La Gran Bretagna riapre puntuale, Italia è travolta dalla polemica dei banchi-Goldrake: la Scuola è la misura dei due Paesi
Sull’istruzione, asset strategico per un paese, il pragmatismo britannico vince sulle lungaggini italiche
In Inghilterra, la campanella delle lezioni squilla il Primo Settembre. La scuola, nel Regno Unito, riapre puntuale come ogni anno. Nessun ritardo, nessuna confusione, nessun patema per i genitori. L’Italia della Scuola che apre a metà settembre, buona ultima tra i paesi europei, ma ancora non si sa né come e neppure quando (alcuni presidi di singoli istituti hanno chiesto un rinvio perché non sono pronti) è invece un pandemonio di incertezze, di mezze informazioni, di scuole che ognuna va per la sua strada. Londra e Rona distano geograficamente 1.800 chilometri, ma la distanza dei due paesi reali è di anni luce.
Oggi la Gran Bretagna è sulla lista nera dei “paesi cattivi” nell’opinione pubblica europea: è il paese che ha scelto la Brexit, ha tradito la Ue per ritornare a stare da sola, decisione vista come un suicidio dagli europeist; e in più è il paese che ha scelto di farsi guidare da Boris Johnson, il “clone” europeo di Donald Trump, reo delle peggiori nefandezze politiche. Ma sulla scuola il governo dell’odiato Boris ha dimostrato un’invidiabile capacità gestionale. Innanzitutto, dopo il Lockdown, la scuola ha riaperto ai primi di giugno per chiudere a fine luglio, al termine previsto dal calendario, cosa consentire una fine normale dell'anno scolastico. In Italia, invece, gli alunni non vanno a lezione da 6 mesi, un vuoto educativo enorme e dannoso.
Sarà più difficile ripartire e soprattutto gli studenti italiani, rispetto ai loro coetanei inglesi sono rimasti indietro e hanno perso terreno. Una sospensione così lunga non avveniva dai tempi della Seconda Guerra Mondiale; le famiglie sono state abbandonate a sè stesse, col palliativo della didattica a distanza. Nel Regno Unito alcune scuole non hanno mai chiuso: nursery (asili nido) e primary school (asili d’infanzia) sono rimasti sempre aperti per i figli dei Key Worker (categorie speciali: infermieri, medici, personale coinvolto nell’emergenza). Nessuno ha perso tempo sui banchi rotanti, roba da Goldrake, la priorità del paese si è concentrata sull’istruzione. La scuola non è solo una divisione della Pubblica Amministrazione, è anche, l’istruzione un asset strategico per ogni paese che voglia garantire un futuro di prosperità alle nuove generazioni future.
Il governo di Sua Maestà non ha speso soldi dei contribuenti per inutili desk, fatti costruire in fretta e furia, ma il Department for Education, il Ministero dell’Istruzione, si è limitato a ridisegnare gli spazi esistenti per garantire distanziamenti. La soluzione più semplice, pratica, meno costosa che avrebbe garantito una ripartenza certa.
In Italia dopo metà anno, ancora le scuole sono in forse; in UK sono state chiuse poco più di un mese tra luglio e agosto e ripartono secondo l'anno scolastico normale senza che nessuno si sogni di chiedere rinvii. In sei mesi, a Roma, nessuno ha pensato a pianificare la riapertura, ma l’unica preoccupazione è stata il controverso banco rotante; e non come far recuperare i programmi e il tempo perduto. Ci si è fermati al dibattito sul contenitore (la scuola come luogo fisico) e non sul contenuto (programmi, sapere, insegnanti). Il ministro Gavin Williamson è lontano mille miglia dal divisivo ministro Lucia Azzolina (i sostenitori del M5S la vedono come una martire presa di mira dai media; il resto d’Italia la accusa di essere un pessimo ministro): non si vede mai in tv, mentre la collega italiana è sempre ospite di trasmissioni.
Al di là delle simpatie politiche e dei giudizi, da Boris ad Azzolina, la differenza di approccio tra Uk e Italia è sulla sostanza: in Italia si discute inutilmente di banchi, il Regno Unito si è fatto trovare pronto, col suo sano pragmatismo inglese. L’Italia naviga a vista. Tra le scuole della Regina e quelle del Repubblica si vede l’abissale differenza di chi pianifica e di chi gestisce lo Stato sempre con la logica dell’emergenza e dell’ultimo momento.