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[Il ritratto] “C’è il nubifragio non venire”, “no vengo lo stesso”. Così è morto il pediatra eroe, travolto dal fango per curare i bambini

Giuseppe Liotta è morto solo per compiere il suo dovere, per correre dai suoi bambini ricoverati nell’ospedale di Corleone. «Peppe», lo ricorda il suo amico Marcello Capetta, «era una persona buona, gentile, sorridente, simpatica, semplice, altruista, educata, perbene, onesta»

[Il ritratto] “C’è il nubifragio non venire”, “no vengo lo stesso”. Così è morto il pediatra eroe, travolto dal fango per curare i bambini

Al quinto giorno hanno trovato il suo corpo, senza vestiti, riverso a pancia in giù nel vigneto dell’azienda «Vitivinicola Corleone», nei campi allagati dal fiume Frattina. L’hanno chiamato il medico eroe, perché ha perso la vita per correre dai suoi bambini in ospedale. La morte l’ha lasciato nudo, impietosamente. Ma la morte è sempre cieca e crudele. Domenica avevano trovato il suo giubbotto e un paio di jeans. Ieri una scarpa e i suoi boxer. La sua macchina, invece, una Tiguan bianca, era a otto chilometri più in là, dove erano cominciate le ricerche nella notte di sabato, quella del nubifragio, abbandonata vuota con le batterie scariche, vicino a una stradella che partiva dalla statale 118 in contrada Raviotta, dopo il ponticello Drago. Lì, da quel punto, il medico pediatra Giuseppe Liotta aveva fatto l’ultima telefonata a sua moglie. Erano le 19, 30. «Sono confuso», aveva detto. «Non so più dove sono finito, piove così tanto che non si vede più niente». Poi le aveva chiesto di geolocalizzarlo con il cellulare e di inviare i soccorsi. Da allora le sue tracce sono diventate un tragico percorso di disperazione, otto chilometri e cinque giorni di ricerche. Ora è la croce numero 13 sulla collina del nubifragio di Palermo.

Così è morto il pediatra eroe

Giuseppe Liotta è morto solo per compiere il suo dovere, per correre dai suoi bambini ricoverati nell’ospedale di Corleone, e l’ha voluto fare anche se gli avevano ripetuto che era meglio di no, perché il tempo era troppo cattivo. Domenico Cipolla, il primario dell’unità di neonatologia, ha raccontato che «la collega che era di guardia sarebbe rimasta anche di notte, glielo aveva detto: non è il caso di venire al lavoro con questa pioggia, "continuo io", gli aveva aggiunto, "stai tranquillo"». Ma alle 18, quando l’aveva sentita per la prima volta, a Palermo non pioveva ancora. La bomba d’acqua sarebbe venuta giù un’ora più tardi. E Giuseppe Liotta l’ha incontrata sulla strada, quando lui ha fatto la seconda telefonata, «e la collega gli ha ribadito che il tempo era troppo brutto, che era meglio rinunciare. Ma lui ha risposto che voleva venire al lavoro». Era rimasto bloccato insieme ad altre auto, ma disse che cercava di andare avanti lo stesso. «Il suo senso del dovere lo ha portato a sfidare le intemperie», come chiosa Cipolla. Secondo una prima ricostruzione, sarebbe uscito dalla strada statale per imboccare la provinciale 4 in territorio di Roccamena, dove il fiume Frattina aveva cominciato a rompere gli argini allargandosi sui campi. E’ qui che avrebbe fatto la telefonata alla moglie. Forse, preso dal panico, è uscito dall’auto e una massa di fango lo avrebbe travolto. La furia del tempo gli ha tolto i vestiti, gli ha strappato una gamba, gli ha martoriato il corpo. «Ho bisogno di vedere mio marito», ha pianto sua moglie, Floriana Di Marco. «Ho già visto le scarpe e ho visto i vestiti, so come può essere ridotto, ma lo voglio vedere». Adesso lo piangono tutti. 

«Peppe», lo ricorda il suo amico Marcello Capetta, «era una persona buona, gentile, sorridente, simpatica, semplice, altruista, educata, perbene, onesta». Ma ciò che ha emozionato  di più la gente è il fatto che Giuseppe Liotta, come l’ha definto il parlamentare dei Cinque Stelle, Giorgio Trizzino, ex dirigente sanitario dell’Ospedale Civico di Palermo, «è un giovane medico scomparso per adempiere al proprio dovere. Giuseppe è un uomo e un medico eccezionale che ha voluto mettere a repentaglio la propria vita pur di arrivare al suo posto di lavoro in ospedale. Un eroe dei nostri giorni del quale forse si farebbe bene a parlare di più e con rispetto. Come lui molti altri professionisti affrontano con coraggio giornalmente ogni difficoltà pur di non arrendersi, persone che fanno semplicemente il loro lavoro e non si sottraggono al sacrificio».

Intitolato a lui un reparto dell’ospedale di Corleone

Sarà intitolato a lui un reparto dell’ospedale di Corleone dove lavorava, e il presidente dell’Ordine dei medici Toti Amato ha chiesto al sindaco di Palermo Leoluca Orlando di «dedicargli una strada vicino alla nostra sede, per coltivare la memoria di un medico che ha perso la sua vita per salvaguardare la salute di altre vite umane». Raffaele Lanieri, segretario regionale della federazione Ugl Medici, ha detto che Giuseppe Liotta «è sicuramente un esempio per chi fa la nostra professione. Persone come lui fanno parte della categoria degli eroi, degli angeli del quotidiano. Ha voluto sfidare le condizioni climatiche avverse, mettendo a rischio la sua vita, per recarsi in servizio in ospedale e stare vicino a chi soffre con grande senso di attaccamento e di abnegazione per il suo lavoro». Nel coro non manca nessuno, dal presidente della Regione Nello Musumeci al sindaco di Palermo Leoluca Orlando, all’assessore alla salute Ruggero Razza, per ricordare «il suo coraggio, l’attaccamento al lavoro, il senso del dovere». Perché con gli eroi è ogni volta così. Le parole belle arrivano sempre dopo.

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno, editorialista   

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