finito nel registro degli indagati, insieme ai top manager dell’azienda, ai responsabili del tronco autostradale di Genova, ad alcuni ingegneri della Spea e a diversi dirigenti e funzionari del ministero. L’accusa è omicidio colposo plurimo, disastro colposo e omicidio stradale. Vorrebbe non parlare, ma è talmente certo della sua verità e che la sua posizione nei fatti sia ben diversa, che alla fine risponde ad alcune domande.

Bergamo, è vero che lei nel 2015 avvisò la società Autostrade del pericolo che c’era sul ponte Morandi?
“Sì, ma non usi la parola allarme. Io non diedi l’allarme. Notai un problema importante e avviai subito la procedura per intervenire”.

Di che tipo di intervento si trattava?
“Di una manutenzione straordinaria sulla famosa pila 9 (quella che secondo le prime ricostruzioni sarebbe responsabile del crollo, ndr)”.
E di preciso cosa fece?
“Quello che le posso dire è che avviai un incarico di progettazione e controllo”.
Cosa bisognava fare?
“In pratica occorreva aggiungere un sostegno a quella pila strallata e fare altri interventi sul Ponte”.

Come si accorse del problema?
“Lessi le relazioni trimestrali della Spea (la società di ingegneria di Autostrade per l’Italia che si occupa dei monitoraggi trimestrali sui ponti e i cavalcavia gestiti dalla concessionaria, ndr). Era tutto evidenziato in quei documenti. Consideri pure che sono un ingegnere strutturista e che mi ero interessato ad alcune opere di Morandi. Ebbi l’intuizione che quello strallo poteva essere un problema serio. Il mio fu un approccio pragmatico e ordinario”.

Cosa prevedeva il suo progetto?
“Avremmo messo dei cavi esterni in acciaio in aggiunta per sostenere quello strallo del ponte in forte crisi”.
Perché si arenò?
“Non so risponderle, andai via nell’aprile del 2016. Io avviai tutto, poi non so cosa sia successo”.
Fu lei a incaricare il Cesi per una consulenza?
“Sì”.

Il Cesi segnalò “asimmetrie di comportamento negli stralli”. Qualcuno in Spea o in Autostrade ritenne quella relazione tecnica esagerata?
“Non so risponderle”.

Perché quasi un anno e mezzo dopo si decise di incaricare il “politecnico di Milano” sostanzialmente assegnandogli la stessa consulenza affidata al Cesi?
“Non so risponderle, ero già andato via. Io conosco il mio progetto e posso solo ripetere ciò che ho fatto fino a quando ho ricoperto quel ruolo”.

Alla fine nell’ottobre del 2017 arriva sulle scrivanie del ministero un progetto di manutenzione straordinaria che nei fatti somiglia al suo. Come mai tutto questo tempo?
“Anche su questo non so risponderle”.

di Giuseppe Caporale, direttore TiscaliNews   
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