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Sgarbi e Sangiuliano, si rincorrono come i Duellanti di Conrad o quelli cinematografici di Ridley Scott

Di denunce, querele e controquerele e di stabilire le responsabilità sul caso del quadro rubato e associato a Vittorio Sgarbi si occuperanno i tribunali della Repubblica, ma qui invece partiamo dalla strana coppia, Sangiuliano e Sgarbi, ministro e sottosegretario che, per così dire, non si amano molto

Massimiliano Lussanadi Massimiliano Lussana   
Sgarbi e Sangiuliano, i duellanti
Foto Ansa

Si fa presto a dire Vittorio Sgarbi. Perché ci vorrebbero intere biblioteche per mettere insieme tutti “gli Sgarbi”, il polemista che urla con gli interlocutori che non stima, usando tutto il vocabolario del turpiloquio a sua disposizione, mettendo insieme Aristofane e Giovenale, Plauto e Terenzio, Shakespeare, Rabelais, Giulio Cesare Croce e il Dante di Barbariccia: «Ed elli avea del cul fatto trombetta».

E poi c’è uno Sgarbi privato, capace di gesti assolutamente gratuiti di totale sensibilità, come una storia che ho avuto modo di vedere e sentire con i miei occhi e le mie orecchie di un intervento per salvaguardare posti di lavoro e famiglie senza che nemmeno gli venisse chiesto, perché sentiva che era giusto così.

Insomma, Vittorio Sgarbi non è la caricatura di Sgarbi, nemmeno quella che lui talvolta si presta a farsi fare.

Foto Ansa

E per vedere quanto sia multitasking il sottosegretario di Stato al Ministero della Cultura bastava vederlo all’opera a Genova, a Palazzo Interiano Pallavicino, uno dei Palazzi dei Rolli, dove è stato capace di spaziare senza soluzione di continuità da una lectio magistralis sulla circoncisione di Rubens nella Chiesa del Gesù di Genova, “il quadro che ha avviato il barocco”, alle domande sulle inchieste giornalistiche finite in querele “perché non si può ignorare che in alcune epoche storiche c’erano anche nove copie dei quadri, del tutto simili fra loro”, passando per lo scontro istituzionale con il “suo” ministro Gennaro Sangiuliano.

Di denunce, querele e controquerele si occuperanno i tribunali della Repubblica, ma qui partiamo invece dalla strana coppia, Sangiuliano e Sgarbi, ministro e sottosegretario che evidentemente non si amano particolarmente. Per usare un eufemismo. E, praticamente dal giorno della nomina, si rincorrono come i Duellanti di Conrad o quelli cinematografici di Ridley Scott.

Ieri pomeriggio, al question time, la deputata pentastellata Anna Laura Orrico ha iniziato la sua interrogazione che chiedeva la testa di Sgarbi esprimendo solidarietà al ministro: “Non dev’essere facile avere un sottosegretario come Sgarbi”. E a Sangiuliano, peraltro in disaccordo su quasi tutto con la deputata del MoVimento, non è parso vero di cogliere l’assist: “La ringrazio per la solidarietà”.

Ma è il resto della risposta che fa capire, plasticamente, come in un fermo immagine degli atti parlamentari, come le sfumature di una statua di Canova, peraltro amatissimo da Sgarbi, la freddezza assoluta del ministro nei confronti del suo sottosegretario, con Sangiuliano che rivendica con orgoglio ogni virgola delle iniziative prese nei confronti del suo vice, pur spiegando di non volere uno stato etico, né di voler giudicare al posto di altri organi, che è un po’ il minimo sindacale del bon ton istituzionale: “Le voglio raccontare – ha scandito Sangiuliano in diretta televisiva - che, nell'immediatezza di alcune notizie di stampa su Sgarbi, ho ricevuto una gradita telefonata del vostro leader, Giuseppe Conte, il quale mi ha detto: ti do atto di aver preso subito, immediatamente, le distanze. Perché lei sa che, per esempio, l'indagine dell'Antitrust è nata dalla mia precisa volontà di trasmettere subito gli atti - e mi fa piacere che l'onorevole Amato annuisca - all'Antitrust”.

