[Esclusiva] Le chat del capitano "sciatto" e "tracotante" con Woodcock detto mister H. Lo scherzo delle cimici nella stanza del comandante generale
Ecco il verbale che inguaia il numero due del Noe. Non è la fuga di notizia il problema. Il cuore dell'inchiesta è lo strano e antico rapporto tra il pm Woodcock e il Noe

Nella chat dei carabinieri del Noe delegati alle indagini Consip, una quindicina tra sottufficiali e ufficiali, il pm Henry John Woodcock era «H», oppure «il doctor». Il 7 giugno 2017 alle 15.05 il numero 2 del Noe, il colonnello Alessandro Sessa, siede in procura a Roma davanti al procuratore Giuseppe Pignatone, all'aggiunto Paolo Ielo «che redige il verbale» e al pm Mario Palazzi. È stato convocato come persona informata sui fatti. Ne uscirà un'ora più tardi come indagato per depistaggio, un reato odioso per un uomo in divisa e graduato: ha raccontato cose diverse circa chi-sapeva-cosa-e-quando dell'indagine Consip. Un passaggio invece decisivo per arrivare a chi ha fatto uscire la notizia dell'esistenza dell'indagine spifferandola all'allora ad di Consip Angelo Marroni (per questo filone dell'indagine sono indagati il ministro Luca Lotti, il comandante dell'Arma Tullio Del Sette e il generale della Legione Toscana Emanuele Saltalamacchia).
Il problema di Sessa è che non sa rispondere ad una serie di contestazioni circa uno scambio di messaggi avvenuti tra ottobre e settembre 2016, quando l'inchiesta Consip si era già avvicinata a palazzo Chigi dove all'epoca Matteo Renzi era nel pieno della campagna referendaria.
Quello che interessa oggi del verbale finora inedito di Sessa sono alcune definizioni che lo stesso colonnello usa nei confronti di Scafarto. «Il capitano è un tipo particolarmente estroverso, a volte anche tracotante. Non risposi al messaggio...» dice Sessa per spiegare un messaggio in cui Scafarto il 9 agosto gli dice di «pensare continuamente a queste intercettazioni e alla difficoltà di portare avanti questa indagine». E gli rappresenta che «è stato un errore parlare direttamente di tutto con il capo attuale». Sessa non sa dare spiegazioni. Ci sono più «non ricordo» e «non so spiegare» in questo verbale mentre si citano generali e capi di stato maggiore informati indebitamente dell'esistenza dell'inchiesta già nel mese di agosto 2016.
Dalla chat emerge con chiarezza che Sessa viene informato passo dopo passo di ogni mossa investigativa. Il 7 settembre sa che «Tullio (Del Sette, ndr) vede Marroni (il cui telefono era intercettato, ndr)» e lo definisce «un incontro strano». Sessa condivide con Scafarto anche l'ipotesi di «disporre intercettazioni ambientali nell'ufficio del comandante generale e del capo di Stato maggiore». Ma su questo il colonnello glissa davanti ai pm con un «stavamo scherzando». Più difficile, per Sessa, spiegare cosa significa quando, nei messaggi scambiati il 24 settembre 2016, informa Scafarto di «essere stato al telefono per mezz'ora con H, ovviamente ha chiamato lui», di aver parlato di «cose brutte» e che «oltre alle arance anche i limoni». Sessa prova a cavarsela buttandola sul vago e cioè che «Woodcock si lamentava della sciatteria del capitano Scafarto e dei suoi continui spostamenti tra Roma e Napoli». Ma ai pm romani questa versione non può bastare. E davanti a nuove contestazioni, Sessa decide di avvalersi della facoltà di non rispondere. Dopo un'ora e mezza di imbarazzi e non so, Sessa può solo alzare bandiera bianca: «Mi avvalgo della facoltà di non rispondere». Che è sempre un brutto indizio.
Dunque, a parte i toni e i contenuti delle conversazioni, balzano agli occhi la particolarità di questo Nucleo investigativo dell'Arma, il Noe appunto, le faide interne e i giudizi espressi su ufficiali e sottoposti. Uno scenario di veleni e conflitti interni all'Arma con strascico nei servizi segreti che quando ci sono di mezzo pezzi dello Stato è sempre inquietante.
Il colonnello Sessa giudica Scafarto, nell'ordine, «particolarmente estroverso», «tracotante» e «sciatto». La domanda allora è una sola: il pm Woodcock, che con il Noe, fin dai tempi in cui era comandato dal colonnello Sergio De Caprio, «il capitano Ultimo» che nel 1992 arrestò Totò Riina, ha condiviso tutte le inchieste che ne hanno fatto il pm più esposto del cosiddetto circo «mediatico giudiziario», ha subìto questa situazione? Oppure l'ha costruita e poi non l'ha saputa gestire fino a farsela scappare di mano?
Ben più grave dell'eventuale rivelazione di segreto, il reato contestato al pm, è allora il tipo di rapporto e il mandato che Woodcock ha avuto in questo anni con il Noe. Ed è questa la parte più sofferta e clamorosa dell'inchiesta. Non la rivelazione del segreto, che potrebbe essere un effetto collaterale. Meno che mai il presunto «attacco alla libertà di stampa e all'autonomia della magistratura».
A lato di questo, un altro punto delicato da chiarire resta proprio quello del capitano Gianpaolo Scafarto, per due anni e fino al primo marzo il responsabile dell'inchiesta Consip, uomo di fiducia del pm Woodcock ma anche allievo di Sergio De Caprio che dopo una lunga permanenza, non senza polemiche, nel Noe è diventato colonnello, ma mai generale, fino a transitare a gennaio 2017 all'Aise, i servizi segreti esterni.
I pm romani accusano Scafarto di aver manipolato più volte verbali e riscontri investigativi: ha denunciato che lui e i suoi uomini erano pedinati dai servizi segreti (che dipendono da palazzo Chigi); ha attributo a Romeo una frase intercettata da cui emergeva che aveva incontrato Tiziano Renzi a riprova di un patto tra di due per favorire ditte amiche: tutti elementi smentiti dalle verifiche fatte dalla procura di Roma. Anche altre intercettazioni sono state «fraintese». Il suo obiettivo era «arrestare Tiziano Renzi». Scafarto avrebbe anche, secondo l'accusa, inviato a colleghi in servizio all'Aise, l'altra agenzia di intelligence dove sono da poco transitati suoi colleghi, stralci dell'inchiesta Consip. Sarebbe accaduto a settembre 2016 e il 3 marzo scorso. Entrambi gli invii tramite posta elettronica portavano la dicitura: «Per il Capo». Chi è il Capo a cui i due marescialli destinatari delle mail dovevano inoltrare le informative riservate su Consip? Ma soprattuto, l'invio è avvenuto su richiesta del presunto “Capo” o era solo un modo per compiacerlo?
Sono molte le domande a cui Scafarto non ha saputo rispondere. I colpi di scena di questa inchiesta non finiscono qui. Woodcock è indagato da aprile. Era maggio quando Scafarto ammise davanti ai pm romani: «Fu lui a chiedermi di dedicare un capitolo dell'informativa agli 007». Ma per ora gli unici 007 coinvolti sono quelli a cui Scafarto ha inviato materiale riservato.