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Non va a lavoro per cinque anni, arrestato un assenteista da record

Si tratta di un collaboratore scolastico che ha presentato certificati medici falsi e ha continuato a percepire per intero la retribuzione, calcolata in circa 108.000 euro

Carlo Ferraioli di Carlo Ferraioli   
Non va a lavoro per cinque anni, arrestato assenteista a Lodi. Ha percepito 108mila euro indebitamente
Foto Ansa

Siamo a Lodi, provincia lombarda di 44mila abitanti, qui la guardia di finanza raramente si era imbattuta in un arresto del genere. Già, perché ad essere fermato è stato un collaboratore scolastico ininterrottamente assente dal lavoro, almeno dal 2018, sulla base di certificazioni mediche risultate fasulle, che gli hanno consentito di continuare a percepire per intero la retribuzione, calcolata in circa 108mila euro per il periodo oggetto di investigazioni.

L'uomo, al cui carico erano già state svolte delle indagini per la percezione indebita di assegni di invalidità civile - che lo avevano portato, nel 2022, a un sequestro preventivo disposto dall'autorità giudiziaria - è stato denunciato questa volta per i reati di falso in atto pubblico commesso dal privato, false attestazioni e certificazioni che giustificano l'assenza del pubblico dipendente dal servizio, nonché truffa aggravata ai danni di un ente pubblico.

Foto Ansa

Cosa si rischia per assenteismo sul lavoro

L'assenteismo ingiustificato, che si verifica quando il dipendente non risulta presente a lavoro per lunghi periodi di tempo senza alcuna giustificazione legittima, dà il diritto - per legge - di procedere con il licenziamento per giusta causa. Sebbene ciò, va specificato che né il Codice Civile né quello penale annoverano esplicitamente tale condotta come reato (di conseguenza, non esiste alcuna sanzione specifica per questo genere di condotta).

Sei anni fa, nel 2017, anche la Cassazione si espresse sul tema, tra l'altro in maniera chiara e incontrovertibile: l’assenteismo è una truffa a danno dell’azienda e dello Stato. Con o senza bagde, con o senza l’obbligo del timbro, i dipendenti colti lontani dal lavoro in modo 'fraudolento' rischiano una condanna per truffa. Così, dal 13 luglio di quell'anno, tutti i i lavoratori della pubblica amministrazione scoperti a timbrare il proprio badge per poi andare via o che, peggio, abbiano fatto timbrare il cartellino da un collega presente sul posto di lavoro - mentre loro erano impegnati in altre attività - sono stati verosimilmente licenziati in 30 giorni.

Foto Ansa

Vige infatti la regola delle 48 ore, per cui il dipendente, una volta acclarata l'infrazione, deve essere sospeso entro due giorni e privato del proprio stipendio, usufruendo solo di un 'assegno alimentare', pari a metà del salario base. Una volta avviata la procedura e informato l’ufficio per i provvedimenti, il lavoratore ha poi quindici giorni di tempo per preparare la difesa. In seguito, due ulteriori settimane per portare a termine l’istruttoria, alla fine della quale scatta il licenziamento. In aggiunta, il colpevole potrebbe dover pagare allo Stato i danni d’immagine per un importo pari ad almeno sei mesi di stipendio. L’ammontare esatto è stabilito dal giudice caso per caso, per cui, nella circostanza dell'assenteista di Lodi, il prezzo da pagare potrebbe essere salato.

Carlo Ferraioli di Carlo Ferraioli   
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