Foto Ansa

E ancora: “Quindi, in termini giuridici, non compete a me valutare la posizione del Sottosegretario Sgarbi…”.

E ulteriormente: “Quindi, ci saranno organi che valuteranno tutte le vicende personali del Sottosegretario Sgarbi…”.

E, ad abundantiam: “Per le sue esternazioni al MAXXI io sono venuto qui, in Aula, e ho preso una posizione molto, estremamente critica…”.

Insomma, se possibile, a ogni riga Sangiuliano ce ne ha messo del suo contro il “suo” sottosegretario.

E Sgarbi, pur non polemizzando direttamente, ha ricordato anche a noi, a Palazzo Interiano Pallavicino, dove aveva raccontato splendidamente Rubens per un’ora, che era stato il “suo” ministro a trasmettere gli atti all’Autorità: “Pensate, se ragionassimo così, anche le mie visite a palazzi, mostre, spettacoli in cui parlo d’arte, questa stessa conferenza stampa con le autorità genovesi per raccontare il restauro della più bella opera pittorica esposta a Genova, il quadro che ha dato l’avvio al barocco, sarebbero tutte attività in conflitto di interessi. Ma di cosa parliamo? Forse a qualcuno dà fastidio che ci sia una persona competente ad occuparsi di cultura”.

Il taglio di Vittorio, sia nella polemica politica, sia nell’annunciare le querele, stavolta non è furioso, ma ironico, quasi divertito, con gli occhi che gli luccicano pensando a eventuali sentenze positive e all’investimento in opere d’arte dei risarcimenti.

E proprio il racconto di quanto sia importante il possesso delle opere per poi spossessarsene e renderle all’umanità è il racconto della giornata con il principe Pallavicino, padrone di casa ed erede del committente, con Daniela Anselmi, forse la maggiore amministrativista italiana, certamente la più elegante e fascinosa, che della Fondazione Pallavicino è vicepresidente, con Anna Orlando, autorevole storica del barocco, Jessica Nicolini, coordinatrice delle politiche culturali di Regione Liguria e Lorenza Rosso, assessore del Comune di Genova.

Passando dalla rivisitazione sgarbiana di “Amici miei” – con il Principe Pallavicino erede del professor Sassaroli Adolfo Celi e il suo direttore Claudio Senzioni del Perozzi, il giornalista interpretato da Philippe Noiret – a una sedia dove Rainer Maria Rilke scrisse le sue poesie svendute: “E invece il valore di quella sedia era quella di aver ospitato il culo di Rilke. Ecco, questo è il concetto di patrimonio dell’umanità, il culo di Rilke, il culo del principe Pallavicino…”.

Da qui parte una cavalcata che – partendo da una lezione straordinaria di storia dell’arte – è anche la risposta a tutte le polemiche sulla proprietà dei quadri e delle opere, dalla Roba di Mazzarò in Verga alle vite parallele di Caravaggio e Rubens con il secondo fan innamorato del primo e l’incontro mai avvenuto, ma in qualche modo sfiorato con il pittore fiammingo che ha comprato un’opera di Caravaggio per il Duca di Mantova.

E poi, su su, il racconto della “natività da profughi” di Caravaggio contrapposta alla luce che emana da questa circoncisione rubensiana restaurata grazie agli stanziamenti di Regione Liguria. E da qui “l’ottimismo, la felicità, l’Europa” di Rubens contro la splendida cupezza dell’ultimo Caravaggio, dei suoi racconti da osteria, delle sue prostitute che diventano Maria, della sua vita sempre più in bilico, reso immortale da Roberto Longhi, il maggior critico d’arte del secolo scorso, maestro di Francesco Arcangeli, maestro di Vittorio Sgarbi.

Che chiude con un omaggio a Genova e alla Liguria mostrando personaggi, felici, morbidi, paciarotti disegnati da Rubens: “Ma quanto è rubensiano Giovanni Toti? E anche il sindaco Bucci un po’…”.

Massimiliano Lussanadi Massimiliano Lussana   
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