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Il virus? Uccide come prima, come sempre

L’estate sta finendo, e con lei l’ottimismo che aveva pervaso un paese bisognoso di buone notizie

Alessandro Spaventadi Alessandro Spaventa   
Il virus? Uccide come prima, come sempre

L’estate sta finendo, e con lei l’ottimismo che aveva pervaso un paese bisognoso di buone notizie. Confortate da numeri indubbiamente positivi tra luglio e agosto da più parti si sono levate voci che decretavano o auspicavano una minore pericolosità, o almeno letalità del virus. Poi è arrivato ferragosto, la Costa Smeralda, il rientro dalle ferie, i cluster, Briatore, Berlusconi e il sorriso si è trasformato prima in un’espressione dubbiosa e poi in una timorosa e pure un po’ sconfortata. Cosa succederà non si sa. Però due cose si possono dire e, come accade in genere con le notizie, sono una cattiva e una buona.

Il virus è letale come prima

Partiamo da quella cattiva. Il virus è letale più o meno come prima. E a dirlo, più ancora che gli esperti, sono i numeri. Quelli che più si avvicinano alla verità e che, dopo esser stati comunicati da giornali, tv e social, sono poi stati ampiamente trascurati. Vediamoli.

Prima dell’estate

L’indagine di sieroprevalenza sul SARS-CoV-2, svolta dall’Istat e dal Ministero della Salute dal 25 maggio al 15 luglio ha fornito una stima della presumibile entità dell’epidemia nel nostro paese. Secondo l’indagine il numero delle persone che sono state contagiate sarebbe quasi 1,5 milioni, ovvero circa sei volte quello ufficiale. Il dato è stato ampiamente riportato dai media, ma è anche stato poi rapidamente dimenticato.

Anche il numero dei morti legati al Covid-19 non è quello dei consueti bollettini del pomeriggio. L’Istat, insieme all’Istituto Superiore di Sanità, ha calcolato l’eccesso di mortalità nei primi cinque mesi del 2020 rispetto ai cinque anni precedenti. Al 31 maggio i decessi in più, attribuibili non certamente, ma assai probabilmente, al Covid-19 sono poco più di 36mila, invece dei 33mila casi riportati dalla protezione civile, circa tremila in più.

Dal primo di giugno, invece, possiamo riprendere a basarci sui dati della protezione civile, perché, come riportato dall’Istat “nel mese di maggio si esaurisce il drammatico “eccesso di mortalità” dei mesi di marzo e aprile 2020, grazie alle misure di prevenzione non farmacologiche messe in atto”. E la protezione civile ci dice che dal 1° giugno al 15 luglio, purtroppo sono decedute ancora poco meno di 1.600 persone.  In tutto i decessi attribuibili al Covid-19 fino al 15 luglio sarebbero quindi poco più di 38mila.

Rapportando tale dato al milione e mezzo di casi di contagio stimati dall’Istat si ottiene un tasso di letalità del 2,57%. In media ogni 200 persone contagiate si registrano 5 decessi.

Il virus va in vacanza. Con noi.

Ma cosa è successo dal 15 luglio in poi, quando, secondo più d’uno, il virus avrebbe perso la sua carica mortale? Qui le cose sono più semplici, è sufficiente infatti consultare i dati della protezione civile.

Nel periodo che va dal 16 luglio al 9 settembre si sono purtroppo registrati 580 decessi, con un tempo medio tra l’insorgenza dei sintomi e il decesso di 12 giorni. Il numero di contagi da considerare è quindi quello di 12 giorni prima, dal 4 luglio al 28 agosto, un totale di circa 24mila. Dividendo il numero dei decessi per quello dei contagi otteniamo il tasso di letalità nel periodo che va dal 16 luglio a oggi: 2,39%. In pratica ogni 200 persone non muoiono più 5, ma “quasi 5” (4,8).

Non sembra cambiato molto. Il virus uccide più o meno come sempre.

La buona notizia

C’è una buona notizia però. È nota, è ovvia, ma è bene ripeterla. Il numero dei contagi è oggi più basso, infinitamente più basso. Nei primi sei mesi e mezzo dell’anno il numero dei contagiati è stato di 1,5 milioni. Da metà luglio a oggi sono stati 28mila.

Tagliando i dati con l’accetta nei primi mesi dell’anno in media si registravano ogni giorno 16 volte i contagi che si registrano oggi. È una proporzione fatta rozzamente, che nessun ricercatore lascerebbe mai passare, ma serve a rendere l’idea.

Bastan tre parole…

Il virus è lì fuori ed è pericoloso come prima, ma fa più fatica a circolare, molta più fatica. E per renderglielo sempre più difficile sono sufficienti le tre cose che tutti ripetono fino alla noia, ma non tutti fanno: distanziamento, igiene, mascherine. Noioso, banale, ma come spesso accade efficace.

Alessandro Spaventadi Alessandro Spaventa   
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